LA CHIESA DEL LAZZARETTO
POI DI SAN LAZZARO E POI L’ABBANDONO
a cura di Vasco Bordignon
PRIMA DELLA COSTRUZIONE
In ogni società e in qualsiasi periodo della Storia si riscontra la presenza di uomini e donne che vivono al di fuori della società organizzata o civile: si tratta di senzatetto, di malati cronici, di sbandati o fuggiaschi… Anche nel bassanese fin dalla fine del 1100 si documenta la presenza di una categoria di malati, i lebbrosi, in una zona non ancora definita, comunque lontano dai palazzi e dalla gente protetta dalla cerchia muraria, zona spesso non coltivata, di solito a breve distanza dallo scorrere di un ruscello o di un fiume. A quel tempo i lebbrosi erano diseredati di ogni diritto civile e costretti a vivere lontano dalla città in condizioni pietose, in capanne di paglia, in attesa della morte o della guarigione spontanea. Poi negli statuti di Bassano del 1259 e 1295 si parla di questa zona descritta come posta a sud della città, in una zona non coltivata, vicino al fiume Brenta, chiamata “Le Prè”, zona dove, secoli più tardi (fine Quattrocento), i bassanesi costruiranno il lazzaretto per i malati di peste. A poca distanza di questa zona, all’inizio del 1200, vi è documentata la presenza di un piccolo monastero o romitorio di monache umiliate dell’ordine di San Benedetto, conosciuto dapprima come monastero di San Felice, poi anche come monastero di San Fortunato. San Felice e san Fortunato erano due fratelli, nati a Vicenza nel III secolo d.C. e martirizzati ad Aquileia nel 297 nel periodo della persecuzione di Diocleziano. Queste suore fino alla fine del Trecento si occuparono di questo lebbrosario.
Quello degli Umiliati fu uno dei molti movimenti spirituali sorti in contrasto ai costumi rilassati e alla ricchezza diffusa spesso ostentata dal clero, propugnando un ritorno verso una vita più austera, frugale. Inizialmente condannati come eretici da papa Lucio III nel 1184, furono reintegrati con bolla di Innocenzo III . L’ordine venne poi soppresso nel 1571.
LA LEBBRA
La lebbra, detta anche morbo di Hansen, è una delle malattie più antiche della storia dell’uomo. E’ una malattia cronica causata dal Mycobacterium leprae, un bacillo acido-resistente che ha un tropismo particolare per i nervi periferici e la cute. I sintomi sono molteplici e comprendono lesioni cutanee polimorfe, con anestesia e neuropatia periferica. La diagnosi è clinica e viene confermata mediante biopsia. Questo agente patogeno è stato scoperto nel 1873 dal medico norvegese HANSEN Gerhard Henrik Armauer (Bergen 1841 – Bergen 1912). Attualmente la lebbra viene controllata/eliminata con alcuni farmaci (Dapsone, Rifampicina e Clofazimina). La lebbra è stata endemica in Europa fino al XVI secolo, poi ha continuato ad essere presente anche oggi in diverse parti del mondo. Ogni giorno la lebbra colpisce 553 persone, l’80% in Indonesia e in Brasile. La massima diffusione in Europa è stata riscontrata tra la fine del 11° e del 14° secolo. In questo periodo la figura del lebbroso veniva associata ad altre categorie di individui pericolosi e immorali quali l’eretico, la strega e l’ebreo, e per tali accostamenti il lebbroso veniva perseguitato sistematicamente e talora ucciso. La lebbra era considerata l’espressione di una punizione divina, in particolare causata dal peccato di lussuria, e per questo creduta trasmessa per via sessuale. Nel terzo Concilio lateranense (1179) si decretò che tutti i lebbrosi fossero segregati dal resto della società e che si determinasse chiese e cimiteri destinati esclusivamente ad essi. Inoltre nel quarto Concilio lateranense del 1215 si stabilì che si rendessero riconoscibili alla comunità indossando abiti speciali, e dovevano portare al collo una campana e un caratteristico bastone da utilizzare per indicare ciò che volevano acquistare , ecc. Lo scopo di tutte queste imposizioni era quello di evitare il contagio. Verso la metà del 14° secolo iniziò, in tutta Europa, una lenta ma costante riduzione dell’epidemia di lebbra per vari motivi, quali la circolazione, verso il 1363, di numerose copie di un testo del medico personale di papa Clemente VI, nel quale vi si trovava una accurata lista dei segni inconfondibili della malattia, togliendo quindi tutte le altre interpretazioni, come pure la concomitanza dell’improvviso insorgere della peste nera e anche della tubercolosi, malattie anch’esse causa di molte morti.
