BACCHIN ODINO PITTORE
CENNI BIOGRAFICI
a cura di Vasco Bordignon
e
APPROFONDIMENTI
* di TRANQUILLO BERTAMINI 1992
* di MARIO GUDERZO 2013
* di ANITA BROTTO 2013
* di LEO STROZZERI 2014
BACCHIN ODINO nasce a San Martino di Lupari (PD) il 1-10-1950.
Orfano di padre, assieme al fratello, viene accolto presso il Villaggio S. Antonio dei Frati Minori di Padova, dove vive una vita collegiale e si diploma nel 1967 in radiotecnica.
Ma Odino non si trova proprio in questo lavoro, e si diploma a Cittadella in Ragioneria nel 1971. Si iscrive poi all’Università di Padova alla Facoltà di Medicina e frequenta i primi due anni, perché nel 1974 viene obbligato ad assolvere il servizio militare obbligatorio negli Squadroni Lancieri d’Aosta, nonostante avesse chiaramente espresso la sua volontà di non farlo per “obiezione di coscienza”, come carrista, quindi all’interno di un carro armato non proprio simbolo di pace: la pratica della “obiezione di coscienza”, ironia della sorte, va a buon fine ad un mese dal termine del servizio militare!
Nel 1975 viene assunto alla Banca Antoniana di Bassano, e qui prende domicilio nel Quartiere di Rondò Brenta.
Rimane in Banca fin al 1986 quando si licenzia per dedicarsi a tempo pieno ai suoi interessi creativo-pittorici e soprattutto ai suoi studi. Nel febbraio del 1995 gli viene consentito dall’allora parroco, appassionato di pittura, di abitare presso la canonica abbandonata della Chiesetta di San Donato.
Negli anni approfondisce gli scritti biblico-evangelici e quando qualche frase, a suo parere, non la trova tradotta correttamente, è lui stesso che se la traduce dall’ebraico, imparato attraverso studi della Scuola Arcana svizzera.
Accanto alla lettura ed eventuale traduzione dedica molto tempo a commentare, ad interpretare secondo i suoi pensieri quanto va leggendo in questi testi sacri formando un poderoso “corpus” di scritti, che si spera possano essere analizzati ed eventualmente pubblicati, per poter meglio comprendere la persona di Odino nell’intimo dei suoi pensieri e delle sue idee.
Non si è sposato, e viveva da solo. Ma non era un solitario, anzi aveva tantissimi amici con i quali affrontava i vari temi a lui cari con discussioni, confronti… La cosa un po’ strana consisteva nel fatto che le decine di persone che lo conoscevano e lo frequentavano non lo sapevano tra di loro: al suo funerale così si sono trovati in tanti a salutarlo e a rimpiangerlo con la sorpresa e lo stupore che tutti si conoscevano ma nessuno sapeva che erano tutti amici di Odino.
Poi il grande amore per la pittura di cui abbiamo in questa mostra bassanese una fetta della sua numerosa produzione. E che produzione! Una grande tecnica certamente e una grande visione del soggetto, qualunque esso sia: dalla natura morta con frutta in particolare che appare appena colta dall’albero, alle visioni terrene, agli squarci del cielo coronato di ampie masse nuvolose, alle immagini religiose deformate nella loro corporeità ma non nel loro profondo simbolismo.
Odino andava spesso al Museo cittadino e stava per ore e ritornava per più giorni davanti ad un quadro o ad un particolare… chissà quali sensazioni, quali trasferimenti mentali saranno avvenuti in quelle ore…
Ma non solo la pittura: anche la tessitura, per la quale si era recato tante volte a Firenze per impararla, è stata una sua passione: grandi arazzi pieni di colori e di forme di grande bellezza, e a questa anche realizzazioni di patch-work anch’essi di grande bellezza e genialità.
La sua vita scorreva tra le tante passioni espressive e le tante meditazioni sui libri sacri e forse anche su se stesso e sulla sua vita.
Era comunque schivo ad esporre le sue opere e assolutamente non voleva venderle. Infatti non sono molti gli amici che hanno potuto avere un suo quadro, sicuramente dopo una lunga, estanuante insistenza. I suoi quadri rappresentavano (e rappresentano ora) se stesso, il suo io più recondito e poliedrico, le sue emozioni vaganti, le sue lunghe ascesi spirituali. Consegnare un quadro ad un altro, anche un amico, significava perdere il testimone di un suo percorso spirituale oltre che pittorico, perdere dallo scrigno del sua inquieta esistenza un tassello di un vissuto ora gioioso ora doloroso, cioè lasciare ad un altro un brandello della propria esistenza.
