BONFANTI RENATA, LA TESSITURA COME ARTE
I PERSONAGGI DELLA SUA VITA
a cura di Vasco Bordignon
AKERDAHL ANNA
Nacque a Stoccolma nel 1879 e morì ad Asolo nel 1957- Studiò grafica artistica alla Konstakademien di Stoccolma tra il 1899 e il 1905 – Nel 1908 sposò Guido Balsamo Stella e nel 1919 si trasferì in Italia – Insegnò all’Istituto Statale d’Arte Carmini di Venezia e dopo la Prima Guerra Mondiale diventò designer dell‘azienda S.A.I.A.R. Ferro Toso, per la quale disegnò i vasi a murrine che furono presentati nel 1920 all’esposizione d’Arte Italiana Industriale e Decorativa a Stoccolma. ( da http://www.artericerca.com)
BALSAMO STELLA GUIDO
Nacque a Torino l’11 maggio 1882, da famiglia originaria della Val Gardena – Studiò alle Accademie di Monaco e di Stoccolma – Il 22 febbraio 1908 sposò a Venezia la svedese Anna Akerdahl – La sua prima attività artistica – che egli svolse in Germania e in Svezia, dove si recò nel 1914 – fu quella di pittore e di decoratore ad affresco, oltre che di incisore (incisioni relative all’industria del ferro eseguite a Stoccolma, affreschi per gli uffici della ditta Cornelius sempre a Stoccolma – Sempre in Svezia, a Orrefors, vide affermarsi la famosa produzione dei vetri incisi: tecnica che egli poté studiare grazie all’amicizia con Edward Hald (uno dei maggiori promotori della manifattura svedese) e che approfondì visitando le fabbriche boeme – Ritornato in Italia, si dedicò in particolare all’incisione (paesaggi, ex libris,ecc.), all’illustrazione del libro, alla scultura in legno – Lavorò anche per le manifatture di Murano, dando i disegni per una serie di vetri soffiati esposti alla Triennale di Monza del 1930 e per i cosiddetti “vetri chimici” (ispirati a provette, storte, imbuti, ecc.), che ebbero un momento di particolare voga – Partecipò a numerose esposizioni italiane e straniere – I maggiori consensi tuttavia gli vennero proprio dall’incisione su vetro, che egli diffuse in Italia – Fu professore di arti grafiche nell’Istituto d’Arte di Firenze (1922-25), poi (1923-1927) ispettore delle scuole d’arte della Val Gardena e contemporaneamente direttore di quella di Ortisei (curando e praticando l’intaglio in legno), poi diresse la scuola Selvatico di Padova, l’Istituto Superiore di Monza… Tenne corsi vari di arti applicate nell’Istituto di Arti decorative Industriali (oggi Istituto Statale d’Arte) di Venezia, coprendo in particolare l’incarico dell’insegnamento di decorazione del libro dal 10 febbraio 1936 fino alla morte, ad Asolo, il 12 agosto 1941. (da http://www.treccani.it)
BONFANTI FRANCESCO, padre di Renata
Nacque il 18 luglio 1898 a Noto (Siracusa) terzo dei cinque figli di Corrado e di Onesta Zacchi – Fra il 1911 e il 1914 risiedette con la famiglia a Gela dove frequentò il liceo classico Pignatelli – Contrariamente ai desideri del padre, che lo vorrebbe funzionario dello stato e laureato in giurisprudenza, Francesco Bonfanti si iscrisse prima ai corsi del biennio preparatorio di fisica e matematica alla R. Università di Catania poi, dal novembre del ’16, si stabilì a Roma dove frequentò la R. Scuola d’applicazione per gli ingegneri, laureandosi in ingegneria civile, con la valutazione di 98/100, il 17 agosto 1920 – Nello stesso anno venne assunto, quale funzionario tecnico, al Ministero delle Terre liberate, risiedendo a Bassano del Grappa e per breve tempo a Udine – Nel 1922 si stabilì definitivamente a Bassano – In questi anni incontrò l’ingegnere Gino Zardini di Padova, amico di famiglia della futura consorte Sofia Bernardi e professionista dalle numerose conoscenze, con il quale instaurò dal ’23 un rapporto professionale – Nel 1924 sposò Sofia Bernardi dalla quale ebbe cinque figli: Anna Maria, Maria Luisa, Renata, Luigi e Maria Cristina – Nel 1928 tramite Gino Zardini incontrò Gaetano Marzotto, titolare della omonima industria tessile, il quale incaricò lo studio Bonfanti-Zardini dapprima di elaborare i disegni per una villa di vacanze a Castelvecchio (zona montana nei pressi di Valdagno, sede dei propri stabilimenti) e poi, negli anni successivi, fino al ’48, del progetto e della realizzazione della città sociale e di quasi ogni sua altra iniziativa – La collaborazione tra Bonfanti e Zardini, di carattere solo funzionale per poter accedere a una committenza economicamente solida, venne interrotta dallo stesso Gaetano Marzotto nel 1938, che commissionò a Bonfanti incarichi personali – Nella seconda metà degli anni Venti incontrò Giorgio Wenter Marini che saltuariamente fornirà contributi artistici allo studio, e con il quale iniziò un lungo rapporto di amicizia e di scambio culturale – Nel 1930 col progetto Villa in Città partecipò alla IV Triennale di Monza – Nel 1936 instaurò un rapporto di lavoro, che si trasformerà in amicizia, con l’architetto Gio Ponti, collaborando fra il ’36 e il ’42 a una serie di progetti: la villa Favorita a Valdagno, il palazzo per uffici in piazza San Babila a Milano e il piano funiviario e alberghiero delle Dolomiti – Nel 1937 allestì nell’ambito del Congresso di Urbanistica di Roma la mostra sul “Piano totale di Valdagno” – Nel 1940 si laureò in architettura presso l’Università di Venezia – Nel 1944 iniziò con l’ingegnere Filippo Masci gli studi per la ricostruzione di Francavilla (Chieti) paese medioevale distrutto in quell’anno dalla ritirata tedesca – Nel 1945 si iscrisse al PSI e nel ’48 si presentò candidato nelle liste del partito per le elezioni amministrative di Bassano del Grappa – Nel 1948, ultimata la colonia marina Marzotto a Jesolo (Ve), dove la direzione dei lavori venne realizzata in collaborazione con l’ingegner Bisazza, dirigente della Manifattura Lane G. Marzotto & figli, si concluse il rapporto con Gaetano Marzotto, iniziato vent’anni prima – Dopo il 1948 continuò la sua attività principalmente a Bassano del Grappa, ma anche a Castelfranco, Padova, Venezia, Milano e in Abruzzo – Dal 1955 chiamò come collaboratori l’architetto Parisotto e l’ingegnere Alberto Girotto, che dopo la morte di Francesco Bonfanti resteranno titolari dello studio – Francesco Bonfanti morì a Bassano del Grappa il 16 luglio 1959. (da Francesco Bonfanti: opere bassanesi, di Carmine Abate, Bassano del Grappa, Minchio 1986)