Seguono alcune immagini della lebbra.Lebbra, lesione cutanee, da Atlante di E.Jacobi, 1929Lebbra, lesioni cutanee da Atlante di E. Jacobi 1929Lebbra, esito caduta a pezzi delle dita delle mani, da Cosmacini, 2005
LA PESTE NERA
La PESTE nera si presentava in due forme: una era la forma bubbonica, che si manifestava appunto con dei rigonfiamenti, i bubboni, di colore nerastro; l’altra era la malattia polmonare, con sintomi della polmonite acuta, trasmessa con contagio da persona a persona. La diversità tra le due forme, a quei tempi, non era conosciuta ai veneziani e quindi se la quarantena impediva la diretta diffusione della forma polmonare, a nulla giovava contro la forma bubbonica. L’infezione polmonare era sempre la conseguenza di un caso di peste bubbonica. La sua trasmissione era dovuta alle pulci infette dei topi ospiti delle navi. L’origine della peste è molto antica, e per la sua forza distruttrice, è diventata nell’immaginario collettivo la ‘morte nera’, la malattia che ha accompagnato l’umanità nei secoli e che per questo è spesso presente nelle grandi opere letterarie e artistiche. La storia della grande peste nell’Europa del 1350, che ha causato la morte di quasi un terzo della popolazione europea e ha letteralmente contagiato tutti i paesi dal Mediterraneo alla Scandinavia e la Russia nel giro di cinque anni, è particolarmente sinistra perché è stata la conseguenza di un atto deliberato di bioterrorismo.
Sottolineata la penisola della Crimea e il porto di Sebastopoli, un tempo Caffa
mura e torri medioevali di Caffa, colonia genovese
Nel 1347, infatti, l’esercito dei tartari stava assediando Caffa, scalo commerciale della città di Genova in Crimea, molto utilizzato anche dai veneziani. Le fila dell’esercito orientale erano sconvolte da un’epidemia di peste, diffusa da qualche anno in Asia e così il khan Ganibek o Janibeg decise di utilizzare i corpi dei soldati morti per espugnare la città, catapultandoli oltre le mura. I marinai genovesi scappando da Caffa portarono la peste nei porti del Mediterraneo e da lì la malattia si diffuse in tutta Europa. E in Europa rimase come endemica, tornando a cicli di 10-12 anni, per i successivi tre secoli almeno. Anche oggi, nonostante sia ormai una malattia dalla diffusione molto limitata, la peste ha un potere evocativo notevole e riporta immediatamente a immagini di orrore e di devastazione. Nell’autunno del 1347 una galera veneziana da Caffa portò in Italia i topi impestati. Nei diciotto mesi che seguirono morirono di peste i tre quinti dei veneziani, dati desunti dai censimenti del 1347-1349. Dal 1348 seguirono tre secoli funestati dalla Morte nera. I Veneziani successivamente, nel 1423, vietarono in modo sistematico il contatto con le zone appestate vietando l’ingresso ai viaggiatori provenienti da zone infette mediante anche i “Restelli” (posti di blocco di varie forme: transenne, steccati, o muretti di sassi, ecc., di cui abbiamo un esempio con “I Pilastroni” alla fine di Via Beata Giovanna), e sempre in questo anno realizzarono un ospedale per gli appestati, detto il Lazzaretto Vecchio. Quindi da un lato la prevenzione e dall’altro un eventuale trattamento terapeutico.
Ottone Brentari scrive nella sua Storia di Bassano: “ La peste desolò Bassano con tremenda frequenza nei secoli XV e XVI e nella prima metà del XVII la rovinò in modo spaventoso”. Seguendo la descrizione del Brentari la peste era già presente a Bassano prima dell’8 agosto 1406 e imperversò in varie ondate fino al 1713. Dopo questa data negli atti del Consiglio di Bassano non si fa più parola della peste.
la pulce dei ratti
Alexander Yersin
Per conoscere la causa di questa malattia dovranno passare vari secoli. Infatti con Alessandre Yersin la storia della peste iniziò a cambiare. Questo medico e batteriologo svizzero identificò l’agente causale della peste nel 1894 durante la peste di Hong Kong, suggerendo come la peste dell’uomo seguisse quella del topo. Contemporaneamente operò la stessa scoperta il batteriologo giapponese Shibasaburo Kitasato, pur non lavorando assieme a Yersin. Quattro anni dopo, il francese Paul-Louis Simond scoprì il ruolo della pulce nella propagazione della peste.
Patria naturale di questo bacillo sono le steppe dell’Asia centrale e alcune zone africane dell’Uganda. In Asia vivono roditori e ratti che costituiscono il vivaio ideale del bacillo: questi animali sono insensibili alla “Yersinia pestis” o “Pasteurella pestis” (così viene chiamato, scientificamente, il bacillo); ma i topi possono essere infettati dalle pulci ospitate precedentemente dai roditori delle steppe e possono viaggiare tranquillamente sulle navi dell’uomo o con le carovane dei cammellieri.
