BONATO ORFEO
UN ARTISTA DEL TUTTO PARTICOLARE
DA SCOPRIRE
di Vasco Bordignon
NOTE GENERALI
Per tratteggiarne un profilo, se pur scarno, ho bisogno di ascoltare chi lo conosce da tanto tempo, fin dall’infanzia, come Adriano Bergozza, scultore di grande valore, e anche chi lo conosce da un po’ di tempo dopo, come un altro artista di spessore (anche se non lo vuol sentire) come Antonio Padino, esperto della tecnica della microinfusione in generale.
Adriano Bergozza conosce Orfeo Bonato per puro caso, nel 1954, nel reparto di chirurgia dell’ospedale vecchio di Bassano: Adriano che ha 8 anni è stato operato di appendicite acuta, Orfeo che di anni ne aveva 4 di più, vi era arrivato per cucire il pollice che sotto una pressa aveva lasciato tra gli ingranaggi una falange. Quindi Orfeo, nato il 6 marzo del 1942, già a dodici anni era già occupato presso una ditta meccanica e in quegli anni, successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, erano numerosi i ragazzi che dovevano lavorare a causa delle condizioni economiche famigliari. L’incontro dei due ragazzi divenne un’amicizia perpetua, anche perché il giovane Adriano si era accorto della spontaneità, della genuinità e della semplicità di Orfeo, e anche della particolare vocazione a far sentire la sua voce contro tutto ciò che poteva essere ingiustizia, sopruso, sfruttamento, e quindi evidenziava disprezzo per tutto quello che si identificava con il potere in senso lato e le persone che lo incarnavano. Era quindi aspro, sarcastico contro il potere politico, specie quello di “destra”, il potere economico, in specie le multinazionali, e contro il potere religioso, papa e preti compresi.
Orfeo poi si dimostrava un acuto osservatore, fornito di una grande memoria visiva in particolare verso la natura che lo circondava: un animale, una lucertola, un insetto, un filo d’erba. Ciò che vedeva lo vivificava, ne raccoglieva l’essenza vitale, ed imprimeva dentro di sé l’attimo di un movimento, di una postura, di un colore…
Ad esempio ricordava la pesca dei marsoni nel Brenta (un tempo molto numerosi). Era un rituale ben preciso: con un manico di una scopa e una forchetta, il piron, si allestiva una specie di fiocina che serviva per colpire il povero pesce acquatico, ed una volta infilzato veniva infilato su un filo di ferro che se lo legava alle mutande che così serviva da contenitore delle prede… Ebbene, del marson, come vedremo, Orfeo aveva focalizzato i particolari sul suo particolare muso e sulla sua coda, coda che prima di esalare l’ultimo respiro effettuava uno strano movimento, in una frazione di secondo, l’attimo di Orfeo. Come pure una attenzione quasi parossistica sulle mosche: le rappresentava in ogni dettaglio, in ogni posizione con accuratezza anatomica, che mai si stancava di replicare sia stata essa una piccola mosca o un moscone….
Ma anche per un certo periodo si era appassionato ad un oggetto assai frequente in quegli anni nella mani dei ragazzi: la fionda. La fionda aveva bisogno, oltre che degli elastici, anche di uno strumento detto forcella e questa – la migliore – era prodotta dalla naturale crescita dell’orno, che spesso forma delle dicotomie arboree quasi matematiche … Quante fionde sono state costruite!
Orfeo viveva una sua vita, si dimostrava come un tipo schivo, riservato, introverso. Non andava in bici, non andava in auto… frequentava prevalentemente le stesse persone che lo conoscevano. Tuttavia in varie occasioni, dopo un iniziale isolamento, succedeva che si sentisse a suo agio e allora si apriva, esprimeva la sua naturalezza, la sua semplicità non solo con le parole ma anche con il suo corpo, con la sua mimica… alla Dario Fo. Così succedeva anche quando con i suoi amici andava a visitare qualche mostra. Dopo un primo periodo di smarrimento, liberava la sua naturalezza, la sua curiosità, la sua sorpresa manifestando una espressione così gioiosa da apparire come quella di un bambino davanti ad una sorpresa, qualunque fosse.