BUCCI FRANCO
Nacque a Colbordolo, in provincia di Pesaro, il 7 marzo 1933, dove si diplomò all’Istituto d’Arte “Ferruccio Mengaroni” come Maestro d’Arte nella sezione metalli e dove nel 1954 iniziò la sua attività didattica, come insegnante di smalti su metallo, fino al 1968 – Nel 1954 fondò insieme a Paolo Sgarzini e Vladimiro Vanni “Mastro 3” laboratorio che produsse oggetti di rame smaltato – Si avvicinò alla ceramica sul finire degli anni Cinquanta, condividendo l’esperienza, con Federigo Fabbrini , di designer per la manifattura ceramica “Villeroy & Boch” – Nel 1958 Federigo Fabbrini, tornato in Italia, invitò Bucci e Nanni Valentini a lavorare nel suo laboratorio – Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta Franco Bucci participò a numerose mostre sia in Italia che all’estero e, nel 1960, vinse una medaglia d’argento alla Triennale di Milano – Nel 1961 fondò, insieme ad altri soci, tra cui lo stesso Nanni Valentini, la manifattura “Laboratorio Pesaro”, di cui nel 1966 divenne direttore artistico, e dove realizzò una vasta gamma di oggetti la cui connotazione stilistica principale risiedeva nella purezza e mell’essenzialità della forma, unita ad una assoluta mancanza di colore – Nel 1968 si classificò primo alla Mostra Nazionale di Ceramica di Cervia – Nel 1970 venne chiamato, insieme a Federigo Fabbrini, come designer dall’industria ceramica Villeroy & Boch – Nel 1972 ottenne un riconoscimento ufficiale al Victoria and Albert Museum di Londra – Tornato in Italia accettò di lavorare come designer del “Gruppo Ceramiche Iris” – Negli anni Ottanta operò nel suo studio di Pesaro in Strada Romagna 45 – Nel 1987 iniziò a sperimentare la produzione di grandi lastre in ceramica monolitica che lo portarono ad ottenere, grazie ad un impasto da lui brevettato, lastre fino a m. 2 x 1 – Nel 1995 cedette l’azienda, rimanendone direttore artistico fino al 1998, anno in cui aprì un laboratorio ceramico dove realizzò pezzi unici e in piccola serie – Negli anni successivi iniziò una ricerca sulla porcellana che lo portò nel 2000 a brevettare un altro materiale ceramico altamente resistente al fuoco e agli sbalzi termici. Franco Bucci morì a Pesaro il 4 maggio 2002 dopo aver realizzato il Museo delle Terrecotte di Fratterosa, paesino di antica tradizione ceramica, in provincia di Pesaro. (da http:www. archivioceramica.com)
DANESE BRUNO
E’ stato una fondamentale e geniale figura del design italiano, progettista, imprenditore, animatore culturale – Nacque nel 1930 a Valdagno in provincia di Vicenza – Fin dagli anni giovanili fu attivo a Milano dando seguito alla propria precoce vocazione imprenditoriale fondando nel 1955 con Franco Meneguzzo l’azienda di ceramiche DeM – Solo due anni dopo, 1957, sarà la volta dell’omonima Danese Milano, aperta insieme alla moglie fotografa Jacqueline Vodoz, la prima e più stretta interlocutrice di tutti i progetti degli anni a venire – Fin dagli esordi, Danese si configurò come un laboratorio sperimentale dedicato al mondo del complemento d’arredo, da ripensare negli anni del boom economico come nuovo oggetto funzional-sentimentale mai scevro di un’ironia e senso dello stupore spesso frutto di un processo di innovazione tipologica e tecnica – Ma fu lo strettissimo confronto con alcuni tra i più grandi maestri del design italiano, in primis Bruno Munari e Enzo Mari, che andrà a definire in maniera unica l’attitudine e il catalogo dell’azienda, facendo del dialogo illuminato tra imprenditore e designer una via tutta italiana allo sviluppo del prodotto industriale – Con la sua società, Bruno Danese sviluppò prodotti innovativi che hanno interpretato le nuove esigenze dell’abitare la casa e l’ufficio – Come imprenditore-progettista disegnò un’ideale di azienda dedicata al design, capace di interpretare il mercato attraverso la combinazione di arte, artigianato e produzione industriale – Un’avventura emblematica che rappresentò un riferimento su scala internazionale – Nel maggio del 1991 Danese decise che si era conclusa la trentennale esperienza della sua impresa – Cedette l’attività alla multinazionale Strafor-Facom e successivamente il marchio fu acquisito da Carlotta De Bevilacqua, attuale proprietaria – Una volta conclusa l’attività produttiva, Danese e Vodoz si dedicarono a un altro progetto di grande respiro culturale – Diedero vita a un’importante fondazione con l’obiettivo di promuovere tutte le forme di creatività, un punto di riferimento per la cultura internazionale – Da tempo la fondazione non ha un programma di attività aperte al pubblico ma mette a disposizione di ricercatori e curatori lo straordinario archivio di design e arte raccolto negli anni – Morì a Milano il 28 novembre 2016. (Da https://www.artribune.com/tribnews/2016/11/morto-bruno-danese-imprenditore-design/)
ERSEGHE ALBERTO
E’ nato a Valdagno (VI) il 15 maggio 1941 – Il 17 luglio 1975 si è laureato in Architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia – Alla attività professionale di progettazione architettonica sviluppa nell’area veneta e lombarda con sconfinamenti nell’urbanistica, partecipando e vincendo alcuni concorsi nazionali d’architettura, ha affiancato una impegnativa attività di progettazione per l’allestimento di mostre tra cui, nel 1986, la prima mostra sull’opera di “Francesco Bonfanti architetto” a Palazzo Agostinelli del Comune di Bassano del Grappa e poi a Villa Valle del Comune di Valdagno con un suo saggio nel catalaogo Electa – All’interno dell’impegno professionale, ha pubblicato alcuni saggi sull’opera di Bonfanti in: “Città come … (Roma 1988) e sulla rivista “d’A “(Roma 1990) con l’architetto Mosè Ricci.
