BASSANO DEL GRAPPA – L’ASPARAGO BIANCO DOP – CULTURA

di FEDERICO BORDIGNON

Dottore in Storia e Dottore Magistrale in Scienze Gastronomiche

“Asparagos siccabis, rursum in calidam summitas: callosiores reddes”.

(“Fai seccare gli asparagi e mettili di nuovo in acqua calda: saranno più sodi”).1

“Bassano del Grappa è famosa per i suoi grossi e saporiti asparagi. Vengono cucinati al vapore e

serviti con una salsa particolare, molto saporita, composta da tuorli d’uovo sodo stemperati con olio, limone e spezie”.

Il cibo non è solo Natura ma anche Cultura, ha sostenuto Massimo Montanari3. Se, inoltre, prendendo spunto dall’espressione di Fernand Braudel, si può sostenere che i cinesi ebbero ed hanno tutt’ora come pianta di civiltà4 il riso, ed gli antichi Greci e Romani ebbero i cereali (basti pensare all’importanza della dea Cerere nel pantheon romano), non è azzardato affermare che al giorno d’oggi i bassanesi assumono come “pianta” di civiltà l’asparago bianco DOP.

Se attraversando in lungo ed in largo la Sicilia si possono osservare principalmente alberi di agrumi ed in Grecia, invece, ulivi, nella provincia di Vicenza, tra aprile e maggio, precisamente in un’areale di produzione che va magicamente a formare una sorta di pentagono comprensivo di ben dieci comuni (Bassano del Grappa, Cartigliano, Cassola, Marostica, Mussolente, Pove del Grappa, Romano d’Ezzelino, Rosà, Rossano e Tezze sul Brenta), si possono scrutare dei curiosi neri sacchetti di plastica adagiati sul terreno, secondo un ordine quasi militare…

1. L’asparago nella Roma Antica

“L’asparago è conosciuto fin dall’antichità come ortaggio pregiato e costoso, accessibile alle categorie sociali con il reddito più elevato; i consumi, infatti, sono aumentati in tutto il mondo parallelamente al miglioramento del reddito medio”.5

L’indagine storica sull’asparago (asparagus officinalis) prende avvio dall’Egitto e più precisamente durante il periodo predinastico (dal Neolitico fino a circa il 3060 a. C.). Si è supposto che la coltivazione dell’asparago fosse assai nota agli antichi egiziani (grazie in primis alla presenza del Nilo ed il clima particolarmente favorevole) ma manca qualsiasi fonte scritta al riguardo6. L’unica testimonianza sul tema è un disegno, al centro tutt’oggi di un accesso dibattito tra gli studiosi di egittologia, appartenente alla piramide n. 17 di Saqqarah (V dinastia 3566 – 3333 a.C.). Il nodo focale della disputa è il seguente: sul disegno in questione vi è rappresentato un mazzo di asparagi oppure si tratta di gambi di papiro legati assieme?7

Anche l’origine etimologica della stessa parola “asparago” è terreno assai controverso. Ci si trova di fronte a due ipotesi: in primis, vi è chi sostiene che il nome della pianta provenga dal greco asparagòs, il quale deriverebbe a sua volta da cperegh, radice linguistica neopersiana che richiamerebbe il concetto di “punta” o “dentello”. Secondo altri studiosi, invece, il termine potrebbe derivare dalla lingua sanscrita, antico idioma di ceppo indoeuropeo che ci rimanda all’India, paese dove è presente una parola dalle non indifferenti assonanze, legata al concetto di “germogliare” e “gonfiare”.8