NOTE BIOGRAFICHE ED ARTISTICHE
Orfeo abitava vicino alla Villa San Giuseppe dove vi era allora una folta presenza di gesuiti e anche di laici alla ricerca di consigli, di idee, di comportamenti vista la grande stima di cui da sempre i gesuiti godevano.
Lo zio di Orfeo poi era l’ortolano della Casa religiosa, che disponeva di grandi spazi di terra da coltivare. Lo zio provvedeva a fornire di frutta e verdura la mensa dei religiosi e ciò che sovrabbondava lo faceva portare di buon mattino al mercato settimanale allora al Terraglio dal nonno di Orfeo. Questi aiutava il nonno nel faticoso e lungo percorso per arrivare al mercato, che già alle quattro del mattino iniziava ad avviarsi con l’arrivo di camion, furgoni e del carretto di Orfeo… che specie di inverno non gli mancava di essere percorso dai brividi del gelo tanto che raccontava che “la pee d’oca ghe tegneva sù le braghete” che portava!
Dopo l’esperienza meccanica con la perdita di una falange, trovò occupazione in un laboratorio odontotecnico e qui imparò (allora non vi erano corsi di avviamento a quel lavoro) a lavorare la cera e a preparare le protesi … Infatti nella creazione di una protesi è necessario dopo aver ottenuto l’impronta dell’arcata esistente (il negativo), si doveva ricostruire su questo ricostruire quanto mancava: quindi Orfeo, dopo aver scelto i denti mancanti il più possibile esteticamente vicini a quelli reali applicava goccia a goccia cera fluida (riscaldata) che andava a rivestire di un velo sia la gengiva che i novi denti formando un tutt’uno ben fatto e funzionale utilizzando un apparecchio che mimava la masticazione detto masticatorio. Questo lavoro veniva poi rivestito di gesso speciale, e una volta solidificato il tutto veniva fatto bollire in un contenitore. Il calore faceva sciogliere e uscire la cera, lasciando un sottile spessore vuoto poi riempito sotto pressione dalla resina opportuna.
Nel 1963, Orfeo si trovava da 18 mesi a Belluno per espletare il servizio militare di leva, allora di 24 mesi, e nei precedenti due mesi dalla catastrofe del Vajont Orfeo era stato messo di guardia sulla diga, già oggetto di attenzione per alcune avvisaglie di smottamenti nelle zone a nord dell’invaso. E anche in quel 9 ottobre Orfeo avrebbe dovuto trovarsi sulla diga, ma il destino volle che il giorno precedente sia stato richiamato a Belluno per scontare un giorno di consegna. Il giorno successivo venne inviato nella zona sinistrata e per alcune settimane la sensibilità e la fragilità di Orfeo fu messa a dura prova. Tutti i soccorritori furono toccati da questa esperienza. Non si poteva non sentire dentro di sé lo strazio dei resti umani tra un silenzio assordante e un odore di carne che marciva …
Tornato a casa, e al lavoro non riuscì a togliersi di dosso completamente tutta quella rabbia, tutta quella sofferenza di cui si era impregnato … e per parecchio tempo, ogni tanto, di notte, quando non riusciva più a trattenere la tensione, l’affanno, il dolore, raggiungeva l’alveo del Brenta proprio sotto il Ponte Nuovo e lì urlava con quanto fiato possedeva, urlava , urlava, finché piano piano quel fuoco distruttivo si spegneva…
Tanto che nel 1966, con quella tecnica odontotecnica detta a cera persa realizzò otto formelle cm 10x10x4 in Ag 925, intrise di rabbia, di protesta, di sarcasmo contro tutto e tutti. In questi lavori utilizzò la cera fusa da una fonte di calore qualsiasi, e a goccia a goccia creò a poco a poco persone, volti, mani, scudi, corpi, genitali, ecc. modellati da una lancetta per smussare, togliere, appiattire a seconda delle figure rappresentate. Un volta completati i quadretti di cera, venivano avvolti di gesso, e poi messi in forno: la cera si scioglieva e restava l’impronta riempita poi da argento liquido.