FRATTINI GIANFRANCO
Nacque a Padova il 15 maggio 1926, e morì a Milano il 6 aprile 2004 – E’ stato un architetto e designer itaiano. Fece parte della generazione che costituì il movimento italiano di design alla fine degli anni cinquanta e durante gli anni sessanta – Si laureò in Architettura al Politecnico di Milano nel 1953 – Aprì il suo studio professionale a Milano, dopo aver lavorato nello studio del suo docente e mentore Gio Ponti – La sua collaborazione con Cesare Cassina per la sua omonima azienda iniziò nel 1954, seguita da collaborazioni con molti altri industriali, come Bernini, Arteluce, Acerbis, Fantoni, Artemide (per il quale, tra altri prodotti, disegnò con Livio Castiglioni la storica lampada Boalum), Luci, Knoll, Lema e molti altri – Nel 1956 fu cofondatore della “Associazione per il Disegno Industriale”; e nel corso della sua carriera lavorò sia nel design industriale sia nell’architettura, focalizzandosi in particolare negli interni – Fu membro del consiglio dellaTriennale di Milano – Grande conoscitore del legno artigianale, ebbe una lunga e fruttuosa collaborazione professionale con il maestro artigiano Pierluigi Ghianda di Bovisio Masciago (Milano) – Articoli in vetro disegnati da Frattini per Progetti sono nella collezione permanente del Museo di Arte Moderna e la lampada Boalum (progettata con Livio Castiglioni) prodotta da Artemide è nella collezione dello Smithsonian, al Cooper-Hewitt National Design Museu. (da http:it.wikipedia.org)
HALLING ELSE
Nacque in Norvegia il 3 luglio 1899 e morì il 14 febbraio 1987, sempre in Norvegia – Else Halling fu un’artista tessile – Viene conosciuta per le sue ricostruzioni di vecchi arazzi norvegesi – Insegnò a tessere a Trondheim, a Drammen e ad Oslo – Decorò istituzioni pubbliche come il Palazzo Reale di Oslo, il Castello di Akershus, l’edificio Stortinget e il Municipio di Oslo. (da https://en.wikipedia.org › wiki)
LOS SERGIO
E’ nato a Marostica (VI) il 27 maggio 1934 – Si è laureato a Venezia con il Prof. Luigi Piccinato – Allievo, collaboratore, assistente studioso di Carlo Scarpa, dal 1969 Los é docente allo IUAV dove insegnò Architettura degli interni (1965-1971), Composizione urbanistica (1972-1978) e Composizione architettonica – A partire dal 1976 è responsabile di ricerche per conto del MURST, del CNR e dell’ENEA per lo sviluppo di metodi e strumenti finalizzati alla progettazione di un’architettura sostenibile – Nel 1977/78 diviene consulente del Ministero dell’Industria per l’organizzazione di una cooperazione Italia-USA sui “Sistemi solari passivi nelle case unifamiliari” e membro della Commissione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Gruppo di consultazione “Energie integrative“ – Nei primi anni ottanta è rappresentante italiano del “Passive solar expert group” della CEE e membro del Comitato direttivo e del Comitato scientifico della Sezione italiana dell’ISES – Negli anni 1989, 90 e 91 propose e organizzò a Vicenza i Corsi estivi di progettazione architettonica del Centro Internazionale Studi di architettura “Andrea Palladio” sul tema “Architettare la città storica“ – Nel campo editoriale, oltre ad essere autore di numerosi saggi ed articoli per libri, riviste e convegni è stato membro dell’Editorial Advisory Board della rivista Enviroment & Planning, e dal 1995 di ARQ Architectural Research Quartely. (https://it.wikipedia.org › wiki › Sergio_Los)
MANGIAROTTI ANGELO
Architetto, urbanista e designer nacque a Milano il 26 gennaio 1921 e morì a Milano il 30 giugno 2012- Si laureò al Politecnico di Milano nel 1948 – Alla lunga attività professionale affiancò quella didattica svolta in numerose università italiane ma soprattutto all’estero, tra a Chicago (1953-54), Hawaii (1970), Losanna (1974), Adelaide (1976) – Dopo esperienze professionali negli USA (dove ebbe modo di conoscere F-L. Wrigth, Gropius, van der Riohwe) aprì uno studio milanese con Bruno Morassutti, attivo dal 1955 al ’60 – In questo periodo realizzò abitazioni, edifici industriali a Padova, ma anche oggetti di design (macchine da cucire, orologi, mobili – Nel 1965 Mangiarotti è tra i fondatori dell’ADI, Associazione per il Design Industriale – Molto attento alle potenzialità di materiali e tecniche costruttive, Mangiarotti progettò e realizzò edifici industriali a Marcianise, Mestre e Monza (1962-1964), a Monza (1964); il complesso di Armitalia a Cinisello Balsamo (1968) e gli uffici della Snaidero a Majano del Friuli (1978); la sede dell’Internazionale Marmi e Macchine a Carrara (1993) – Nel corso degli anni collaborò con importanti industrie (Cassina, Molteni, Pozzi & Verga, Skipper, Tisettanta), realizzando lampade, vasi e sculture in legno e porfido – L’importante figura di Mangiarotti (che ottenne numerosi riconoscimenti internazionali, e il Compasso d’oro nel 1994) è legata in modo particolare a Milano, dove realizzò una serie di infrastrutture del passante ferroviario, dalla stazione di Milano Rogoredo (1982), Porta Venezia e Repubblica (1992), Rho Fiera Milano (2006) – I fondamenti progettuali e le linee di pensiero che stanno alla base della sua variegata attività sono stati esposti nel volume del 1987 “In nome dell’architettura”- Ricevette lauree honoris causa in Ingegneria all’Università di Monaco (1998) e in Disegno Industriale al Politecnico di Milano (2002). ( da https://it.wikipedia.org › wiki › Angelo_Mangiarotti)
MARI ENZO
Nacque a Novara il 27 aprile 1932 – Artista e designer italiano si formò studiando all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, dal 1952 al 1956 – In seguito svolse attività artistica, esponendo in mostre personali e collettive in gallerie e musei di arte contemporanea – Si interessò a vari aspetti del design quali la psicologia della visione e la programmazione in estetica – Dalla fine degli anni ’50 si occupò anche di design, consapevole della necessità di intervenire sulla cultura di massa verso un progetto globale di qualità: dapprima nell’ambito della ricerca formale personale, e poi in collaborazione con numerose industrie, nei settori della grafica, dell’editoria, del prodotto industriale e dell’allestimento mostre – A partire dal 1963 iniziò l’attività didattica alla scuola della Società Umanitaria di Milano, la prima di varie esperienze di docenza continuate sino agli anni 2000 in numerose istituti tra cui il Politecnico di Milano, dove insegnò alle facoltà di Disegno Industriale e Architettura e a Parma dove fu docente di Storia dell’Arte – Nel 1965 curò la mostra di arte