Cavilli etimologici e possibili origini egiziane a parte, gli antichi Romani, a causa del loro ben noto timore dell’oblio che li ha indotti a voler lasciare ad ogni costo memoria di sé pressoché ovunque (c’è chi non a torto ha parlato di civiltà dell’epigrafia9), danno molteplici notizie riguardanti gli asparagi. Ampiamente già noto nell’Antica Grecia, l’età romana sancisce in maniera definitiva la notorietà e la diffusione dell’asparago: di primaria importanza risultano le testimonianze di tre autori. In prima istanza, Marco Porcio Catone (234 – 149 a.C.) con il suo Liber de agri coltura si premurò di insegnare la coltivazione dell’asparago e per molti secoli a venire rappresentò il riferimento autorevole per tanti scrittori. Il terreno favorevole da lui consigliato è quello umido e grasso; dopo l’equinozio di primavere bisogna procedere alla piantagione dell’ortaggio; infine, il concime migliore risulta essere, a suo avviso, lo sterco di pecora10. Altro autore significativo al riguardo è lo spagnolo di Cadice emigrato in Italia Lucio Giunio Moderato Columella (4 – 70 d.C.) il quale parla di asparago nel suo De re rustica11: qui, rispetto al predecessore Catone, le informazioni riguardanti le tecniche di coltivazione si fanno decisamente più dettagliate. Columella, infatti, consiglia l’uso del “capredis, quod genus bicornis ferramentis est” (uno strumento di ferro a due corni) che pur con qualche accomodamento è arrivato fino al nostro agricoltore, il quale lo maneggia veloce e sicuro per raccogliere teneri asparagi senza danneggiarne il turione e la zampa.

Inoltre, con l’autore latino i consigli riguardanti la tecnica di coltivazione si fanno più precisi, anche per ciò che concerne le distanze e le profondità rapportate alle qualità del terreno. La semina deve avvenire dopo le idi di febbraio, in terreno grasso e ricco di letame (come consigliato dallo stesso Catone), ove effettuare delle piccole buche ed aspettare che le radici si leghino fra di loro.12

L’ultimo, ma non per questo meno importante, autore latino che parla abbondantemente di asparagi è Marco Gavio Apicio (25 a.C. – 37 d. C.), il più noto gastronomo romano del quale si dubita perfino l’esistenza13. Nel suo De re coquinaria, Apicio tratta di asparagi nel Libro III e nel Libro IV. Nel primo, nella parte dedicata al cepuros, ovvero l’ortolano, si danno consigli su come cucinare e bollire al meglio gli asparagi14.

Grazie al Libro IV, invece, ci sono pervenute due ricette di torte a base di asparagi: si dispone di una “aliter patina de asparagis frigida”, una torta fredda di asparagi, e di una “aliter patina de asparagis”.

La prima ricetta è la seguente:

“Prendi gli asparagi ben puliti e schiacciali nel mortaio, innaffiali con l’acqua, fanne una poltiglia e passala al setaccio. Metti in un piatto i beccafichi svuotati (delle interiora). Pesta nel mortaio 6 scrupoli di pepe, aggiungi il garum e trita bene poi (aggiungi) 1 ciato di vino e 1 di passito. Metti nella pentola, dove fai cuocere tutto, 3 once d’olio. Ungi bene una casseruola e mescolaci 6 uova con garum di vino, vuotaci la purea di asparagi e metti a cuocere nella cenere calda. Versaci poi il composto sopra descritto e distendici sopra i beccafichi. Fai cuocere: insaporisci col pepe e servi”.

La seconda ricetta è la seguente:

“Metti nel mortaio quei pezzi degli asparagi che solitamente si gettano via, triturali, allunga col vino e passali al setaccio. Trita: pepe, ligustico, coriandolo fresco, santoreggia, cipolla, vino, garum e olio. Travasa la purea in una casseruola ben unta e, se lo desideri, incorporaci le uova, sul fuoco, per legare. Insaporisci col pepe ben polverizzato”.15

È sorprendente come le preparazioni di questi due piatti siano similari a quelle proposte al giorno d’oggi nei ricettari di cucina veneta e nei numerosi ristoranti nella zona di coltivazione dell’asparago DOP di Bassano del Grappa al tempo “dei sparasi”, in primavera; ma su questa questione torneremo fra poco.

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Fig.1: Eduard Manet, Mazzo di asparagi (1880), Colonia, Wallraf-Richard Museum

2. I sparasi de Basan

“Gli asparagi di Bassano e dintorni hanno una notorietà così ampia e meritata da esimermi dalla fatica del panegirico di rigore: essi si distinguono dagli asparagi e sparesèle d’ogni altro sito del Veneto e d’Italia. Anche quelli, di derivazione bassanese, cioè bianchi, che crescono abbondanti in altre terre venete, emiliane e lombarde, sono diverse; un vero buongustaio li distingue subito. Tutta questione di terreno. I bassanesi (vuoi di grosso spessore, vuoi medi) non possono crescere altro che nei paraggi del Brenta, laddove il fiume, dopo tante giravolte e strette lungo accidentato percorso della Valsugana, si slarga ilare e maestoso in vista di Bassano, irrompendo quindi, dal celebre ponte caro agli alpini, nella letizia della gran pianura”. 16

Dopo questo doveroso excursus riguardante l’asparago durante il periodo di Roma Antica, essenziale per comprenderne al meglio le origini, è bene fare un balzo in avanti di alcuni secoli e volgere lo sguardo nello specifico verso il nostro asparago bianco di Bassano del Grappa: salto non dovuto a mera indolenza, ma al fatto che durante l’età medievale pressoché in tutta Europa diminuì l’interesse per la coltivazione dell’asparago, salvo che nei monasteri dove era utilizzato principalmente come pianta officinale17.

