BRUNO ANTONELLO PITTORE
Bruno Antonello è nato a Cittadella il 1 agosto 1936. Sposato con Livia Bordignon, ha due figli, Massimo e Debora.
L’attività artistica di Bruno Antonello inizia negli anni cinquanta partecipando regolarmente a concorsi e rassegne d’arte.
Spirito libero ed eclettico, rifiuta ogni forma di lavoro dipendente per poter spaziare liberamente dall’arte figurativa all’advertising, alla grafica editoriale, coltivando nel contempo una grande passione anche per la fotografia intesa come espressione artistica da utilizzare quale importante supporto per la sua attività. Sue fotografie sono apparse più volte su riviste specializzate e, su commissione, ha realizzato le fotografie per il libro “Asolo tra colori di seta” (Arcari Editore).
Nell’ultimo decennio, viaggiando per l’Europa, ha scoperto le cattedrali. E con tecniche diverse, su tela e su carta, incomincia a raffigurarle. “Ma chissà se queste sono dawero cattedrali – scrive Giorgio Lago – forse, soltanto autoritratti”. Ma quelle cattedrali iniziano a girare: Pistoia, Prato, San Martino di Lupari, Firenze, Olomouc (Rep. Ceca), Gelsenkirchen (Germania), Bassano del Grappa.
Nel 2008 fonda a Cittadella e dirige “Accademia Aperta”, un’associazione che si occupa di pittura e di formazione artistica per adulti, comprendente varie discipline, in cui è docente per la sezione di pittura ad olio e acrilica.
NEL 2013 personale nell’antico Palazzo della Gran Guardia di Padova. Queste le parole del Sindaco di Padova Flavio Zanonato: “Bruno Antonello è artista sincero e la sua lunga ricerca, pur muovendosi con ampiezza curiosa, da sempre è caratterizzata da una evidente coerenza poetica e umana. Le sue chiese, le sue figure, i suoi colori e le sue luci parlano come pagine aperte, raccontando un mondo riconoscibile e personale”.
Recapiti
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ESPOSIZIONI
1955 – SAN MARTINO DI LUPARI – Concorso di pittura – 3° Premio
1956 – ROMA – Concorso Nazionale Studentesco A. Segni – 1 ° Premio
1957 – CITTADELLA – Triveneta giovanile d’arte – Segnalato
1958 – ROMA – Concorso Nazionale Studentesco – 2° Premio
1961 – THIENE – Concorso Nazionale di Pittura – 3° Premio
1961 – ASOLO – Castello Regina Corsaro – Personale
1962 – VENEZIA – Galleria Venezia – Personale
1965 – MESSINA – Premio Fuci Collettiva
1965 – BASSANO DEL GRAPPA – Premio Città di Bassano – Segnalato
1970 – CITTADELLA – Premio Nazionale d’Arte – Medaglia d’oro Cassa di Risparmio
1970 – ORLEANS (Francia) – Salle des Fêtes – Personale
1976 – TREVISO – Premio Ciardi – Segnalato
1976 – MESTRE – Premio Primavera
1976 – PADOVA – Rassegna Nazionale d’Arte Sacra – Segnalato
1976 – JESOLO – Premio Città di Iesolo – Segnalato
1976 – VICENZA – Premio Città del Palladio – Premio Selezionato finalista
1977 – VENEZIA – Galleria Segno Grafico – Rassegna d’incisione
1977 – PADOVA – Galleria The Judgement – Personale
1978 – VENEZIA – Galleria Venezia Viva – Rassegna d’incisione
1978 – MILANO – Citibank – Personale
1978 – PIAZZOLA SUL BRENTA – Villa Simes – Artisti Veneti
1978 – ROMA – Rassegna Incontri della Cultura – Segnalato
1979 – SALSOMAGGIORE – Collettiva Pinacoteca d’Arte Moderna
1979 – PADOVA – Arte Triveneta: 4 Pittori (Antonello, Biasi, Ostet, Teardo)
1979 – ROMA – Citibank – Personale
1980 – PADOVA – Galleria l’Alfiere – Personale
1980 – TRENTO – Galleria 9 Colonne – Personale
1980 – VICENZA – Galleria Il Bacchiglione – Personale
1980 – Cartella d’incisioni per il Panathlon Club di Cittadella
1980 – Cartella d’incisione per l’A.S. Cittadella Calcio
1982 – BOLOGNA – Galleria 9 Colonne – Personale
1982 – ROMA – Citifin – La bici vista da Antonello, Granata, Sani
1983 – BRESCIA – Galleria 9 Colonne – Personale
1985 – VAIANO – Premio Nazionale L. Berolini – 60 Artisti italiani scelti da 7 critici d’arte:T. Paloscia, G. Freddo, R. De Grada, S. Maugeri, M. Pistone, F. Riccomini, C. Rigoni
1985 – TRENTO – Galleria 9 Colonne – Storie di mare
1985 – BASSANO DEL GRAPPA – Galleria Il Fiore – Personale
1987 – TRENTO – Galleria 9 Colonne – Artisti che fotografano
1989 – TRENTO – Galleria 9 Colonne – Collettiva di Patafisica
1998 – CITTADELLA – Palazzo Pretorio – Personale