Sono stati gli amici ad organizzargli nel 1992 una piccola mostra al Pick Bar di Bassano che fu presentata dal Prof. Bertamini, che alla mostra attuale ricordando Odino si è commosso fino alle lacrime.
Odino come si può comprendere era un individuo riservatissimo, di sé non parlava mai, mai di come viveva e perché in un periodo lasciava la barba fluire lunga lunga rasandosi però completamente la testa, e in un altro periodo l’inverso: ben sbarbato e la chioma alta e folta … Di sé non parlava mai… ma non era vero. E quando il 20 agosto del 2012 ha scelto di dirci addio, ha voluto lasciare qualcosa che va oltre la stessa sua vita: i suoi scritti e la sua grandissima arte … Così ci ha aperto le porte del suo animo e della sua mente: così ci parla, ha tante cose da dirci, forse… sorridendo.
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Per comprendere le problematiche conflittuali interiori di Odino penso sia utile leggera questa lettera del 23 febbraio 2004 scritta alla cugina Lina Bacchin con quale manteneva un bel rapporto, anche confidenziale:
“ Cara Lina, Ti ringrazio per la Befana che mi hai fatto avere! C’erano molte cose di qualità che ben difficilmente io mi procurerei… come va?
Per ora grazie a Dio anche quest’inverno è passato bene, in buona salute e serenità.
Quanto ai miei interessi, continuo con la pittura, finora è sempre stata cupa sia nei colori che nei soggetti. Spero che incominci una nuova fase, più luminosa.
Avrei tanta voglia di riuscire finalmente ad esprimere luce, colore, gioia, positività; e dare così un senso alla mia vita, sapendo di essere utile alla società e di comunicare idee positive.
La via dell’arte è sempre difficile perchè comporta rinunce ed umiliazioni, e nessuna ti indica la strada. Molti invece sono coloro che ti ingannano. Si impara così ad essere vigili ed umili. Quella dell’arte l’ho sempre intesa come una “via spirituale”. Soltanto una fede incrollabile sostiene l’artista quando sembra che si accumulino soltanto fallimenti!
L’artista quando riesce nel suo intento è un trasmettitore di idee ed ha quindi una grande responsabilità sia verso il mondo che verso Dio.
Spero tanto che i miei sforzi non siano inutili.
Il successo non lo misuro dalla celebrità o dai soldi ma dal riconocimento di aver adempiuto al meglio il proprio dovere. Una buona primavera ed un caloroso abbraccio
Odino.”
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RICHIAMO ALLE FONTI DELLA VITA NELLA VITA DI ODINO BACCHIN
a cura del Prof. Tranquillo Bertamini
Bassano del Grappa, 1992
Ispirandosi alle presenze più comuni e umili che condizionano i nostri abituali percorsi quotidiani, la pittura di Odino Bacchin mira a cogliere l’impronta di quelle persistenti aspirazioni che si addensano nell’animo di noi tutti e ci mantengono sospesi tra attesa e ricerca in ansioso precario equilibrio. Tuttavia, accostandosi a noi con sommo pudore, Odino non vuole raccontarci le sue verità” ma solo delicatamente suggerirci delle possibili ispirazioni, in quanto, le immagini terse e perfette che egli ci offre stimolano variamente con le loro dense traslate significazioni le nostre libere interpretazioni personali. Odino pertanto si sforza di coinvolgere con rispetto e amore i suoi fruitori affinché come egli stesso è solito dire, “il lavoro creativo assuma la configurazione di servizio”, acquisti “magnetismo e capacità di irradiare”, :sviluppando un vigore espressivo che comunichi realmente alla gente ciò che essa stessa sente e si aspetta.
Dal punto di vista metodologico mi sembra che questo modo di accostare il pubblico rappresenti un pressante ma onesto invito a “pensare col cuore e amare con la mente”, ad armonizzare cioè sentimento e ragione. Come già suggeriva Pascal, nelle sue opere, Odino sa dunque unire l”ésprit de geometrie” (i razionali inquadramenti e le sottese campiture con ben dosate sovrapposizioni e trasparenze geometriche) con l’”ésprit de finesse” (vale a dire con la ‘voce del cuore” che ci parla tramite vellutate e delicate fusioni cromatiche, tonalmente illuminate dal di dentro e tese verso una spirituale espansione) .