Le prime fonti certe riguardanti l’asparago di Bassano risalgono al XVI secolo. Ma, come per altri prodotti alimentari, anche in questo caso si è di fronte al perenne bisogno di dover risalire alla cosiddetta “notte dei tempi”: una necessità insita nel genere umano in quanto trasmettitrice di una sorta di sicurezza quasi genitoriale in ciò che si produce e soprattutto si mangia. Secondo la tradizione, infatti, la storia dell’asparago bassanese avrebbe almeno nove secoli: la leggenda vuole che Sant’Antonio da Padova (1195 – 1231), religioso francescano portoghese dalle vedute assai rigide sulla scia del tempo di papa Innocenzo III18, portò dal continente africano alcune sementi e ne sparse una manciata lungo la strada che collega tutt’oggi Rosà a Bassano (circa 7 km), dove si era recato per rabbonire, poi riuscendovi forse proprio grazie agli asparagi, il signore Ghibellino Ezzelino II da Romano, detto “Il Monaco” (m. 1235)19. All’epoca, infatti, i Da Romano erano in guerra contro i padovani: Bassano costituiva la loro roccaforte e base di partenza delle operazioni militari; era però anche una preda assai ambita dai loro nemici. Nel 1228 i padovani ne devastarono in campagne e vi posero un vero e proprio assedio. La guerra assunse proporzioni tali che intervenne perfino il governo veneziano ed, appunto, Sant’Antonio da Padova20.

Ai tempi d’oro della Repubblica Serenissima di Venezia, poi destinata a spegnersi alla fine del XVIII secolo, appartiene un documento risalente al 1534 in cui si ricorda come un tal Ettore Loredan venne inviato ad ispezionare Bassano del Grappa (non è da escludere che costui fosse un ispettore dei Domini di Terraferma della Serenissima)21. Giunto alla città vicentina celebre per il Ponte Vecchio, Loredan fu accolto con i dovuti onori dagli amministratori, i quali lo vollero prendere per la gola invitandolo ad un ricco banchetto dove immancabilmente furono serviti anche gli asparagi bianchi (“per sparasi mazi”)22.

Qualche anno dopo, il 17 aprile 1583, fu nominato podestà di Bassano Bernardo Marcello il quale rimase colpito dall’accoglienza ricevuta, tanto da decantare la salubre aria cittadina e, soprattutto, la splendida cucina locale, di cui risultano protagonisti gli asparagi definiti “cibi saporitissimi e squisitissimi”.23

Questi sono gli anni anche della Controriforma e del Concilio tridentino (1545 – 1563), periodo in cui ben cinque papi ed altrettanti corti si spostavano da Roma a Trento per ammodernare la Chiesa e soprattutto tentare di combattere a suon di scomuniche il processo di Riforma protestante iniziato circa trent’anni prima da un agostiniano tedesco stanco delle ipocrisie e contraddizioni insite nell’istituzione della Chiesa romana. Questi avvenimenti ebbero un’importanza non trascurabile per la diffusione dell’asparago bianco: Bassano si trovava, infatti, in una posizione strategica, all’imbocco della Valsugana e lungo il fiume Brenta in un ambiente rilassante e di campagna, dove non pochi dei padri conciliari si fermarono a riposare ed a trovare ristoro e a “magnar i sparasi”.24

Una fonte indiscussa riguardante gli “sparasi” risulta essere “La cena di Emmaus” del pittore veneziano Giovanbattista Piazzetta (1682 – 1754): è infatti ben visibile un piatto di asparagi preparato secondo la tradizionale ricetta bassanese: “sparasi, ovi, aseo, sale, oio e pevare”.

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Gianbattista Piazzetta, La cena in Emmaus (XVIII sec.), The Cleveland Museum of Art, Cleveland (OH).