1999 – GARDA – 2°Rassegna d’Arte Internazionale “II Garda e il Giubileo” 20 Artisti selezionati
2003 – PISTOIA – Chiostro di San Domenico – Cattedrali d’Europa – Personale
2004 – SAN MARTINO DI LUPARI – Biblioteca Comunale – Personale
2004 – PRATO – Palazzo Datini – Personale
2004 – OLOMOUC (Rep. Ceca) – Galerie G – Personale
2006 – FIRENZE – Galleria Mentana – Personale
2006 – Cartella con incisione per restauro Teatro Sociale a cura del Lions Club
2007 – BASSANO DEL GRAPPA – Galleria Scrimin – Personale
2008 – GELSENKIRCHEN (Germania) – Galleria Gangart – Personale
2013 – PADOVA – Palazzo della Gran Guardia – Personale
APPROFONDIMENTI
Uno degli elementi che tornano sovente nella visione eminentemente ‘poetica’ e simbolica di Bruno Antonello è la scacchiera, come emblema della vita, del susseguirsi – nella vita – di movimenti, di approcci, di effetti, di conseguenze, di cadute, di conquiste e, evidentemente della necessità di decidere volta per volta di occupare posizioni, di avanzare, indietreggiare, arroccarsi, attaccare, sacrificare, prendere vie oblique o fare scarti strategici. Negli scacchi si verificano un po’ tutti i caratteri, i temperamenti, gli umori, le capacità logiche dell’umano: Antonello è tra quanti riflettono a lungo ogni decisione, qualsiasi movimento, lasciando che emergano da soli, come eventi della memoria attesa a rielaborare i propri sedimenti, più che come calcolo. Non finirà mai la sua partita con l’arte e avrà sempre tempi lunghissimi di esecuzione e di realizzazione delle proprie opere, di ordinamento di mostre, con abissali esitazioni nel decidere, ripensamenti, attenuando sempre gli impulsi e gli istinti, amalgamandoli costantemente alle ragioni e alle paure dell’esperienza, alle proiezioni e ai fantasmi del pensiero. Ma, in compenso – ed è questo che egli certamente vuole e cerca – troverà in sé sempre più vasti spazi di risonanza, alti sedimenti di memoria, tempi lunghi di emozionata contemplazione, quelli che gli consentono di coltivare l’immaginario, non soltanto l’insorgenza delle visioni, come inquietudine e turbative irrazionali, bensì l’affermarsi delle luci tenere di ricordi pregni di emozione, il decantarsi e semplificarsi delle forme e del cuore in rapporto alle insorgenze oniriche, così che la materia del dipingere perde sempre più il peso esistenziale e diventa luce, colore, atmosfera di immersione, come un tuffo nel grembo della psiche individuale fino ad uscirne per entrare nella luce del grembo cosmico, dove la figurazione non è più racconto, esperienza personale, ma memoria, percezione, sentimento, condizione collettiva, fuori tempo, fuori storia, di sempre.
… Luce, colore, silenzio sono gli altri elementi sintattici del lavoro di Bruno Antonello, prima ancora che i segni di una figurazione che si afferma proprio come delicato materializzarsi del sogno nutrito da un poetico ‘rammemorare’, cioè dal riportare nel fuoco della visione ricordi luminosi, tattili, sonori, olfattivi, tradotti in pittura, nella pasta cromatica che si fa luce in composizioni di grande semplicità strutturale, ma di curatissima elaborazione dei piani di colore, come pagine di una ravvivata percezione esistenziale, di corroborata partecipazione sentimentale, di ritrovata armonia col proprio passato con le radici. La luce che Antonello riesce a far scaturire dal colore, particolarissima e ferma luminescenza atmosferica, sollecita la memoria ad affacciarsi e, sulla pagina di una coscienza sbiadita, riaffiorano i livelli cromatici che piano piano si indovinano come figure; vibrazioni e riflessi che ritrovano i contorni di forme narrative e un respiro espanso, senza prensilità volumetrica, impalpabile visione intima. Quella che era una scelta di puro e istintivo versante poetico, un desiderio di espressione nostalgica della favola, del tempo perduto dell’infanzia e dell’adolescenza, e, risalendo, anche del protettivo grembo materno, diventa scelta stilistica e contenutistica, in aperta polemica e dissociazione con la cultura visiva dominante, telematica, e preconfezionata, che ottunde i sensi e impedisce o ritarda le rielaborazioni personali .