Così procedendo, Odino sa esprimere nelle sue tele un’elevazione metafisica di simboli umili ma efficaci, che rappresentano la comune storia dell’UOMO in cerca di un sicuro “ubi consistam”, di luce, di speranza: basta un semplice sasso nella sua contingente finitudine, oppure un telo, o un ramo, inseriti in uniformi aperte campiture, il cui aurorale orizzonte lascia supporre, alle origini, una fonte vitale infinita. Tutto questo rappresenta proprio l’UOMO, fragile canna in balia del vento, fragile sì, ma pur sempre una canna che sente e che pensa!
Personalmente apprezzo molto che Odino, artista schivo e riservato, abbia saputo distogliersi progressivamente da quell’iniziale surrealismo mistico e pensoso, basato su forti e articolati racconti allegorici, al quale egli si ispirava nella sua prima pittura. Quegli elevati richiami a sfondo eroico-religioso (l”’homo viator” alla ricerca delle sue origini vital i (acqua) e della salvezza (luce) attraverso itinerari ripidi e rocciosi che indicano le difficoltà del vivere) egli ha infatti saputo calarli, oggi, nelle semplici comuni immagini del vivere quotidiano, pur condensandovi gli stessi concetti e gli stessi richiami. Sono pertanto convinto che sviluppando questo percorso, sostenuto, dall’impegno di mettere l’abilità tecnica del suo dipingere al servizio di una più efficace comunicativa, Odino saprà sempre caricare le sue tele di alta ispirazione, investigatore dello spirito alla ricerca dei “segni” che lo portano a scoprire sentimenti e idee e, quindi, i valori che danno senso e orientamento all’esistenza. Ci è facile cogliere queste nobili intenzioni di Odino nella diffusa luminosità che investe e vivifica le immagini, che egli va fissando nelle sue tele, in perfetta sintonia con quello spazio assorto e incantato che fa vibrare sottilmente in ogni sostanza la nota dell’intimità e della speranza.
Bassano del Grappa, Gennaio 1992
EMOZIONI – Dipinti di ODINO BACCHIN
Ufficio Turistico – Largo Corona d’Italia
Bassano del Grappa – 11 Maggio – 2 giugno 2013
FRAMMENTI EMOZIONALI
di Mario Guderzo, curatore della mostra
Harnold Hauser nell’incipit della sua Storia sociale dell’arte, sostiene che: “Come primissima testimonianza dell’attività artistica, gli uni designano l’arte severamente formale volta a stilizzare e idealizzare la vita, gli altri invece il naturalismo, che coglie e mantiene l’essere naturale delle cose; vedendo gli uni nell’arte un mezzo per dominare e soggiogare la realtà, gli altri uno strumento della devozione alla natura. In altre parole, essi attribuiscono il pregio di una maggiore antichità o alle forme geometrico-ornamentali, o alle espressioni di un naturalismo mimetico, secondo le proprie inclinazioni autocritiche conservatrici, o liberali e progressive”.
L’arte ha cioè una funzione sociale ed è strettamente collegata alla letteratura, al teatro, al cinema, ma anche a fattori politici, ideali, economici, religiosi. Così possiamo affermare che lo scopo principale della produzione artistica è quello di lasciare un segno, utilizzando una delle espressioni più arcaiche dell’uomo, il cui operato non è altro che il frutto del desiderio di comunicare per interpretare o rileggere in chiave attuale il passato o per essere testimone del proprio tempo.
Questo è quello che mette in atto anche Odino Bacchin, soprattutto quando si cimenta nella rappresentazione degli elementi naturali che caratterizzano la nostra realtà e che diventano il tramite per esprimere il suo mondo poetico che viene rappresentato su carte, tele e tavole.
Il suo è stato un particolare modo di approcciarsi alla realtà e sebbene non abbia mai voluto ‘mostrare’ il suo pensiero, tuttavia egli è sempre stato ad esso ‘fedele’ riscuotendo il consenso di coloro che l’hanno conosciuto. Questa è la prova di una personalità e di uno stile caratterizzati da un particolare timbro poetico. A conferma della sincerità della sua ispirazione, una certa coerenza ha abbracciato tutta la produzione di Bacchin di cui vogliamo far conoscere alcune opere pittoriche.