optical, cinetica e programmata alla Biennale di Zagabria – Partecipò individualmente a diverse edizioni della Biennale di Venezia e della Triennale di Milano – Enzo Mari si affermò internazionalmente come designer rappresentativo del design italiano con la ricerca e la continua sperimentazione di nuove forme e significati dell’oggetto e del prodotto, in contrasto con gli schemi tradizionali del disegno industriale – Nel 1971 partecipò con un intervento alla mostra Italy: the New Domestic Landscape al MOMA di New York – La sua singolare posizione di artista-designer venne documentata nelle pubblicazioni dedicate al suo lavoro e ai suoi contributi in interventi in importanti istituzioni, come l’ADI (Associazione per il Disegno Industriale) che presiedette dal 1976 al 1979 – Come designer, accanto alla progettazione, svolse ricerche teoriche – Il suo lavoro portava ad un risultato di precise convinzioni e prese di posizione a livello “ideologico e politico”, d’ispirazione egalitaria e marxista – Enzo Mari collaborò con diverse aziende per le quali progettava vari oggetti d’uso e di arredo, tra queste, Danese, Zanotta, Zani&Zani, Alessi e Magis – Vinse il suo terzo Compasso d’oro nel 1986, per la progettazione della sedia Tonietta per Zanotta, dopo quelli ottenuti nel 1967 e nel 1979 – Nel 1987 a New York, l’International design center prize – Nel 1993 venne nominato responsabile creativo dell’antica Meisterwerkstatt der Königliche Porzellan Manifaktur di Berlino. – I lavori di Enzo Mari sono esposti nei principali musei di arte e design del mondo, tra cui il Moma (Museum of Modern Art di New York), il Triennale Design Museum di Milano, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma, il Moderna Museet di Stoccolma, il Stedelijk Museum di Amsterdam, il Musèe des Arts Décoratifs, il Kunstmuseum Düsseldorf, il Kaiser Wilhelm Museum Krefeld – Una grande mostra personale gli fu dedicata nel 1983 dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, dove sono conservati 8.500 disegni ed elaborati del suo archivio, da lui donati al CSAC – Invitato alla Biennale di Venezia sul tema “Arte e Scienza” nel 1986, espose un'”allegoria” realizzata per l’occasione – Nel 1988 fu allestita a San Marino la mostra “Modelli del Reale”, dedicata al complesso del suo lavoro – Nel 2008 gli venne dedicata la mostra personale antologica: Enzo Mari: l’arte del design alla GAM (Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Torino), in occasione dell’Anno Internazionale del Design – Tra i suoi scritti: Funzione della ricerca estetica (1970); Ipotesi di rifondazione del progetto (1978); Dov’è l’artigianato (1981); Tre piazze del Duomo (1984); La libertà della manifattura (1994); Progetto e passione (2000); Lezioni di disegno: storie di carte, draghi e struzzi in cattedra (2008) – Enzo Mari morì a Milano il 19 ottobre 2020. PS : nei primi anni ’60 disegnò il LOGO dello studio-laboratorio di Renata Bonfanti . (https://www.artribune.com/progettazione/design/2020/10/muore-enzo-mari-teorici-autori-design-italiano/)
MENDINI ALESSANDRO
Nacque a Milano il 16 Agosto 1931 e morì a Milano il 18 febbraio 2019 – E’ stato un architetto, designer e artista italiano. Nel 1959 si laureò in Architettura al Politecnico di Miano – Dalla fine degli anni settanta fu tra i rinnovatori del design italiano, sia come intellettuale teorico sia come membro autorevole del gruppo “Alchimia” – Lavorò quindi per numerose aziende quali Alessi (creando tra l’altro il cavatappi Alessandro M), Venini Bisazza Cartier Hermès, Vacheron Costantin , Su ecc. preme NYC, Swatch, Swarovshi, ecc. – Molto conosciuti sono anche i suoi mobili, tra i quali la collezione Museum Market del 1993 e la poltrona Proust, esposta in diverse collezioni permanenti quali la Triennale Design Museum e il Museo delle arti di Catanzaro – Alessandro Mendini ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui il premio del design industriale italiano Compasso d’Oro nel 1979; nel 1981 insieme allo studio Alchimia e nel 2014 per il lavoro della sua vita – Diresse molte riviste di architettura tra le quali Domus, Casabella e Modo da lui stesso fondata – Nell’anno 1989 fondò insieme al fratello Francesco l’Atelier Mendini – Svolse più volte il ruolo di consulente perl’urbanistica di alcune amministrazioni locali in Corea del Sud e in Italia assiene a Franco Summa – Il suo lavoro fu oggetto di esposizioni museali citate in articoli e saggi – Per il valore della sua opera fu nominato Chevalier des Arts et des Lettres in Francia – Ricevette l’onorificenza dell’Architectural League di New York, la laurea honoris causa al Politecnico di Milano e l’European Prize for Architecure Award nel 2014 – Collaborò con l’azienda Samsun allo scopo di creare alcune watchfaces per il loro smartwatch di punta: il Gerr S2. (https://it.wikipedia.org › wiki › Alessandro_Mendini)
MUNARI BRUNO
Nacque a Milano il 24 ottobre 1907 e morì a Milano il 29 settembre 1998 – Passò l’infanzia e l’adolescenza a Badia Polesine, dove i suoi genitori gestivano un albergo – Nel 1925 tornò a Milano per lavorare in alcuni studi professionali di grafica – Nel 1927 cominciò a frequentare Marinetti e il movimento futurista, esponendo con loro in varie mostre – Nel 1929 Munari aprì uno studio di grafica e pubblicità, di decorazione, fotografia e allestimenti insieme a Riccardo Castagnedi, un altro artista del gruppo futurista milanese, firmando i lavori con la sigla R + M, almeno fino al1937 – Nel 1930 realizzò quello che può essere considerato uno dei primi mobile della storia dell’arte, noto con il nome di macchina aerea e che Munari ripropose nel 1972 in un multiplo a tiratura 10 esemplari per le edizioni Danese di Milano – Nel 1933 proseguì la ricerca di opere d’arte in movimento con le macchine inutili, oggetti appesi, dove tutti gli elementi sono in rapporto armonico tra loro, per misure, forme, pesi, etc. – Durante un viaggio a Parigi nel 1933, incontrò Louis Aragon e André Breton – Dal 1939 al 1945 lavorò come grafico presso l’editore Mondadori, e come art director della rivista Tempo, cominciando contemporaneamente a scrivere libri per l’infanzia, inizialmente pensati per il figlio Alberto – Nel 1948, insieme a Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Galliano Mazzon e Atanasio Soldati fondò il Movimento Arte Concreta – Negli anni cinquanta le sue ricerche visive lo portano a creare i negativi-positivi, quadri astratti con i quali l’autore lasciava libero lo spettatore di scegliere la forma in