… In questo naturale dissidio – che d’altro canto caratterizza ampiamente lo stato dell’arte e della cultura contemporanee – la poetica e la ricerca formale di Bruno Antonello acquistano una rilevanza davvero di riguardo, perché mirano a restituire all’individuo la sua capacità sognante, la libertà del suo mondo e del suo modo di elaborazione dell’immaginario, che recupera i sedimenti intimi dell’esperienza, del carattere, i tempi sospesi e dilatati dell’adolescenza più fervida di visioni e di sentimenti proiettati nel futuro, per farne pagina di comunicazione segnica, e soprattutto cromatica, capace di sollecitare anche in chi guarda lo scarto dal peso del mondo reale delle cose così come sono alla leggerezza – anch’essa reale – di una visione poetica, trasparente e trasfigurante, luminosa, non come desiderio frustrato e frustante, ma come mondo che ci appartiene, già nostro, intimo, e che basta saper destare dall’opaco torpore in cui è respinto dall’affannata corsa quotidiana.
Giorgio Segato (da “La vita è una scacchiera”) – Padova, 1998
Inutilmente cercheremmo nell’opera di Bruno Antonello un indice o un riflesso dell’era tecnologica, della rivoluzione nel contesto della civiltà industriale del Novecento, tanto meno un qualsiasi atteggiamento della violenza predicata e retorica che orienta spesso in direzioni del tutto esteriori tanta parte dell’arte contemporanea. Antonello non parte dalla protesta promossa dalla rabbia e dall’odio; giunge alla protesta umanamente. Non ricorre deliberatamente alla deformazione per il gusto sadico della deformazione ispirata ai morbi delle nevrosi di moda.
Bino Rebellato, Orléans, 1970
II discorso sulla piacevolezza, sulla piumosità del colore, sulla nostalgica emblematicità della forma, su un tonalismo intimistico di fondo veneto, può forse eludere il nocciolo del problema. Antonello è abile, attento agli effetti, consapevole dei pericoli della leziosità: non si accontenta degli effetti esteriori. E’ per questo che egli rimane, sotto, un inquieto, se non un irrequieto: la sua ricerca prosegue come un’esplorazione di meandri sotterranei, una speleologia dell’anima. Ogni quadro è un’avventura, appunto una scoperta. Ecco il bagliore d’un oggetto che, rivisto sotto altre specie, assume significati e seduzioni strane, in un’atmosfera immagata, ecco l’apparizione d’una larva che, pur immota, vibra nel sentimento come un idolo ritrovato.
Compiacimenti letterari? Forse sì: ma anche un tentativo coraggioso – e sofferto – di penetrare all’interno della pittura, di scoprirne la straordinaria carica simbolica, di capirne gli interni segreti E’ un viaggio dentro la pittura, questo di Antonello, ma un viaggio che passa attraverso l’uomo, i suoi gangli emozionali, la sua capacità fantastica, mitopoietica.
Paolo Rizzi, Venezia, 1977
I dipinti di Bruno Anlonello si pongono infatti come la testimonianza di una sicura vocazione artistica a lungo educata ed affinata dalla paziente, sensibilissima ricerca di determinazione di una propria autonomia linguistica volta a individuare e a esprimere le componenti più profonde e segrete di una «visione del mondo», di una «idea del vivere», anche di una «cultura», fortemente radicate nella terra di origine. E’ proprio la materia pittorica, è la particolarissima luce dei suoi dipinti che ne esprimono il clima, le cadenze, i ritmi, così che anche i ricordi di terre lontane (Antonello è viaggiatore assiduo e attento) o le «invenzioni» della fantasia (una fantasia di intonazione un po’ chagalliana) vengono raccontate dal pittore nei toni dimessi e pacati, quasi onirici. In questo senso il linguaggio pittorico di Antonello ben difficilmente può essere ricollegato a moduli e stilemi esterni, o esperienze o a lezioni acquisite dalla cultura artistica contemporanea, da lui pur frequentata con viva sensibilità; e se un osservatore attento vi potrà rilevare qualche simpatia per il “chiarismo” lombardo e veneto, dovrà anche riconoscere che esso ha radici ben lontane nel comune amore per gli stinti affreschi luineschi nel segno di una luce e di uno spazio addirittura quattrocenteschi. Del resto, paradossalmente, si potrebbe osservare che ogni quadro di Antonello è un “unicum”: un’esperienza creativa irripetibile poiché nasce e si determina da situazioni e sollecitazioni emozionali e attraverso processi operativi sempre diversi anche se i risultati finali appaiono sempre perfettamente coerenti.