Va sottolineato, anche, che il momento di una mostra, è una grande scommessa: di Odino Bacchin si potrà percepire proprio una necessità che non si è mai rivelata per poter mettersi in discussione, e l’artista lo avrebbe fatto svelando il suo pensiero, la sua sensibilità e le sue emozioni, in un modo preciso e questo nonostante tutto.
Allora la sua arte apparirà come una scoperta, perché una nuova opera d’arte che sia veramente tale, è una rivelazione e un’aggiunta, che esige nuovo studio e nuove riflessioni. Solo nelle avventure impersonali e mutevoli, perché non radicate nel sentimento profondo della personale creazione, non c’è nulla da svelare se non quel qualcosa che dona l’effimera illusione della novità. Ogni opera, al contrario, che continui e svolga un discorso poetico necessario e coerente, è opera vera e nuova. La sua pittura non è stata un annunzio pretenzioso, tendente a lanciare nuovi messaggi, ma ha rappresentato l’ esplorazione di una nuova via per poter comunicare e, nello stesso tempo, un tentativo di crescita lungo la strada segnata dalla sua vocazione più vera.
Nell’espressione del suo mondo poetico, in un continuo approfondimento, sta la sua voce, sempre più forte e chiara, ed il suo personale apporto al mondo dell’ arte.
Ogni artista ha la propria ‘complicazione’ nel rapporto con la realtà e da questa emerge la sua esclusiva visione del mondo. La ‘complicazione’ per Odino Bacchin è stato il tempo. Le sue espressioni artistiche, i suoi disegni, le sue tele, le sue grafiche, hanno cercato di raccontare lo sviluppo delle sue emozioni, nell’assecondare anche i sentimenti più profondi.
Il suo ‘espressionismo’ lo apprezziamo proprio in quei paesaggi infiniti, in quelle nature morte malinconiche, in quelle aggrovigliate e sottili figure prive di linfa vitale che popolano le sue produzioni.
Soprattutto quei cieli così tersi o in rapidissimo movimento facilitano la comprensione del suo pensiero. Sono queste continue scoperte di ‘frammenti di vita’. Le sue fonti sono state la tradizione, la materia utilizzata, i supporti che fanno parte del suo amore viscerale per certe atmosfere. Ad un’osservazione più attenta, le opere di Bacchin ci appaiono come frammenti emozionali, abissi che emergono, materia che sviluppa gesti e segni. Così la sua pittura può essere considerata un’apparizione, una contemplazione.
A chi si sofferma di più ad osservare i suoi dipinti, essi manifestano qualcosa che ciascuno di noi ha provato e non ha mai dimenticato, solo che non ha tentato o non è riuscito a scriverlo, a rappresentarlo con il tempo della narrazione, che è il tempo della narrazione, che è il tempo dell’incanto, perché rimembra quell’animo che non fa parte del tempo cronologico, che segna il passare degli anni. E’ proprio quel tempo che è interminabile: è quello che contiene tutti i nostri sogni e le nostre aspettative. In fondo Bacchin non si tradisce mai, non ci tradisce.
Possiamo dire che ciclo artistico di Bacchin attesta un atteggiamento che difficilmente muterà nel tempo e che si identifica in una naturalità scossa da elementi primordiali ed incandescenti. Lui si è fermato, ma la sua pittura non si fermerà e farà il suo percorso continuando a rivelarci il suo poema naturale, fatto di approcci alla tradizione assimilata, ma stravolta nella sua particolare interpretazione. La sua pittura continuerà ad essere il luogo della vita nella quale il quadro un racconto indispensabile, perché già vero.
“ Tutta la realtà è presente nel quadro, manca ogni divisione o presenza simbolica tra la parte e il tutto. E’ il nostro sguardo a compiere dall’interno quella rotazione che riscopre la compresenza di entrambi nell’opera, distinti e uniti. Solo un distanziamento prospettico consente di cogliere appieno questa differenza: ed è una sorta di anamorfosi che va ben al di là della concezione spaziale che l’artista configura: sembra quasi un’esigenza nuova, che sconfessa ogni separazione tra l’elemento singolo e la totalità della natura, vastità che non è solo spazio, ma ben più ontologica; che illumina dunque l’unione distinta del grembo e di ciò che esso contiene”.
