OPTOGENETICS
DI MICHELANGELO PENSO
a cura di Vasco Bordignon
L’OPERA
“Optogenetics” di Michelangelo Penso è un’installazione che rimarrà nel Chiostro del Museo Civico di Bassano del Grappa fino al 14 febbraio 2018 [dal 14 ottobre 2017] . Inaugurata in occasione della 13ma Giornata del Contemporaneo indetta da AMACI, l’opera si insedia in uno spazio pensabile come ‘membrana permeabile’: il passaggio tra la piazza e le sale del Museo che diviene così luogo espositivo – contenitore di ricerche artistiche contemporanee e nello stesso tempo area di sosta, riflessione o di accesso alla biglietteria e al bookshop della sede museale. Ogni quattro mesi si invita un artista a riflettere sul senso di questo luogo, sulle collezioni permanenti, sulla cultura locale e sulle tradizioni del territorio che sempre forniscono terreno fertile per le recenti riflessioni artistiche ma, soprattutto, che consentono al Museo di essere un ambiente in cui il presente si manifesta, accade e viene onorato. Il museo inteso solo come contenitore di patrimoni consolidati è un concetto obsoleto e, fortunatamente, superato. Se il Museo Civico di Bassano del Grappa si fa promotore di una cultura materiale e immateriale che va dall’archeologia ai giorni nostri, ha l’obbligo morale di testimoniare anche il presente, quell’”adesso” delle ricerche artistiche di cui non può non farsi portavoce. L’opera di Penso si inserisce in questa potenziale lungimiranza che ogni Museo dovrebbe avere e, soprattutto, sa riflettere sulla capacità di un bel chiostro di essere luogo legittimante e proponente. Ecco dunque le ragioni per le quali quest’opera, mediante i suoi contenuti, dialoga con il museo. L’optogenetica è una branchia delle scienze neuronali più sperimentali e osserva il rapidissimo comportamento delle cellule cerebrali e delle loro reazioni a seconda della loro funzione. Esattamente la stessa attività del Museo: osserva (deve farlo!) il presente nel suo veloce evolversi, il comportamento del suo pubblico, del modo in cui reagisce alle proposte artistiche e culturali e di conseguenza ne prende atto, ne trascrive le memorie, ne riordina i programmi. Un’opera che diventa metafora dunque del luogo nel quale si trova. Questa è una delle frontiere più interessanti dell’arte contemporanea in quanto dimostra di essere in grado di parlare di se stessa mediante le altre discipline, in questo caso la scienza, e di divenirne strumento di divulgazione. L’arte è lo strumento, il linguaggio più libero che esista: non ha limiti, non deve avere freni, non sottostà al potere o alle regole, non deve essere tradotto e si concede come strumento di conoscenza degli altri linguaggi sperimentali che segnano il tempo. La forma di “Optogenetics” ricorda il movimento circolare ed ellittico delle trascrizioni delle curve. Una sorta di alfabeto scientifico che si presta visivamente anche in termini di ‘schizzo’, di segno rapido, fatto nello stesso momento in cui lo si guarda per poter dire qualcosa di chiaro a qualcuno e il colore viola è la somma dei raggi rosso e blu, gli unici colori non presenti nell’osservazione delle cellule neuronali che al microscopio solitamente appaiono giallo/grigio. La storia è un susseguirsi di eventi che, nel momento esatto in cui si sono verificati, sono stati riconosciuti come importanti. Questo è uno di quelli. “Optogenetics” è un’opera che cattura lo sguardo e invita a seguirne le linee, può essere toccata e fotografata. (dal foglio informativo a cura del Museo)
L’AUTORE
Michelangelo Penso è nato a Venezia, dove vive e lavora. Espone in gallerie private e istituzioni pubbliche dal 1981. Tra le principali mostre si ricordano: nel 1993 la 45. Biennale d’Arte di Venezia, Punti cardinali; nel 1997 espone in collettive alla Galleria Continua di San Gimignano e all’Attico di Roma, nel 2004 è invitato alla Nuit Blanche di Parigi, con una installazione per l’Université Pierre et Marie Curie a cura di Hou Hanru, e alla Galleria Via Farini Milano in una collettiva a cura di Hans Ulrich Obrist; nel 2005 la personale presso l’Espace Vieillard & Fasciani di Lione; nel 2008 personale alla Galerie Alberta Pane a Parigi; nel 2010 Docks en ciel, collettiva al Museo Cité de la Mode et du Design, Parigi; Nel 2011 Circuito genetico RSBP, personale al Museo Palazzo Fortuny, Venezia; nel 2012 Black Circuit, personale a Palazzo Giacomo e Pantaleo Balbi, Genova; nel 2013 Hommage à Gaston de Pavlowski, personale presso, Galerie Alberta Pane, Parigi; nel 2014 Sirtuine, personale presso, The Flat – Massimo Carasi, Milano; nel 2015 collettiva Nutrimentum, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona; nel 2016 collettiva a Palais De Tokyo, Parigi. [dal foglio informativo a cura del Museo].
(VB. interpretazione molto particolare di strutture anatomiche microscopiche assai complesse, conosciute prevalentemente da specifici ricercatori)