Un ulteriore balzo cronologico ci porta in avanti di ben quattro secoli e precisamente al 1950, anno di pubblicazione di Across the River and into the trees di Ernest Hemingway, avvincente romanzo ambientato nella laguna veneziana. Lo scrittore statunitense doveva probabilmente aver degustato e apprezzato l’orgoglio gastronomico di Bassano per poter ricordarne la stagione esatta e addirittura l’acre e pungente odore di urina di chi se ne è cibato25:

“Arrivederci a cena” disse il colonnello. “Che cosa c’è?”

“Quello che vuole, e se qualcosa non lo abbiamo glielo faccio apposta”.

“Ci sono asparagi freschi?”

“Lo sa che in questi mesi non ci sono. Vengono in aprile da Bassano”.

“Allora sono sicuro che la mia orina avrà il solito odore” disse il colonnello. “Pensa tu a qualcosa ed io lo mangerò…”26

E venne il 1980, anno in cui si è costituito il consorzio di tutela dell’asparago bianco di Bassano con lo scopo di preservare, favorire e tutelare il prodotto (dalle non poche contraffazioni). Nel novembre 2007 l’asparago bianco di Bassano è stato riconosciuto come marchio DOP27.

Nell’aprile 2010, inoltre, nacque la Confraternita dell’asparago bianco DOP di Bassano, la quale afferma di voler rivestire un duplice ruolo: in prima istanza, salvaguardare il pregiato ortaggio da ogni possibile forma di contraffazione e abuso, proteggendo il marchio che garantisce la tipicità, l’origine e le caratteristiche; in secondo luogo si vuole valorizzare e promuovere quest’eccellenza nel territorio bassanese.

Ma come dovrebbe presentarsi ai nostri occhi questo prodotto?

A detta del rigido disciplinare l’asparago bianco DOP di Bassano, ricordato perfino dall’autore di Il vecchio e il mare, deve avere le seguenti caratteristiche: quasi superficiale dirlo, dev’essere ovviamente bianco, una lunghezza tra i 18 e i 22 cm con un diametro centrale minimo di 11 mm, i turioni devono essere ben formati, dritti, interi con apice serrato, teneri e non legnosi, di aspetto ed odore freschi.

Tipicità che contraddistingue l’asparago de Bassan, orgoglio dei suoi cittadini, dai suoi fratelli, è il gusto dolce – amaro, un ossimoro gastronomico unico nel suo genere.

A concludere il nostro viaggio gastronomico nella pianura veneta dove scorre languido il fiume Brenta ai pendici del Monte Grappa, è una tipica ricetta dei giorni nostri:

Asparagi di Bassano con salsa di uova sode

Ingredienti (dosi per 4 persone):

1 kg di asparagi di Bassano

3 uova sode

2 filetti di acciuga tritati

1 cucchiaio di capperi tritati

succo di limone

olio, sale, pepe

Preparazione:

Pulire gli asparagi, legarli a mazzetti e mettergli in una casseruola alta e stretta. Aggiungere acqua fino a circa 2/3 dei gambi e far sobbollire per circa 8 minuti. Sgusciare le uova sode, dividerle a metà e schiacciare i tuorli: aggiungere due cucchiai circa di succo di limone e versare gradualmente l’olio fino ad ottenere una salsa piuttosto fluida. Tritare gli albumi e unirne metà della salsa: aggiungere i capperi, le acciughe e il pepe controllando che la salatura ed il succo di limone siano giusti. Gli asparagi possono essere serviti caldissimi intingendoli uno alla volta nella salsa messa nel piatto, oppure si lasciano raffreddare e si condiscono insieme decorando il piatto con albumi tritati28.

Ora, sono non di poco conto le similitudini che emergono confrontando questa ricetta con quelle sopra menzionate appartenenti ad Apicio. Ancora più curiosa risulta la somiglianza con la salsa di acciughe ed aceto della ricetta odierna con il più noto (e forse quella che cela tutt’oggi più interesse, oltre che un non celato disgusto) intingolo che il mondo romano ci ha trasmesso: il celebre garum!

Rimane da chiedersi, spunto per un possibile studio futuro, come, grazie probabilmente al tramite di Bisanzio e la presenza bizantina sul territorio della nostra Penisola, i quali si fecero eredi e continuatori delle più solide tradizioni romane dal punto di vista alimentare, la ricetta proposta da Apicio (o chi per esso fosse stato) giunse quasi intatta nella sua originalità, nei territori al di là del Brenta..