Odino Bacchin – EMOZIONI –
EMOZIONI – DIPINTI DI ODINO BACCHIN
CHIESA STORICA DI SAN MARTINO DI LUPARI
26 OTTOBRE – 17 NOVEMBRE 2013
EMOZIONI di ANITA Brotto
L’eredità artistica di Odino è sorprendente e illuminante.
La sua vita “in silenzio”, lontana dai clamori, “sottovoce” non per remissione ma per coerenza e per passione ora è “svelata” dalle sue opere.
Non è la perizia tecnica che sorprende: sappiamo di schizzi e quadri preparatori, di studio delle tecniche pittoriche, di copie e variazioni sulle copie (io stessa ricordo i suoi studi sui colori complementari).
Ciò che sorprende è quanto la sua MANO, la tecnica, abbia seguito il suo percorso interiore, la sua ricerca continua intima e profondissima.
Pregne dell’umiltà che caratterizza i grandi uomini, molte delle sue opere non hanno una cronologia precisa, scritta in calce, non hanno date che indichino periodi o situazioni particolari perché Odino dipingeva per un bisogno (ricordiamo che disegnava su qualsiasi supporto avesse tra le mani). Per lui ogni quadro aveva il suo tempo e il suo motivo e non aveva bisogno di legami temporali: bastava l’averlo pensato e dipinto. Ogni quadro era, è, parte di sé e racchiude la sua ricerca e, molto spesso, il suo volto.
La cronologia servirebbe a noi, ora. Giustificherebbe una lettura critica distaccata, ci solleverebbe dal compito di “osservare” intimamente per cogliere e svelare. Ma questo non era lo stile di Odino. “ La via dell’arte è sempre difficile, perché comporta rinunce ed umiliazioni, e nessuno ti indica la strada” scrive Odino. La facilità, la superficialità, il pressapochismo non devono accompagnarci alla scoperta del suo mondo, piuttosto serve l’impegno a decifrare gli anagrammi, a leggere tra le righe, a capire la sottile ironia di certe situazioni.
L’emozione può avere la meglio guardando i suoi “Cieli” tersi, silenziosi: aurore di speranza, di rinascita, di illuminazione spirituale ma anche crepuscoli di riflessione interiore. Sono a volte sfondi che sussurrano atmosfere metafisiche, surreali, che superano il reale, e per questo rivelatori degli aspetti più intimi dell’animo umano.
Ma la sorpresa, la manifestazione comincia ad avvertirsi nei suoi “Interni”, nei particolari cesellati a volte di gusto orientale, nelle nature morte poste quasi su degli altari, negli “altari” senza Dio, nelle stole plastiche ma senza corpo, senza sacerdote.
Il corpo, quando compare, è filiforme, graficamente definito ma allo stesso tempo teso e a volte asessuato. Ha un sesso il diavolo, la tentazione, ha un sesso il peccato. Gli uomini e le donne, invece, li riconosciamo principalmente per i caratteri del volto. Entrambi subiscono una graduale trasformazione: mangiano il frutto proibito, partecipano del bene e del male, diventano essi stessi alberi, simbolo della presenza divina. L’albero rappresenta l’asse e il centro mistico del cosmo, la congiunzione tra il mondo sotterraneo (le radici), quello terrestre (il tronco) e la dimensione celeste (la chioma): è l’immagine della vita nella sua totalità. La vita degli uomini di Odino è connessa a quella dell’albero della vita ma anche dell’albero della croce (la croce è un albero a forcella).
Mi affascinano soprattutto le mani dei suoi uomini: enormi, potenti, diventano badili, tridenti o forchette, diventano indicazione e mi ricordano Anassagora (500 a.C.) che scriveva: “L’uomo è il più sapiente dei viventi perché ha le mani”.
Credo sia qui la straordinaria lezione di Odino (lezione sociale): l’uomo, creatura di Dio, ha il dono dell’intelligenza per pensare ma soprattutto per fare, cosciente che il lavoro, le passioni, le ricerche richiedono sacrificio, consumano la carne, i muscoli, mettono a nudo le viscere. I crocifissi e le deposizioni abbinate che possiamo vedere in questo allestimento sono il paradigma della ricerca della “sostanza”, dell’accettazione della vita nonostante tutto.
Ciò che è sempre riconoscibile, mai intaccato dalla progressiva disidratazione del corpo, è il viso. Emblematicamente il viso è quello di Odino, la barba e la fronte alta. Lui schivo e riservato lascia il suo autoritratto e lo fa senza incensarsi piuttosto con umiltà e sofferenza. Anzi, paradossalmente, quanto più le mani dell’uomo ormai diventato puro segno grafico si ingigantiscono tanto più la testa implode.