primo piano da quella di sfondo – Nel 1951 presentò le macchine aritmiche in cui il movimento ripetitivo della macchina viene spezzato dalla casualità mediante interventi umoristici – Sempre degli anni cinquanta sono i libri illeggibili in cui il racconto è puramente visivo – Nel 1953 presentò la ricerca il mare come artigiano recuperando oggetti lavorati dal mare – Nel 1954 utilizzando le lenti Polaroid costruì oggetti d’arte cinetica noti come Polariscopi grazie ai quali era possibile utilizzare il fenomeno della scomposizione della luce a fini estetici – Nel 1955 creò il museo immaginario delle isole Eolie dove nascono le ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari, composizioni astratte al limite tra antropologia, humour e fantasia – Nel 1958 modellando i rebbi delle forchette creò un linguaggio di segni per mezzo di forchette parlanti – Sempre nel 1958 presentò le sculture da viaggio che sono una rivisitazione rivoluzionaria del concetto di scultura, non più monumentale ma da viaggio, a disposizione dei nuovi nomadi del mondo globalizzato di oggi. Nel 1959 creò i fossili del 2000 che con vena umoristica fanno riflettere sull’obsolescenza della tecnologia moderna. Negli anni sessanta diventrono sempre più frequenti i viaggi in Giappone, verso la cui cultura Munari sentiva un’affinità crescente, trovando precisi riscontri al suo interesse per lo spirito zen, l’asimmetria, il design e l’imballaggio nella tradizione giapponese – Nel 1965 a Tokyo progettò una fontana a 5 gocce che cadono in modo casuale in punti prefissati, generando una intersezione di onde, i cui suoni, raccolti da microfoni posti sott’acqua, vengono riproposti amplificati nella piazza che ospita l’installazione – Negli anni sessanta si dedicò: alle opere seriali con realizzazioni come aconà biconbì, sfere doppie, nove sfere in colonna, tetracono (1961-1965) o flexy (1968); alle sperimentazioni visive con la macchina fotocopiatrice (1964); alle performance con l’azione far vedere l’aria (Como, 1968); alle sperimentazioni cinematografiche con i film i colori della luce (musiche di Luciano Berio) , inox, moire (musiche di Pietro Grossi ), tempo nel tempo, scacco matto, sulle scale mobili (1963-64). Infatti, insieme a Marcello Piccardo e ai suoi cinque figli a Cardina, sulla collina di Monteolimpino a Como, tra il 1962 e il 1972 realizzò pellicole cinematografiche d’avanguardia – Da questa esperienza nacque la “Cineteca di Monteolimpino – Centro Internazione del film di ricerca”- A Cardina, conosciuta anche come “La collina del cinema”, Bruno Munari visse e lavorò a lungo tutte le estati, fino agli ultimi anni della sua vita – La sua abitazione-laboratorio, tuttora esistente e oggi sede dell’Associazione Cardina, era situata proprio in fondo alla strada carrozzabile, in via Conconi, di fronte al ristorante Crotto del Lupo – Nel libro “La collina del cinema” di Marcello Piccardo (NodoLibri, Como 1992) è riassunta l’esperienza di quegli anni – Nel racconto “Alta tensione” (1991) di Bruno Munari, l’artista espone il suo stretto rapporto con i boschi della collina di Cardina. Nel 1974 esplorò le possibilità frattali della curva che prende il nome del matematico italiano Guseppe Peano, curva che Munari riempì di colori a scopi puramente estetici. Nel 1977, a coronamento dell’interesse costante verso il mondo dell’infanzia, creò il primo laboratorio per bambini in un museo, presso la Pinacoteca di Brera, a Milano – Negli anni ottanta e novanta la sua creatività non si esaurì e realizzò diversi cicli di opere: le sculture filipesi (1981), le costruzioni grafiche dei nomi di amici e collezionisti (dal 1982), i rotori (1989), le strutture alta tensione (1990), le grandi sculture in acciaio corten esposte sul lungomare di Napoli, Cesenatico, Riva del Garda, Cantù, gli xeroritratti (1991), gli ideogrammi materici alberi (1993) – Dopo vari e importanti riconoscimenti in onore della sua attività vastissima, Munari realizzò la sua ultima opera pochi mesi prima di morire a 91 anni nella sua città natale. (https://it.wikipedia.org › wiki › Bruno_Munari)
PIANEZZOLA POMPEO
Il ceramista e designer Pompeo Pianezzola nacque a Nove (VI), nel 1925 – Iniziò giovanissimo la sua attività di ceramista lavorando come apprendista presso la manifattura ceramica “Antonibon -Barettoni” e studiando presso il locale Istituto d’Arte G. Fabris – Successivamente frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia – Nel 1939 entrò alla “Antonibon -Barettoni” con la qualifica di decoratore – Insegnò alI’Istituto d’Arte di Nove dal 1945 al 1977 assumendone la direzione negli anni 1963-1968 – Nel 1949 gli venne data la possibilità di aprire un proprio studio di pittura alla “Barettoni” – Negli anni Cinquanta partecipò con importanti pittori a mostre di pittura e ceramica in Italia e all’estero – Nel 1953 venne invitato dall’Associazione Artisti delle Arti Figurative alla XXIII Mostra d’Arte, presso la Basilica Palladiana di Vicenza – Nel 1957 aprì una propria manifattura, in via Molini 77 a Nove, dove realizzò produzioni sia artistiche che commerciali e nel contempo collaborava come designer con la manifattura ceramica trevigiana “Appiani” e la “Zanolli&Sebellin” di Nove – Nel 1962 si classificò al primo posto al concorso di Gualdo Tadino e nel 1963 vinse il Premio Faenza, con un grande scudo oro su nero, ex aequo con altri artisti – In questi stessi anni realizzava alcuni decori per piatti ispirati ai dipinti del Tiepolo e del Guardi e prodotti dalla manifattura novese “Antonibon” – Risultò primo al Saie di Bologna nelle edizioni del 1968 e 1970 e all’International Ceramics di Nagoya, in Giappone, nel 1974 – Nel 1963, dopo aver vinto il Premio Faenza, si ritirò dall’attività produttiva vera e propria ed venne nominato direttore dell”Istituto d’Arte di Nove”- In questi anni abbandonò la ceramica per realizzare sculture in plexiglass, metallo e vetro – Ma nel 1974 tornò all’antico amore, partecipando al II° Simposium Internazionale della Ceramica di Nove e, nel 1978, partecipando alla prima rassegna “Scultori ceramisti veneti” – Per alcuni anni lasciò di nuovo la ceramica fin al 1992 quando partecipò alla mostra di Mulhouse alla Maison de la Ceramique e presentò a Pechino la personale “Ceramica, sentimento del Tempo” – Pompeo Pianezzola morì a Bassano del Grappa) nel 2012. (http://www.archivioceramica.com/CERAMISTI/P/Pianezzola Pompeo.htm
PONTI GIOVANNI detto Gio