A sinistra IL DIAVOLO TENTA LE DONNE. Le donne, a dx, stilizzate, stupite forse da un’espressione ambigua, cercano di resistere alle avance del diavolo che si offre nella sua forma genitale — A destra LA MAFIA. A dx il diavolo che uccide i predestinati del sacrificio mafioso, e a sx i volti dei mafiosi.A sinistra GLI ESORCISTI. Sono rappresentati dal papa, dal vescovo e da altri alti prelati che stanno eseguendo tutta la cerimonia su un indemoniato posto sopra un tabernacolo. Tra gli esorcisti uno ha il volto coperto dalla maschera usata dia medici nel tempo della peste — A destra IL SESSO. Vi è un racconto esasperato di tutte le forme del sesso e delle sue realizzazioni più oniriche oggi abbastanza comuni …ammucchiate, sesso orale, autoerotismo, ecc.A sinistra SALOTTI BORGHESI. In questo ambiente vengono rappresentati solo i volti, come maschere, una appiccicata all’altra per sussurrare il loro credo, da orecchio ad orecchio, maschere deformate, irriconoscibili, e le loro grandi mani voraci… — A destra LOTTE STUDENTESCHE. Un povero studente è schiacciato dalla forza e dalla virilità delle forze dell’ordine, che hanno gli attributi grossi e ben in vista, con un grande scudo fornito di una protuberanza appuntita, con coltelli, … I muri sono ovunque coronati di buschi delle pallottole.A sinistra CRISTO IN CROCE. Si interroga sui peccati umani e si vede dall’alto della croce morto nella bara posta sotto la croce. Alla scena sono presenti delle guardie (lance) e spettatori incuriositi — A destra LA SUA CASA. L’opera esprime uno stato di sofferenza: è lui solo attaccato alla mamma in un ambiente poverissimo, con una stufetta vuota e a dx il padrone (senza volto) che è venuto a riscuotere l’affitto.
L’anno prima, nel 1965 Orfeo si era sposato, e nel 1966 divenne padre di una femminuccia.
Negli anni successivi Orfeo oltre alla tecnica della cera persa iniziò anche a dipingere, con pastelli in cera (gessetti colorati della Rembrant) realizzando vari disegni su carton-cuoio cm 100×70, poi passò ai colori ad olio e anche alle opere di collage.
Orfeo regalò un suo collage alla scrittrice francese Danielle Collobert [Rostrenen, 23 luglio 1940 – Parigi, 23 luglio 1978] che, il giorno dopo, gli raccontò di essere rimasta sveglia tutta la notte perché, ammirandolo, le aveva risuscitato emozioni che col tempo si erano affievolite.
tre pastelli su carton-cuoio, dimensioni 100×70, non datati e senza titolo
due dipinti olio su tela, cm 100×80, non datati e senza titolopastello in carton-cuoio, cm 65×39, senza data e senza titolo
altri due pastelli in carton-cuoio, a sx cm 48×39 senza data e titolo, e a dx “Il papa e l’operaio”, datato 1973, cm 46×63.
Sono gli anni anche della scultura in legno (ad es. il cane ), in osso (rane, marsoni), in rame (rane) o in argento (marsoni, mosche, ecc.).
Sopra cane che abbaia, in legno. cm 40×30 e sotto marson, in legno, cm 7 x2
scorpione in osso, cm 9×4
sopra marson in osso cm 7×3; sotto un altro marson in osso cm 5×6rana in osso cm 9×4
marson, fusione a cera persa, cm 8×3
mosche, sia sopra che sotto, fusione a cera persa, cm 4×4 c.rane in rame, pezzi unici ritagliati come fossero fogli di carta, ognuno cm 4×1,5 circa
E poi la lavorazione dell’argilla (semirefrattario) senza sapere alcuna tecnica: realizzava degli oggetti ad es. con la tecnica della colombina e attaccava con lo sputo i vari pezzi che realizzava. Non solo, poiché fumava , utilizzava la cenere del mozzicone per stenderla sull’argilla creando una patina con sfumature del tutto particolari.(immagini sottostanti)
Sopra Piccolo totem, in semirefrattario, cm 15×4 – Sotto L’urlo, in semirefrattario, cm 50×20Bambola, legno e semirefrattario, cm 40×30
Come si può notare, anche in queste opere si riscontra una sensibilità non codificata, un messaggio ai più incomprensibile. Ma a lui non interessa granché: lui crea per se stesso, per liberare da se stesso qualcosa che si incarna nella sua opera, e ciò gli dava un senso di felicità, di pace.