Il topo è uno dei più grandi nemici dell’uomo: in particolare il topo grigio (Rattus norvegicus), il topo nero (Rattus rattus) e il topo domestico (Mus musculus). A salire sulle navi dirette verso l’occidente è stato il topo nero col suo micidiale carico di pulci infette. I topi morti di peste avrebbero messo in circolazione decine di migliaia di pulci che a loro volta avrebbero trasmesso il contagio secondo una proporzione geometrica. L’uomo veicolò la peste principalmente con le sue navi cariche di grano e di merci varie e fra queste viaggiava sempre il ratto nero!
immagine di malati di peste bubbonica dalla Bibbia di Toggenburg, 1411malati di peste bubbonica in una miniatura del XV secolopeste a Milano, tavola di F. Manzio Compagnoni, Bergamo 1952il carro degli appestati, litografia di Renato Guttuso, 1960
LA CHIESA DEL LAZZARETTO, POI CHIESA DI SAN LAZZARO E POI L’ABBANDONO
Il 6 dicembre 1465, dagli Atti del Consiglio di Bassano, si decise di fabbricare presso il fiume Brenta il Lazzaretto per accogliere gli appestati. Per la realizzazione vera e propria di questo lazzaretto passarono decenni. Infatti dagli “Atti del Maggior Consiglio di Bassano” si legge che in data 19 maggio 1493 tale Consiglio concedeva a Prè Lodovico Rizzo da Vicenza la chiesa di San Lazzaro per le celebrazioni religiose e anche una camera del Lazzaretto come abitazione, significando che la realizzazione di questo luogo di ricovero e di cura degli appestati era già iniziata (non prima del 1483) e che esisteva già un cappella intitolata a San Lazzaro. Questa chiesetta, dagli Atti del Consiglio di Bassano in data 17 ottobre 1500 era già utilizzata e consacrata dal vescovo di Vicenza. Tuttavia la data ufficiale della chiesa è del 1501, come si legge nell’architrave lapideo che ne determina l’ingresso.
Immagine che testimonia l’affresco di San Lazzaro (malconcio) nella lunetta e l’architrave con la descrizione della dedicazione e l’anno 1501 (vedi sottostante). L’immagine verosimilmente è degli anni ‘60. (da San Lazzaro, 2019)“DEO OPT (IMO) MAX (IMO) AC DIVO LAZARO DE PV (BLICA) PECVNIA PV (BLICAE) SALUTI CONSULENTES BASS (ANENSES) CIVES EREXERUNT MDI, cioè A DIO SOMMA BONTA’ E GRANDEZZA E A SAN LAZZARO, CON DENARO PUBBLICO E PER LA SALUTE PUBBLICA I CITTADINI BASSANESI CONCORDI ERESSERO NEL 1501.
La completa realizzazione del Lazzaretto si realizzò ugualmente nel 1501. La chiesa del Lazzaretto ebbe ben presto bisogno di lavori di restauro eseguiti nel 1533, e poi nel 1578, e successivamente nel 1693, quando ricevette sovvenzione comunale in quanto il Comune aveva trasformato il vecchio lazzaretto in abitazioni private dalle quali traeva una buona somma dagli affitti, e parte di questa rendita veniva utilizzata per questa vecchia chiesa ridotta a senza tetto e diroccata. Nel 1768 venne istituita la Curazia di Santa Croce e la chiesa del Lazzaretto rientrò nella giurisdizione del curato di Santa Croce. Seguirono nei decenni successivi varie lettere al Vescovo di Vicenza da parte dei vari sacerdoti che succedettero alla custodia della chiesa del Lazzaretto che mettevano in luce le varie difficoltà economiche della Chiesetta e le difficoltà di una omogenea e costante vita religiosa e sacramentale degli abitanti, difficoltà non condivise dai sacerdoti della Chiesa di Santa Croce. Finalmente nel 1875 la chiesa del Lazzaretto con circa 580 anime divenne Curazia autonoma, separata quindi da quella di Santa Croce. 1898, iniziò lo scavo, a ridosso della chiesa, per le fondamenta del campanile. Nel 1900 il campanile venne completato e il 22 novembre 1903 inaugurato. Venne costruito su una base quadrangolare, con un’altezza complessiva di 25 metri, con muratura continua in cotto; cella campanaria con aperture di archivolto sui quattro angoli, in alto un tamburo ottagonale, originariamente terminante con cupolina e tronetto, demoliti nel 2008. Nel 1907 fu concesso di conservare in questa chiesa il Santissimo Sacramento. Poi strada facendo, nel novembre del 1923 il suo nome, su istanza del curato don Attilio Testolin , divenne ufficialmente, per decreto vescovile, chiesa di “San Lazzaro”. Non solo. Nello stesso anno venne decretato dal Vescovo che il titolare della chiesa fosse San Lazzaro e che i Santi Rocco e Clemente fossero onorati come Patroni. Questa decretazione vescovile fu necessaria in quanto in precedenti scritti vi era una associazione con San Lazzaro ora con San Clemente ora con San Rocco, ora con entrambi. Il 25 luglio 1924 anche il Comune di Bassano stabilì che la contrada assumesse il nome di San Lazzaro.