Nacque a Milano il 18 novembre 1891 da Enrico Ponti e da Giovanna Rigone, e morì in questa città il 16 settembre 1979 – Dopo il liceo classico, nel 1913, si iscrisse alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, ma potrà laurearsi solo alla fine della prima guerra mondiale cui partecipò nonostante la salute inizialmente cagionevole, in prima linea, riportandone alcune decorazioni sul campo e numerosi ritratti ad acquerello dei compagni d’armi – Durante la guerra visitò le architetture del Palladio – Rientrato a Milano, si avvicinò al gruppo dei “neoclassici milanesi”- Nel 1921 si laureò al Politecnico di Milano e si sposò con Giulia Vimercati con la quale ebbe quattro figli – Nel 1923 collaborò con la manifattura ceramica Richard-Ginori (fino al 1938) realizzando un rinnovamento della produzione – Nel 1923 presenterà porcellane e maioliche, d’ispirazione classica, alla Prima Mostra Internazionale di Arti Decorative di Monza – Qui Ponti incontrò il critico Ugo Ojetti, figura di riferimento per la sua formazione – Nel 1925 andò ad abitare in una palazzian di Via Randaccio a Milano: sarà la sua prima casa progettata – Nel 1927 aprì il suo primo studio a Milano con l’archi. Emilio Lancia (1927-1933) – La “conformazione classica”, come egli stesso diceva, la passione per la pittura (avrebbe voluto essere pittore) e per le arti decorative costituiranno la matrice da cui si svilupperà il primo linguaggio pontiano – Centrale fu un inedito approccio al tema dell’abitazione – Di questi anni è la villa Bouilhet a Garches presso Parigi: in essa si fondono architettura, interni e decorazione – Nel 1928 fondò con Gianni Mazzocchi la rivista “Domus”, che rappresenterà il suo strumento di elaborazione e diffusione delle nuove idee progettuali, in architettura, nel disegno di arredo e nelle arti decorative – Il concetto di italianità, unito a un avvicinamento alle teorie razionaliste, lo condurrà a concepire le prime ”Case tipiche” emblematicamente denominate “Domus” – nel 1930 prenderà avvio il suo coinvolgimento nelle Triennali di Milano (1930, 1933 (la “sua” Triennale), 1936, 1940, 1951) – Nel 1931 iniziò la collaborazione con la “Luigi Fontana” (dall’anno successivo “Fontana Arte” di cui assumerà la direzione artistica) – Nel 1933 terminò, con la casa-torre Rasini in corso Venezia a Milano, l’associazione professionale con Emilio Lancia – Nuova l’amicizia con il pittore Massimo Campigli – Inoltre si associerà con Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-1945) – Da questo sodalizio nasceranno importanti progetti e realizzazioni: edifici scolastici (Scuola di Matematica alla Città Universitaria di Roma, Facoltà di Lettere e Rettorato dell’Università di Padova), edifici per uffici (Palazzo Montecatini) ed edifici residenziali (Casa Marmont in via Gustavo Modena a Milano, Casa Laporte in via Brin a Milano e Villa Donegani a Bordighera) – Alle grandi opere si affiancherà una vasta e proficua produzione nel campo dell’arredo, in cui si fondono funzionalità ed eleganza formale – Nel 1936 diventò docente del corso di interni, arredamento e decorazione presso il Politecnico di Milano (dal 1936 al 1961) – Nel 1938 Ponti conobbe Bernard Rudofsky – Si avviò una nuova fase progettuale, caratterizzata dal riferimento ad una ideale architettura mediterranea – Nel 1941 Ponti, abbandonata temporaneamente la direzione di “Domus”, creò per l’editore Garzanti la rivista “Stile”, che dirigerà fino al 1947, portando avanti il suo programma di diffusione della cultura artistica e architettonica, per la formazione di un’inedita “cultura dell’abitare” – In questi anni si verificherà un progressivo allontanamento di Ponti dalla committenza pubblica ufficiale e un rinnovato interesse per le arti decorative (collaborazioni con Venini e De Poli), per la pittura e per la scenografia teatrale – Nell’immediato dopoguerra assisteremo da un lato a un forte coinvolgimento, teorico e pratico, sul tema della ricostruzione, dall’altro a un netto rinnovamento formale: il volume lascia il posto alla superficie, alla ricerca di luminosità e fluidità spaziale – Nel 1952 nacque lo Studio Ponti, Fornaroli, e Rosselli – Nel 1954 Ponti inventò il premio Compasso d’Oro e, nello stesso anno, partecipò alla nascita, per conto di Alberto Rosselli, socio e genero, della rivista “Stile Industria” – La teoria della ”forma finita”, punto cardine dell’opera di Ponti, coinvolgerà tutti i livelli della progettazione: dagli oggetti più minuti alle grandi architetture – La forma “a diamante” ne è il codice – Nel campo dell’arredo l’ideazione toccherà a un vertice con le “pareti organizzate”: mobile autoilluminante, pannello-cruscotto, finestra arredata – Queste invenzioni troveranno una esemplare applicazione nelle ville dei primi anni Cinquanta: a Caracas, Villa Planchart e Villa Arreaza; a Teheran, Villa Nemazee – Nel 1956 il capolavoro da tutti riconosciuto: il Grattacielo Pirelli a Milano – Nel 1957 Ponti pubblicò “Amate l’Architettura” – Progettò la casa di Via Dezza, adiacente allo studio, dove abiterà da allora in poi, in un appartamento espressione della sua “cultura dell’abitare”, delle sue passioni e dei suoi temi – Nel 1964 gli edifici religiosi a Milano (la chiesa di San Francesco, 1964, e la chiesa di San Carlo Borromeo, 1966) rappresenteranno un’evidente tendenza alla smaterializzazione, anticipando alcune delle opere del decennio successivo – Negli anni Sessanta i viaggi di Ponti si sposteranno dall’America Latina all’Oriente: realizzerà gli edifici ministeriali di lslamabad in Pakistan, una villa per Daniel Koo a Hong Kong e alcune importanti facciate per grandi magazzini (a Singapore, a Hong Kong, a Eindhoven in Olanda) – Nel 1970 a ottant’anni Gio Ponti realizzò ancora opere memorabili quali la Concattedrale di Taranto (1970) ed il Denver Art Museum – L’architettura è ormai un foglio traforato – Dipingerà su perspex, piegherà con l’argentiere Sabattini sottili lastre metalliche, penserà tessuti, pavimenti, facciate. Il colore è predominante – 1979 – Morirà a Milano, nella casa di via Dezza, il 16 settembre. (https://it.wikipedia.org › wiki › Gio_Ponti)
PULITZER NATASHA
Architetto (Università IUAV di Venezia) si occupa di problemi ambientali dagli anni settanta. Nata a Tesuque, (Santa Fe, Nuovo Messico, USA), figlia d’arte di una famiglia cosmopolita vive e lavora da quarant’anni nel Veneto con Sergio Los, e con lui è considerata a livello internazionale fra i pionieri della sostenibilità. È responsabile di SYNERGIA, una società di servizi fondata nei primi anni ’80, che da allora si dedica all’arte e alla scienza dell’Architettura Bioclimatica: l’attività di ricerca e formazione si realizza in progetti sempre a livello multiscala info@ synergiaprogetti.com) . I figli, Sophia Los e Pietro Los, continuano in modo creativo e innovando la tradizione di famiglia.(https://www.natashapulitzer.com/it/about.html)