Nel 1971, un oggetto ceramico rappresentato da un gigantesco fallo chiuso in una gabbia di legno, creato da Orfeo per andar contro e per contestare le grandi multinazionali della benzina… fu oggetto di un episodio particolare oltre che a non essere stato compreso dai più che hanno intravisto in quest’opera solo un TOTEM.Questa opera, su invito del Circolo Artistico Bassanese o CAB, sodalizio che raccoglieva i massimi esponenti locali delle varie arti, venne esposta ad una mostra, alla Galleria ILFIORE, allora in Via Schiavonetti, gestita da Umberto Ilfiore. La scultura di Orfeo, senza cattiveria, casualmente, era stata posta accanto ad un’opera del grande Danilo Andreose, maestro indiscusso della scultura locale soprattutto religiosa. Questi entrato nella sala a dare un occhio alla situazione, vista la collocazione della sua opera accanto al “mitico” fallo, urlò a gran voce all’Umberto di tira via .. .”quel casso di opera che fa schifo… “ Ilfiore gli disse che è di Orfeo…ed essendo stato invitato dall’Associazione, non poteva fare nulla. L’Andreose allora si scusò e se ne andò indispettito. All’inaugurazione partecipò anche il grande Passamani il direttore del Museo (direttore per dieci anni (1966-1976) a Bassano) persona amabile, colta, signore con tutti, ecc. Cominciò a girare tra le opere, ad osservarle in ogni direzione tra il silenzio degli astanti… Guardò… riguardò… E alla fine, avvicinandosi alla Gabbia di Orfeo, affermò a gran voce che quel “cazzo” … di Orfeo era l’unico lavoro interessante, innovativo … Ma non basta. Si avvicinò ad Orfeo e gli disse di farne uno monumentale che lo avrebbe fatto esporre a Milano! (anticipazione di Cattelan!). Andreose restò male, molto male.
(Alcuni anni dopo, nel 1974, Orfeo lo donò al museo dell’Istituto d’arte di Nove dove attualmente si trova)
Dopo l’esposizione del fallo, Orfeo non fu più invitato alle mostre degli artisti bassanesi e, Adriano, per solidarietà con lui, non partecipò più alle altre manifestazioni. Tuttavia non volle che tutto finisse così. Così nel 1972 organizzò da solo una grande mostra, l’unica a Bassano, nelle vie e nelle piazze del centro storico con centinaia di artisti di tutte le tendenze e senza nessuna censura o giuria, anche con anche opere provocatorie. E fu un grande successo.
Nel 1974 Orfeo, dopo aver lavorato per tutti questi anni “soto paron”, si mette in proprio come meccanico di precisione in Via Verci, a Bassano.
Adriano e Orfeo inoltre organizzarono nel 1974 una mostra dell’artista e ceramista Romano Carotti [Civita Castellana (VT) 21-04-1926 – Vicenza 18 gennaio1972], impegnato anche politicamente come segretario della Federazione del P.C.I. di Vicenza, in occasione della festa dell’Unità in prato Santa Caterina.Romano Carotti in lavoro nel suo studio [da”Romano Carotti, Antiga Edizioni, 2003]
In anni successivi i due amici, sempre per la festa dell’Unità, realizzarono delle cartelle con opere grafiche, che vendute servivano per creare momenti culturali aperti alla popolazione.