Luciano Budigna, Milano, 1978
Il suo cromatismo cozza contro una concezione materica inadeguata, irta di gessi e di sabbie a fare aspro il tessuto cromatico, come talvolta si nota anche in Saetti, di cui l’artista ritiene più di un insegnamento. Ma per fortuna di Bruno Antonello questo è un limite che trova, se non proprio una completa rimozione, una notevole riduzione, in virtù della sua visione: infatti il raccontare, il simboleggiare, l’appassionarsi a cose e paesaggi di povera gente prevalgono sul come, ovvero il suo stile è trascinato dal sentimento. Evocazioni del tipo delle due figure rosa tutt’uno, come un trepido ritaglio di vita sotto il labile tetto della tenda, con quelle strisce di mare quasi di tessuto, fanno pensare ad una consapevolezza istintiva della sua storia di colorista. E più ancora altri dipinti esposti, come il felice e sintetico sole-luna rosa, che spiazza qualunque prospettiva, annulla qualunque proporzione, al punto di mutare la fila dei pini all’orizzonte in bianche formiche (e qui, anziché il senso di un intonaco poroso, vien fuori uno serica superficie, specie nel rosa del disco).
Marcello Venturoli, Roma, 1979
Prendendo quello che gli serve da una vasta cultura figurativa, Antonello va definendo uno stile personale, con cui esprime un suo mondo di affetti e di poesia per mezzo di immagini emblematiche, evocate con estrema finezza e spiritualità, in un clima di estasi contemplativa. In questi oli sabbiosi e in queste chine acquerellate c’è già un itinerario di progressiva rarefazione dell’elemento figurale, che prima campeggia col suo peso di umana presenza e poi mano a mano si riduce a la bili parvenze entro uno spazio vaporoso, tutto vibrante di fantastiche risonanze. Bruno Antonello rappresenta una voce distinta e vigorosa nel concerto dell’arte contemporanea, che ritrova nell’uomo e nella natura la sua fonte d’ispirazione e un ordine morale per lungo tempo dimenticato.
Piero Franceschetti, Vicenza, 1980
Così, le cattedrali sono quasi tutte oscillanti in vaporose immaginazioni, toccate da un misterioso stupore. Davvero, rappresentano l’assorbenza di Dio, la sacralità divina innocente e libera che si inscrive in impronte aeree, in trame, tessute per le vette, sono già “oltre”, la sede di “Colui che non ha sito” (secondo una straordinaria scritta in S. Salvatore in Chora a Istambul) .… Il cielo è sì il concavo grembo dove si raccoglie tutto l’umano articolarsi delle forme, ma quella base terrestre che fa da discreto scenario storico del tempo di vivere, diventa la frontiera di una logica poetica e di una poeticissima misura del conoscere. Va, sale, ascende, chi sa, prima, individuare “la pIace de l’homme dans la nature”, come diceva il grande mistico (perciò, poeta) e scienziato Theilard de Chardin.
Giuseppe Billi, Prato, 2004
Sono cattedrali che sembrano quasi recuperate dalla memoria, filtrate in un ‘atmosfera spesso sognante che a volte lima la pesantezza della costruzione, quasi intravista dietro a un pulviscolo atmosferico (vedi Saint Georges a St. Martin-de-Boscherville in Francia o il St. Lorenz di Norimberga). Ma ecco che davanti a queste cattedrali, presenze umane sedute su quelle scacchiere che sono insorgenze sia oniriche che reali che si “impastano” nell’insieme e contribuiscono a mettere in evidenza l’intento dell’artista di creare un’atmosfera sognante intorno a un luogo di culto. “Pensieri sospesi nel dubbio”, come li definisce Giorgio Lago, che accompagnano una ricerca che entra nell’intimo delle cose. Cattedrali “sospese” sugli eventi della quotidianità.
Franco Riccomini, Prato, 2004
… Molti pittori delle generazioni passate hanno raffigurato chiese e cattedrali, ma Antonello trova un suo registro autonomo, un ‘impronta particolare. E’, il suo, un figurativo metaforico, intessuto di evocazioni oniriche e di rarefatta spiritualità. Alle cattedrali si mescola la misura di forme sconosciute: cieli, soli, lune, persone, animali ed oggetti, uniti da legami armonici che corrispondono ad un ordine nuovo delle cose. Nelle tele o sulle carte di Antonello, le cattedrali non sono luoghi storici, ma piuttosto un pretesto per trovare un “altrove” in spazi della mente; ciascuna è un’occasione di trasfigurazione in un mondo inafferrabile e sognante.
Savino Marseglia, Prato, 2004