SCARPA CARLO ALBERTO
Nacque il 2 giugno 1906 a Venezia – Trascorse la sua infanzia a Vicenza – Nel 1919 ritornò a Venezia per studiare presso l’Accademia di Belle Arti – Qui conobbe l’architetto anconitano Guido Cirilli e il veneziano Vincenzo Rinaldo, di cui divenne assistente e del quale nel 1934 sposò la nipote Nini Lazzari (Onorina Lazzari) – Mentre ancora studiava all’Accademia, ottenne il primo incarico professionale, iniziando a collaborare come progettista con alcuni vetrai di Murano – Nel 1926 ottenne l’abilitazione in Disegno architettonico e fino al 1931 lavorò nello studio veneziano di Guido Cirilli, che poi affiancò come assistente universitario presso l’Istituto Superiore di Architettura di Venezia fondato quello stesso anno – Ereditò dal Cirilli l’attenzione per i dettagli e per la qualità dei materiali costruttivi – Dal 1927 al 1930, mentre insegnava, lavorò anche per la vetreria artistica di Murano MVM Capellin & Co. – Alla fine degli anni venti realizzò i suoi primi arredamenti e cominciò a frequentare gli ambienti intellettuali e artistici veneziani, nei quali conobbe e si legò con personaggi come Giuseppe Ungaretti, Carlo Carrà, Lionello Venturi, Diego Valeri, Giacomo Nobenta, Arturo Marini, Mario Deluigi, Bice Lazzari e Felice Casorati – A partire dal 1932 iniziò a lavorare con la vetreria di Paolo Venini , della quale fu nominato direttore artistico, incarico che mantenne fino al 1946 – La collaborazione con Venini si protrasse fino al 1947: di grande innovazione sono sia i disegni, che le tecniche produttive dei modelli – Le sue prime esposizioni avvennero nel 1932 alla Biennale di Venezia e, due anni dopo, alla Triennale di Milano – Al compimento dei suoi trent’anni, tra il 1935 e il 1937, Scarpa realizzò la sua prima opera impegnativa, la sistemazione della Ca’ Foscari di Venezia, sede dell’omonima università – Tale opera, che vide un’ulteriore modifica tra il 1955 e il 1957, risultò essere uno dei più innovativi progetti di restauro di quel periodo – La sua attività non venne interrotta nemmeno durante laseconda guerra mondiale anche se, naturalmente, dopo il 1945 essa riprenderà più vigorosa. Di rilievo fu la realizzazione all’inizio degli anni cinquanta del Padiglione del Libro nei giardini della Biennale, nel quale sono evidenti alcuni temi wrightiani – In seguito incontrò di persona Frank Lloyd Wright e ciò lo portò a una sua ancora maggiore influenza nelle sue opere degli anni successivi, in particolare per il progetto del 1953 di Villa Zoppas a Conegliano – Nel 1956 ottenne il Premio Nazionale Olivetti per l’architettura e la stessa azienda gli commissionò la sistemazione di uno spazio espositivo Olivetti in piazza San Marco a Venezia. Nello stesso anno venne accusato dall’ Ordine degli Architetti di esercitare la professione illegalmente e quindi portato in tribunale – Ricevette numerosi importanti riconoscimenti tra cui, oltre al Premio Olivetti, il Premio IN/Arch. (1962) e la Medaglia d’oro del Ministero per la Pubblica Istruzione per la cultura e l’arte (1962), il Premio della Presidenza della Repubblica per l’architettura (1967). È stato membro del Royal British Institute of Design (1970), dell’Accademia Olimpica di Vicenza e dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma (1976) – La sua opera venne presentata in Italia e all’estero in importanti mostre personali presso il Museum of Modern Art di New York nel 1966, la Biennale di Venezia nel 1968, la Heinz Gallery di Londra, l’Institut de l’Environnement a Parigi, e infine a Barcellona nel 1978 – Nel 1972 divenne direttore dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, dal quale nel 1978 ricevette una laurea honoris causa in architettura, ponendo così fine alla diatriba sulla legittimità del suo operato – Non poté tuttavia partecipare alla cerimonia di consegna, in quanto il 28 novembre dello stesso anno morì in Giappone a causa di un incidente – In quel giorno a Sendai pioveva – Scarpa non volle uscire ma, nello scendere la scala dell’albergo, che portava ai negozi del sotto-suolo, cadde e successivamente morì in ospedale per le conseguenze del trauma cranico – La laurea fu consegnata alla famiglia nel 1983. (https://it.wikipedia.org › wiki › Carlo_Scarpa)
SCARPA TOBIA
Figlio dell’architetto e designer Carlo Scarpa, nacque a Venezia il 1º gennaio del 1935 – Laureatosi nel 1957 insieme alla futura moglie e collega Afra Bianchin (Montebelluna 28 marzo 1937 – Trevignano 30 luglio 2011) nella Università IUAV di Venezia, dal 1957 al 1961 Tobia lavorò come designer del vetro alla vetreria di Murano Venini , prima di aprire con Afra Bianchin un ufficio di design a Montebelluna (TV) – Nel 1960 vi fu la prima collaborazione con Gavina, per il quale disegnarono la poltrona Bastiano, la sedia Pigreco e il letto di metallo Vanessa – Quest’ultimo venne rieditato nel 2005 da Cassina nella collezione SimonCollezione, come gli altri arredi un tempo prodotti da Simon. In seguito progettarono per B&B Italia le poltrone Coronado ed Erasmo, per Cassina le poltrone Soriana grazie alla quale vinse nel 1970 il Compasso d’Oro , e per Meritalia, la sedia Libertà, esposta al Louvre – Dal 1960 diventarono, insieme agli architetti Castiglioni, progettisti alla Flos – Nel 1964 collaborarono con l’azienda di abbigliamento Benetton per progettare la prima fabbrica tessile della compagnia. I coniugi Scarpa disegnarono vari negozi Benetton in tutto il mondo, fra cui quello di Friburgo , Parigi e Nex York – Nel 1973 disegnarono la lampada Papillona per Flos, una delle prime ad usare tecnologia alogena. I due, in sequito, lavorarono anche per Fabbian, con le lampade Saturnina e Galeto, e per Veas, con la lampada di metallo Scandola – Nel 1992 per il suo lavoro ricevette il prestigioso premio “IF Industrie Forum Design Hannover” – Dal 2002, insegnante nel Dipartimento di Design dell’Università IUAV di Venezia – Scarpa, dal 2004 al 2007, sempre con la Bianchin, partecipò al restauro di palazzi storici italiani, fra cui il Palazzo della Ragione Verona – Dal 2017 fa parte del comitato scientifico, con A. Ferlenga eM. Petranzan, della collana di architettura “Obliqua Imagines“, diretta da Silvia Cattiodoro.