La sua mano tecnicamente abituata è la mano dell’uomo intelligente e studioso che lavora, il suo volto è il volto dell’uomo che vive e “nel vivere” o “per vivere” soffre.
San Martino di Lupari, 08 novembre 2013
Odino Bacchin: la spazialità etica per vincere l’opulenza della carne.
di Leo Strozzieri
2014
Inimitabile ed originalissima la ricerca di Odino Bacchin, artista scomparso nel 2012 nel generale rimpianto del mondo culturale italiano e di cui in questi ultimi tempi si sta registrando un enorme interesse da parte di critici e storici dell’arte; ricerca che, sempre nel rispetto dei valori estetici e formali oggi sovente disattesi da tanti suoi colleghi impegnati soprattutto sul versante dell’astrattismo e del concettuale, potrebbe essere definita di accentuato impegno esistenziale.
Prima di lumeggiare questo concetto che colloca il maestro bassanese entro il perimetro di quella che chiamerei “spazialità etica”, è bene rammentare per il lettore di questa testimonianza critica il suo retroterra culturale fatto di assidua frequentazione di musei e di appassionata lettura in lingua originale dei testi sacri con talora relativa personale interpretazione. Tenendo presenti queste due esuberanze, l’una stilistica, l’altra dottrinale, meglio potrà essere letto l’intero corpus pittorico e grafico lasciato in eredità non solo agli eredi, ma alla storia del nostro paese.
Ad una attenta esegesi della sua opera ommia è relativamente facile evidenziare articolazioni che ben si addicono ad un personaggio colto e aggiornato sulle novità linguistiche del ‘900. Ad esempio come non riconoscere l’eco del surrealismo in certe composizioni, della pittura colta o del cosiddetto citazionismo che vide tra i protagonisti Alberto Abate; ed ancora come non rimanere in preda all’estraniamento metafisico di cui fu maestro impareggiabile De Chirico di fronte a certe opere di Bacchin? Addirittura in alcune opere è dato riscontrare, forse o almeno come esperienza linguistica, una prossimità all’Art Autre teorizzata da Michel Tapié, quella che poi è stata codificata come poetica informale.
Quanto detto a dimostrazione che Odino è artista del proprio tempo, anche se la contemporaneità è stata da lui coniugata mirabilmente con la memoria, con il passato, con la tradizione classica e con lo cultura propria dell’umanesimo.
Citando le scorribande del pittore nella costellazione linguistica del secolo scorso nel costante progetto di interazione del presente con la storia, ho volutamente omesso il riferimento principe a cui Odino in tantissime sue tele e tavole ha guardato con eccitante fervore: ci si riferisce qui alla mirabile lezione di Alberto Giacometti che sappiamo essere stato l’interprete più autentico del pensiero di Sartre. Come per Giacometti i personaggi facchiniani, dall’esile plastica, sono figure che evocano i bronzetti preistorici: sono esseri sull’orlo del dissolvimento, in bilico tra la presenza e la sparizione , sottoposti come sono alla spoliazione dell’involucro carnale, di ogni entasi formale quindi. La loro essenza è la precarietà, simile a quella propria dei fantasmi. Solitudine, vulnerabilità, penitenza e spiritualità quaresimale, atmosfera medioevale da Dies irae. Questi ed altri ancora, in un tripudio di spiritualità, i neumi ideali che danno di Odino un ritratto interiore analogo a quello del precursore Giovanni Battista dipinto o scolpito da tanti artisti in modo scarnificato, dal momento che, al dire del sacro testo, vestiva di peli di cammello con una cintura di pelle attorno ai fianchi, cibandosi di locuste e miele selvatico.
L’analogia con l’opera di Giacometti è soltanto parziale, dal momento che in Odino non è presente l’angoscia esistenziale, in quanto i suoi personaggi o i suoi fantasmi, se così li vogliamo chiamare, hanno un ubi consistam ben preciso. Si tratta di uno spazio altamente positivo entro cui non è prevista la stasi o l’accidia tipica di chi non abbia prospettive future positive. Bacchin coglie sempre in attività e nell’impegno responsabile gli omini filiformi e altamente spiritualizzati come lo erano le celebri Amalassunte di Osvando Licini, vaganti negli spazi siderali o le figure incatenate dal laccio d’amore della Danza di Henri Matisse. A questo si aggiunga in tantissime opere la predilezione del colore azzurro, universo ove è dato quantomeno supporre una “priorità dello spirito”, valenza rafforzata dalla luce che irrora le superfici.