Nel 1979 per la festa dell’Unità realizzarono una scatola con quattro gioielli in argento (immagini sottostanti) realizzati da altrettanti artisti (Bonato, Bonaldi, Bergozza, Andolfatto). Il lavoro tutto a mano e sostenuto gratuitamente principalmente dai due amici portò alla creazione di 100 scatole, costate ciascuna nel suo complesso circa 30 mila lire. Furono tutte vendute a 60 mila lire. Il ricavato, cioè tre milioni di lire, era finalizzato alla realizzazione di altre manifestazioni culturali. Invece… In quella circostanza venne invitato a cantare Lucio Dalla e seppero poi che gli fu dato proprio tutto il ricavato del loro duro lavoro … cioè i tre milioni ! Amareggiati per dire poco non si dedicarono più a quelle iniziative dedicandosi ad altro.
in alto a sinistra l’opera di Orfeo Bonato e a destra l’opera di Natalino Andolfatto
in basso a sinistra l’opera di Adriano Bergozza e a destra l’opera di Federico Bonaldi
l’opera di Orfeo Bonato
Poi negli anni ’80, precisamente dal 1980-1986, si dedicò pure, per breve periodo e con poche opere, all’incisione sperimentando anche la tecnica più difficile, quella a punta secca, nella quale fatta l’incisione sulla lastra, questa non la si poteva più modificare.
Sopra, La famiglia borghese, 1980, cm 23×28 – sotto, La prostituta, 1985, cm 12,5×16
Orfeo è affascinato da quello che non conosce, e quindi sperimenta, vuole realizzare sempre qualcosa di diverso, come una continua creazione di se stesso… Orfeo crea solo per Orfeo. Non gli interessa neppure che la sua opera abbia una funzionalità qualsiasi. Anzi … ad es. è l’unico artista che ha cambiato direzione alle collane: in genere la collana scende dal collo verso il petto della donna, lui invece dal collo la fa risalire, la innalza a mo’ di collo artificiale inamidato delle antiche dame medioevali … ma con altra sensazione.
E a ridosso degli anni 90, iniziò a frequentare un grande artigiano della microfusione, Toni Zonta che, dapprima in via Zaccaria Bricito (quindi vicino al Brenta) e poi in Prato Santa Caterina, lavorava l’argento con la microfusione. Ma il viraggio artistico avviene soprattutto dopo aver conosciuto un altro artista Antonio Padino, il quale riesce a sintonizzarsi con Orfeo e a migliorare notevolmente la tecnica della microinfusione, che diverrà il suo migliore mezzo di espressione artistica, tanto è vero che le sue creazioni, dapprima un po’ grossolane, pesanti … con Padino diventarono finissime, aeree, leggere … tanto da sembrare creazioni di Alexander Calder o di Fausto Melotti, come i precedenti pastelli potevano essere stati lontanamente ispirati a Picasso che lui amava molto come artista.
Negli anni 1991, 1992, 1993, 1994 sia Padino che Bonato partecipano alle Mostre “L’evoluzione nell’arte orafa” allestite a Palazzo Agostinelli.
Nel 1993, su promozione di FerdinandoRigon che aveva ben visto la sua originalità, Orfeo dona al Museo una suo opera, intitolata “Asilo per adulti”, in semirefrattario, cm 60x50x20 (sotto)
Nella mostra del 1994 a Palazzo Agostinelli Bonato vince il premio per la valenza artistica, e Padino per la valenza tecnica. Queste due opere sono visibili nel Museo Civico.Orfeo Bonato – “Fiore”. Collana in oro e argento, lamina martellata e brunitaAntonio Padino – Collana in oro giallo. Microfusione in un unico pezzo.
foto della premiazione: da sinistra a destra: FERNANDO RIGON, Consulente Museo Civico di Bassano, GIUSEPPE GRASER, Presidente Nazionale Artigiani Orafi CGIA, TOMMASINA ANDRIGHETTO, Ideazione e realizzazione della mostra; ANTONIO PADINO, ORFEO BONATO, e ADRIANO DEL VESCO, Assessore Attività Economiche di Bassano.
Potrebbe essere il lancio artistico per Orfeo, ma Orfeo, come detto crea per Orfeo, per se stesso. Non ha in se stesso la forza di farsi avanti, di farsi conoscere. Ha bisogno di una finzione, deve essere un altro a sostituire se stesso. Per questo incaricava il suo amico Adriano a contattare la galleria d’arte, a stabilire un incontro per mostrare le sue creazioni.