CITAZIONI

1APICIO, L’arte culinaria. Manuale di gastronomia classica, Libro III, p. 42 (ed. CARAZZALI G, Milano 2012).

2 TOURING CLUB ITALIANO, Guida all’Italia gastronomica, Milano 1984, p. 228.

3 MONTANARI M., Il cibo come cultura, Roma – Bari 2012, pp. 5-10.

4 BRAUDEL F., Les structures du quotidien: le possible et l’impossible, Paris 1979, p. 83.

5 FALAVIGNA A., L’asparago. La tecnica di coltivazione e la difesa antiparassitaria, Roma 1991, p.7.

6 Sull’alimentazione nell’Antico Egitto è fondamentale BRESCIANI E., La cultura alimentare degli egiziani antichi in FLANDRIN J. L., MONTANARI M. (a cura di), Storia dell’alimentazione, Roma – Bari 20115 , pp. 37-46.

7 COMEGLIO M., L’asparago. Etimologia, storia, botanica, medicina, cucina, arte, letteratura e curiosità, Varese 1999, pp. 13-15.

8 MORGANTI P., NARDO C., L’asparago. La storia, le tradizioni e le ricette, Verona 2004, p. 10.

9 Vd. BUONOPANE A. Manuale di epigrafia latina, Roma 2013, passim.

10 CATONE. De agricoltura, pp. 223-25 (ed. DALBY A., Devon 1998).

11 COLUMELLA, De re rustica, Libro XI, p. 49 – 170 (ed. FORSTER E.S., HEFFNER E., Norwich 1979).

12 MORGANTI P., NARDO C., L’asparago. La storia, le tradizioni e le ricette, Verona 2004, p. 25.

13 MORGANTI P., NARDO C., L’asparago. La storia, le tradizioni e le ricette, Verona 2004, p. 29.

14 APICIO, L’arte culinaria. Manuale di gastronomia classica, Libro III, p. 42 (ed. CARAZZALI G, Milano 2012).

15 APICIO,. L’arte culinaria. Manuale di gastronomia classica, Libro IV, p. 65 (ed. CARAZZALI G, Milano 2012).

16 BERTOLINI A., Veneti a tavola, Milano 1964, pp. 66-67.

17 FALAVIGNA A., A. D. PALUMBO., La coltura dell’asparago , Bologna 2001, p. 4.

18 Sul ruolo di Sant’Antonio riguardante Vicenza e Bassano vd. CRACCO G., Tra Venezia e Terraferma. Per la Storia del Veneto regione del mondo, Roma 2009, pp. 387, 516, 532.

19 MORGANTI P., NARDO C., L’asparago. La storia, le tradizioni e le ricette, Verona 2004, pp. 74 – 75.

20 FASOLI G., Dalla Preistoria al dominio veneto in DA SESSO L., BERTI G., MANTESE G., PETOELLO G.,

SCHIAVO R., SENECA F., SIGNORI F., STRINGA N., DA SESSO G., ZILIO G. M. (a cura di), Storia di Bassano,Bassano del Grappa 1980, p. 224

21 Al riguardo vd. POVOLO C., CHIODI G., Amministrazione della giustizia penale e controllo sociale nel Regno Lombardo – Veneto, Sommacampagna 2008, passim.

22 MORGANTI P., NARDO C., L’asparago. La storia, le tradizioni e le ricette, Verona 2004, p. 37.

23 Al riguardo vd. A tavola con i dogi: storia con ricette della grande cucina veneziana, Venezia 1992, passim.

24 MORGANTI P., NARDO C., L’asparago. La storia, le tradizioni e le ricette, Verona 2004, p. 38. Fig. 2:

25 Sul ruolo del cibo nelle opere di Hemingway vd. BORETH C., A tavola con Hemingway , Roma 2013, passim.

26 HEMINGWAY E. Di là dal fiume e tra gli alberi, Milano 1997, pag. 51.

27 Reg, CE n. 1050 del 12.09.07.

28 FAMIGLIA CRISTIANA, Periodico n.3, Tradizioni & sapori d’Italia, Veneto. Viaggio nel costume e nel gusto, Milano 2004, p. 88.

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