Ecco, la luce, da sempre cruccio dei gradi pittori, elemento in grado si smaterializzare i corpi rendendoli agravitazionali, serve al nostro artista per svuotare il reale della materialità per cui degli oggetti non rimane che un profilo allusivo .
A conclusione di questa nota critica mi sia consentito ricordare come tutti i grandi spiriti abbiano sempre avuto un nemico da combattere per affermare il loro pensiero. Nel caso di Odino, penso il nemico sia da individuare nell’opulenza della carne, metafora di quell’apologia del materialismo consumistico che egli, vero homo alterius saeculi come lo fu il poverello d’Assisi, ha bandito dal suo vocabolario artistico ed esistenziale.
Esaltante il profilo interiore del grande maestro Odino: vero asceta, mistico francescano per quella fioritura di energia positiva, ottimistica e gioiosa pur nella consapevolezza delle problematiche esistenziali; tale fioritura può essere reperita in alta concentrazione nelle sue opere in perenne tensione verso l’Assoluto. In un suo ritratto dalla bianca barba fluente visibile su internet è cristallizzata la saggezza in connubio con la serenità e la tenerezza propria di un contemplativo degli splendori dell’iride.
Esposizioni: Mostre, Partecipazioni (M = personali)
Bassano del Grappa, PIC BAR, 1992 (M)
Bassano del Grappa, Sede Espositiva Ufficio del Turismo, 2013 (M)
San Martino di Lupari, Padova, Chiesa Storica di S.Martino, 2013 (M)
Padova, Triveneta d’Arte,(Scuola della Carità), 02/2014
Vienna, Artisti Italiani Contemp.(Ambasciata d’Italia), 03/2014
Padova, Biennale Internazionale del Quadro, 05/2014
Praga. Artisti Italiani Contemp.(Ambasciata d’Italia), 07/2014
Piacenza, La Spadarina (Premio della Critica), 07/2014
Istanbul, Mostra coll. in Tuyap Art Fire Sanat Fuari,11/2014
Barcellona, Artisti Italiani-Galleria Art Fusiòn BCN,12/2014
Stoccarda, Artisti Italiani Contemp., 03/2015
Marostica (Vi),Personale in Piazza Castello 42, 03/2015 (M)
Retrospettiva alla 13^ Rass. Dipintori Luparensi, S.Martino di Lupari, 05/2015 (M)
Castello di Godego (TV), Collettiva Pro Loco Godigese, 08/2015
Buenos Aires, Artistas Italianos Contempòraneos, 03/2016
Parigi, Maison d’Italie, 05/2016
Padova, Biennale di Padova, Villa Breda, 04/2016
Stoccarda, Artisti Italiani Contemporanei, 11/2016
Fonti Bibliografiche
Catalogo dell’Arte moderna, n. 49, Milano 2013
Catalogo dell’Arte moderna, n. 50, Milano 2014 (pag.158)
M. Guderzo, Emozioni: dipinti di Odino Bacchin, Bassano News, 2013
Emozioni: Dipinti di Odino Bacchin, catalogo della mostra, Bassano del Grappa 2013
Catalogo Artisti Italiani Contemporanei a Vienna- ITALIARTS 2014
Catalogo Artisti Italiani Contemporanei a Praga-ITALIARTS 2014
Dizionario degli Artisti Italiani 2015 (Gr.Edit. l’Espresso)
Artisti Italiani Contemporanei ItaliArts – 2014/16 (Ed. G, Mondadori) Cataloghi per: Vienna – Praga – Istanbul – Barcellona – Stoccarda – Buenos Aires
Il Quadrato – “dall’Expo alla Biennale” a cura di G. Falossi – 11/2015
Catalogo SARART 2016 – Premio “Oscar dell’arte” dall’Accademia Santa Sara 11/2015
Premio “Ottodix 2016”
https://www.bassanodelgrappaedintorni.it (personaggi/biografie)
www.laspadarina.com (artisti & permanente)
www.maisondartpadova.com
Contatti: [email protected] –Tel:049 9461250
Bacchin Franco – Via Papa Luciani,10 – 35018 San Martino di Lupari (PD)
(aggiornamento, dicembre 2016)