TASCA ALESSIO
Nacque a Nove (VI) il 13 agosto 1929 – Il suo costante interesse per la ceramica lo indirizzò sia verso l’arte applicata sia verso la scultura – Dopo una prima esperienza nel laboratorio di ceramica di Giovanni Petucco frequentò, sotto la guida di Andrea Parini, la Scuola d’Arte di Nove dove svolse attività di insegnante dal 1948 al 1979, una volta completa la sua formazione negli Istituti d’Arte di Venezia e di Firenze dove fu allievo di Mario Morelli – Nel 1948 fondò, insieme ai fratelli Marco e Flavio , la manifattura ceramica “Tasca Artigiani Ceramisti” – Protagonista del rinnovamento della ceramica veneta partecipò alla Biennale di Venezia del 1950 e alla Triennale di Milano del 1951 – Nel 1961, lasciata la “Tasca Artigiani Ceramisti” ai fratelli, apri un proprio laboratorio dove realizzò le note maioliche in “rosso aragosta” (Premio Palladio 1962, ’63 e ’64) e dove dal 1967 realizzò, con l’ausilio della trafila, una produzione di serie tra le più originali, con riconoscimenti per la qualità e l’innovazione nel campo della ceramica (Biennale di Venezia, Triennale di Milano, ecc.) – In questi anni all’attività artistica, affiancò quella didattica all’Istituto d’Arte di Nove che portò avanti per oltre ventanni – Il ritorno alla scultura negli anni ’70 fu contrassegnato dalla estrusione di opere uniche: il ciclo delle sfere e in seguito le opere in verticale, caratterizzate da una forte espressività – Partecipò alla mostra della ceramica italiana del Victoria and Albert Museum di Londra del 1972, alle Biennali di Gubbio del 1974 e del ’76 – Nel 1979 si trasferì a Rivarotta (Bassano del Grappa) e restaurò un antico manufatto dove rinvdenne il deposito di cocci di una importante fornace seicentesca – Nel 1992 eseguì per il Comune di Nove l’opera “Mura Antonibon”, raccontando in grandi pannelli la storia del paese e dei suoi ceramisti – Tra i più importanti maestri dell’arte ceramica italiana contemporanea Alessio Tasca affiancò alla produzione in piccola serie di oggetti d’uso e d’arredamento la creazione di pezzi unici di grandi dimensioni e grandi strutture modulari prive di decoro le cui superfici si avvalsero dei chiaroscuri creati, dagli ingobbi, dalle incisioni e dai graffi realizzati sull’argilla ancora fresca – Di grande notorietà e successo anche le sue opere sculturee realizzate alla trafila – Alessio Tasca morì a Heilbron, in Germania, il 28 gennaio 2020.( http://www.archivioceramica.com/CERAMISTIT/Tasca%20alessio.htm)
UMBRO APOLLONIO
Nacque a Trieste il 20 aprile 1911, e morì a Bassano del Grappa il 22 aprile 1981 – E’ stato un critico d’arte, saggista e accademico italiano – Fu docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Univesità di Padova – Curò l’Archivio di Italo Svevo comprese le sue opere indedite – Conservatore dell’Archivio Storico d’Arte contemporanea della Biennale di Venezia, coadiutore delle mostre d’arte e direttore della rivista La Biennale di Venezia, scrisse molti saggi critici sui maggiori esponenti della pittura moderna e contemporanea, spaziando fino all’arte cinetica e programmata – Pubblicista dal 1931 sulle maggiori riviste internazionali di cultura tra cui Art International, fu autore di alcune voci della Enciclopedia dell’arte, del Dizionario delle opere, dell’Enciclopedia Universo, dell’Enciclopedia di Scienze e Arti, dell’Enciclopedia Le Muse – La molteplicità dei contesti in cui dedicò il suo lavoro lo portò alla divulgazione dell’arte moderna con conferenze e lezioni universitarie in paesi di tutto il mondo – Fece inoltre parte di molte giurie nazionali, e internazionali, curando anche innumerevoli esposizioni e diverse retrospettive. (https://it.wikipedia.org › wiki › Umbro_Apollonio)
WENTER MARINI GIORGIO
Nacque a Rovereto l’8 febbraio 1890 da Giuseppe Wenter e Maria Marini – Dal 1901 al 1909 studiò presso la Scuola Reale Elisabettiana di Rovereto; in seguito si iscrisse alla facoltà di Architettura della Regia Scuola Tecnica di Monaco.di Baviera, dove si laureò ingegnere-architetto nel 1914 – Nel 1912 fu tra i fondatori del Circolo artistico trentino insieme ad altri come Luigi Bonazza, Luigi Ratini, Oddone Tomasi, Cesare Covi. ed Ettore Sottosass – Dopo la laurea svolse il praticantato lavorando alla ricostruzione di Stenico, distrutto da un incendio – Allo scoppio della prima guerra mondiale fuggì in Italia, proseguendo il praticantato a Roma dove collaborò con Giacomo Boni e con gli archeologi Paolo Orsi e Federico Halbher – Nel 1916 entrò nello studio di Marcello Piacentini lavorando al progetto di restauro del centro storico di Bologna – Nel 1919 fu nominato dall’arcivescovo di Trento Celestino Endrici consigliere per l’Opera di Soccorso delle chiese danneggiate dalla guerra – L’anno seguente la provincia di Trento lo assunse per la manutenzione dei propri edifici – Nel frattempo si dedicò anche alla libera professione, realizzando i lavori decorativi dei caffè “Europa” e “Alla speranza ” di Trento, il castello dell’Istituto agrario provinciale di San Michele all’Adige e casa Bresadola ad Arco – Nel 1922 progettò l’ampliamento dell’Istituto educativo provinciale di Sant’Ilario a Stropparolo, vicino a Rovereto – Il lavoro venne però molto discusso e alla fine fu bloccato a causa di una presunta eccessiva aderenza ai canoni estetici tedeschi – In questo periodo realizzò opere a graffito nella chiesa della Madonna del Carmelo a Rovereto, il timpano di quella di Dasindo, il Tabernacolo di Montagnaga e la cappella del cimitero di Malosco – Nel 1927 Wenter Marini fu licenziato dalla provincia di Trento a causa di un esubero di personale – Lasciò quindi la professione per dedicarsi all’insegnamento, dapprima alla Regia Scuola d’Arte Industriale di Cortina d’Ampezzo (1928–1931), poi alla Regia Scuola professionale del mobile e del merletto di Cantù (1931–1934) e in seguito a Padova dove dirisse l’Istituto d’Arte Pietro Selvatico (1934 – L’anno seguente si trasferì a Venezia per insegnare architettura e costruzioni presso l’Istituto Statale d’Arte – Dal 1938 diventò docente di Architettura degli interni, arredamento e decorazione presso l’Istituto Universitario di Architettura e dal 1953 fu direttore dell’Istituto Statale d’Arte – Dal 1957 al 1961 fu in servizio alla Soprintendenza per i monumenti della città – Si spense a Venezia il 24 novembre 1973. ( https://it.wikipedia.org › wiki › Giorgio_Wenter_Marini)