Così nel 1995 è stato per il primo contatto con la Galleria Marjke Vallanzasca di Padova. Partì con la R4 di Adriano con cinque-sei borse di plastica, tipo quelle della spesa, nelle quali metteva 4-5 opere avvolte in una qualsiasi carta. Giunti alla galleria, il titolare si accorse che la voce del telefono non era quella di Orfeo… Ma Orfeo, lo distrasse, mostrando le sue opere, e si creò lo stupore e l’innamoramento … è fu la mostra dove Orfeo vendette un pezzo! (come detto). Orfeo partecipava alla mostra non per piacere agli altri, ma a se stesso. A lui non interessava la valutazione di un altro artista, né di vendere la sua opera. Non ha mai messo in vendita nessun suo oggetto … Ma un pezzo in quella mostra venne venduto contro sua voglia. Infatti aveva posto un prezzo altissimo proprio perché a nessuno venisse il desiderio di comprarlo… Ma un signore lo comprò… Era una collana denominata “Pene d’amore” realizzata con penne in oro e in argento. Egli raccontava in questa come nelle successive realizzazioni delle emozioni, dei riflessi poetici… tanto che Adriano lo definiva il poeta dell’oro. Saputo della vendita, Orfeo stette molto male, fu molto dispiaciuto che una sua creatura fosse in mani non sue e così … poco dopo ne fece un altra uguale, tutta per se stesso (vedi sotto)
“Pene d’amore”. Collana in argento brunito con inserimento in oro, lamina martellata a mano.
Anche negli anni successivi fino al 2000 partecipò in questa Galleria alle mostre annuali assieme ai più grandi orafi europei contemporanei.
La stessa gallerista, nello stesso 1995, lo invitò a Milano allo Showroom Baleri del gioiello contemporaneo. Ma come fare se Orfeo era un tipo schivo, non andava in bici, non andava in auto … Lo portò allora Antonio e come arrivarono a Milano con tutta la sua vita, con tutto il suo movimento, con tutte le sue bellezze… Orfeo diventò incontenibile nella sua gioia di vedere tutto quanto gli era intorno, tutte le cose da scoprire … in una continuità di emozioni, di meraviglie…. Come accadde quando Adriano ed Antonio lo portarono a Venezia a visitare il Guggenheim : qui Orfeo perdette la sua ritrosia e diventava un bambino che si divertiva a soffiare sulle opere di Calder per vederle in movimento….
Nel 1996 per la festa patronale di Bassano del Grappa esegue l’immagine del San Bassiano, in china.
Nel 2001 gli orafi più famosi di Padova quali Giampaolo Babetto, Mario Pinton e Francesco Pavan, che negli anni precedenti avevano avuto modo di conoscere ed ammirare le opere di Orfeo con le mostre di Padova , vennero a vedere i suoi lavori nel suo laboratorio di via Verci, e gli proposero di presentarli alla Mostra di Monaco, come rappresentanza dell’Italia, vista l’originalità degli oggetti. La mostra di Monaco rappresentava una delle più importanti del mondo, dove affluivano praticamente tutti i direttori dei musei del mondo, e dove tutti gli orafi più importanti del ‘900 trovarono il trampolino di lancio per affermarsi. Antonio si propose di far tutto lui, di inviare i pezzi, di portarlo a Monaco ecc. Lui non doveva fare nulla. Orfeo disse di sì. Ma questo sì ben presto divenne il chiodo fisso, un’ossessione, un ostacolo insuperabile, un muro che lo schiacciava pesantemente … Non respirava la notte, non dormiva più, … e così il mattino dopo contattava Antonio e rifiutava l’offerta , rifiutava ogni coinvolgimento … Perché? aveva il terrore di perderli (i suoi lavori), la paura di non vederli più… ma nella realtà era lui che non voleva essere protagonista di quella mostra, non voleva essere sotto i riflettori, non gli era congeniale essere al centro di interesse, e ciò lo faceva soffrire… terribilmente.