chiesa anni 1925 – 1930
20 maggio 1942: Don Giuseppe Zambon, curato di San Lazzaro dal 1940, scrisse al Vescovo di Vicenza Mons. Ferdinando Rodolfi una istanza perché la chiesa curaziale di San Lazzaro fosse elevata a Chiesa parrocchiale. Con decreto vescovile del 7 agosto 1942 la curazia di San Lazzaro fu elevata a Parrocchia mantenendo il titolo di San Lazzaro.
Poi iniziò la storia della nuova chiesa. Monsignor Zinato, vescovo di Vicenza, il 27 novembre 1960, depose la prima pietra della nuova chiesa nel luogo prescelto. Domenica 3 febbraio 1963 fu l’ultimo giorno per ascoltare al mattino la santa messa nella vecchia chiesa e nel pomeriggio in processione il SS. Sacramento venne portato nella nuova chiesa. Successivamente anche le statue, dipinti e il tabernacolo ivi presenti.
il vecchio tabernacolo, ora nella cappellina invernale della nuova chiesa
Da questa data la vecchia chiesa subì delle variazioni imprevedibili. Infatti il 17 gennaio 1964 si firmò l’atto di compravendita: venne venduta ai proprietari di una industria conciaria, i quali eliminarono ogni traccia religiosa adibendola a laboratorio di pelli grezze.
immagine anni ’80, con il campanile con iniziale sfaldamento della cupoletta in lamiera, l’edificio e la ex-canonica
Alcuni anni dopo la conceria chiuse i battenti, e l’edificio rimase proprietà privata. Questa se ne disinteressò completamente, lasciandolo andare in rovina. Il 15 agosto 1986 un incendio provocò la caduta di buona parte del tetto e danni alle strutture portanti.
2008, situazione peggiorata. Si noti la mancanza della cupoletta, tolta per motivi di sicurezza (da Gazzettino 05-06-2008)
Luglio 2011 l’edificio venne acquistato da un nuovo proprietario (Level snc), dopo che l’Amministrazione comunale aveva rinunciato al diritto di prelazione, e la sottoscrizione dell’acquirente di una convenzione che fissava alcune condizioni, “tra le quali l’utilizzo pubblico del bene per dodici giornate l’anno e la conclusione del primo stralcio di ristrutturazione entro maggio 2004. Gli unici lavori che vennero eseguiti sono stati quelli di mettere in sicurezza la struttura ormai in condisizioni statiche precarie. (da Corriere del Veneto 12-02-2016).
Estate 2021
Fonti documentali
https://www.epicentro.iss.it/peste/
https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/malattie-infettive/micobatteri/lebbra
Il Gazzettino, 05.06-2008, articolo su questa chiesetta abbandonata di Ruggero Remonato
Corriere Veneto, 12.02.2016, articolo relativo a questa chiesetta in rovina di Raffaella Forin
La malattia. Immagini e realtà tra passato e futuro, di Giorgio Cosmacini, Missione Salute, Litonova srl, 2005
La medicina medioevale, di Giuseppe Penso, Ciba-Geigy Edizioni, 1991
La nostra Bassano. Patrimonio di edifici religiosi, di Renzo Bortignon. Pro manuscripto, 2009
La peste passato e presente, di Giorgio Cosmacini e Andrea W. D’Agostino, Editrice San Raffaele, Milano, 2008
Pandemie d’Italia. Dalla peste nera al’influrnza suina: l’impatto sulla società, di Guido Afani e Alessia Melegaro, Egea SPA, 2010
San Lazzaro. Un’antica contrada fra Bassano e Brenta, di Fulvio Bicego e Franco Scarmoncin, Editrice Artistica Bassano, 2019
San Lazzaro in Bassano. Un paese sorto sull’argine del Brenta, AA.VV., Grafiche Gabbiano, 1987
Veneziae la peste 1348/1797. Comune di Venezia, Assessorato alla Cultura e Belle Arti, Marsilio Editori, 1979
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pubblicato 07-01-2022