Nel 2001 Orfeo con il suo amico Antonio venne invitato alla mostra “Il Valore della Mano” in occasione dei “Cento anni di evoluzione dell’Artigiano Orafo” ed la sua creazione ebbe l’onore della copertina della brossure dell’evento.
Collana “Filza”, in argento, fusione a cera persa, 1980.
Orfeo, poi nel 2002, ebbe il desiderio di far vedere le sue opere al signor Giovanni Ometto allora direttore della rivista L’Orafo Italiano e della casa editrice Aurum sita a Zurigo, in Svizzera, oltre che un grande collezionista di gioielli contemporanei. Questi era un grande omone. Aveva uno studio a Milano ed uno a Vicenza. Come al solito fece telefonare ad Adriano. “Sono Orfeo Bonato, vorrei farle vedere le mie opere…” Ometto disse di sì, curioso di vedere queste opere. Si organizzarono e in data stabilita andarono a Vicenza con diapositive e proiettore e con altre 5-6 borse di plastica con dentro un certo numero di opere sempre avvolte in comune carta. Raggiunsero il palazzo dove si trovava il signor Ometto, superarono 3-4 porte blindate (c’era di mezzo oro!) … e arrivarono nello studio … Orfeo depose sul tavolo alcuni suoi lavori, e Ometto fu subito colpito da una collana, la prese e la indossò … Ometto rimase abbacinato dalle opere di Orfeo, e gli fece la proposta di scambiare 100 suoi pezzi con la stampa di una sua monografia, come già fatto con Babetto e altri. Ometto però gli disse che prima di confermare questa proposta doveva sentire proprio il parere di Babetto, orafo, professore a Padova di oreficeria. Il dover essere valutato da Babetto sconvolse Orfeo. Scattò in un improvviso diniego, si prese tutti i suoi lavori, abbandonò Ometto e se ne andò.
Negli anni successivi Adriano e Antonio, considerato da una parte il carattere di Orfeo e dall’altra la grande varietà di realizzazioni orafe, decisero di fotografare tutti questi pezzi e realizzarono un CD. Dopo aver effettuato la ricerca degli indirizzi dei Musei di Arte Decorativa più rappresentativi, decisero con Orfeo di inviare a tutti questi Musei il CD delle sue opere, quali ad es. quelli di New York, Londra, Olanda, ecc. Vari direttori gli scrissero che desideravano incontrarlo. Il Direttore del Dipartimento del Museum Albert di Londra rimase entusiasta di questi lavori e lo invitò ad andare a Londra perché voleva conoscerlo personalmente essendo stato emozionato da questi lavori. Quello di New York lo invitò persino a fare una lezione agli studenti… Orfeo si fece tradurre le varie lettere… poi le mise nel cassetto del comò nella sua camera e … ogni tanto le rilegge… E ciò gli bastava.
Negli anni 2010-2012 Orfeo prosegue la sua vocazione artistica con alcune opere dove ricompaiono immagini e concetti già accennati nel passato ma non così evidenti nella loro complessità interpretativa del suo animo e della sua mente.
“L’acrobata”, terracotta, argento, fili di ferro, colori acrilici, cm30x30“Il diavolo”, terracotta, argento, rete metallica, colori acrilici, cm 30×30
“Albero e foglie”, terracotta, argento, colori acrilici, diametro 40 cm“Mosche e pesci”, terracotta, argento, rete metallica, colori acrilici, diametro 40 cm
“Foglie”, porcellana, argento, colori acrilici, diametro 40 cmRana con fiori e farfalle”, fili, fiori e farfalle in argento, colori acrilici, cm 20×20.
Orfeo dopo un periodo di distacco dal mondo, ci ha lasciato il giorno di primavera il 21 marzo 2020. Il nostro ricordo sarà sempre collegato ai doni che ci ha lasciato: le luci e gli splendori delle sue creature!
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Ringrazio di cuore Adriano Bergozza, Antonio Padino e la figlia di Orfeo che mi hanno permesso di realizzare questo lavoro.
VEDI ANCHE IL FILE SUCCESSIVO sull’arte orafa, sulle creazioni orafe di Orfeo Bonato.