BORSO DEL GRAPPA – SEMONZO – LA CHIESA PARROCCHIALE

 

CHIESA PARROCCHIALE DI SEMONZO

Titolare: San Severo, vescovo (1 febbraio)

 

di Vasco Bordignon 

 

CENNI STORICI 

 

Il toponimo Semonzo (come “Somontium”) compare la prima volta il 29 aprile 1085 nella donazione di Ermizza e familiari alla Abbazia dei Ss. Eufemia e Pietro di Villanova, ora Abbazia Pisani: ”nel territorio di Treviso  nel luogo e nella proprietà (detta) Casale tre masserizie … la terza lavorata, gestita da (un certo) Somonzio nella località che viene detta Somonzio “[in comitatu Tarvisiano in loco et fundo Casale massaricias tres: … tertia regitur per Somontium in villa que dicitur Somontium] (NB. il luogo dà nome al conduttore). 

La decima papale del 1297 elenca in diocesi di Treviso nella pieve di S. Maria di Loreggia la “capella S. Martini de Semoncio”, che è senz’altro da identificare con la chiesa di S. Martino sul Colle della Rocca a Semonzetto nel basso territorio di Semonzo, scomparsa dopo il 1554.  

Quella rocca apparteneva all’episcopato di Treviso, cui il 3 maggio 1152 Eugenio II ne confermò il possesso. 

Ma in diocesi di Padova la decima papale del 1297 elenca la chiesa di San Severo di Semonzo o di Casale [l’”ecclesia S. Severi de Submontio vel de Casale”], soggetta alla pieve di Sant’Eulalia e retta da prete Avanzo, scusato dal pagamento. L’eguaglianza dei toponimi e del titolare San Severo, vescovo di Ravenna e del nome del beneficiario, il prete Avanzo, fa sospettare che si tratti della stessa località o di due parti di essa elencate distintamente perché soggette a pievi diverse. 

La prima visita pastorale, quella del 25 settembre del 1488, dice che il vescovo Barozzi visitò la chiesa di San Severo facente parte della pieve di Sant’Eulalia [“visitavit ecclesiam S. Severi de Casali plebis S. Eulalie”].

Ancora non è detta Semonzo toponimo però che compare nel seguito della relazione a proposito d’un legato fatto da “Bono Moxandino de Submontio”.

La chiesa aveva una sola navata con tre altari, ma era quasi quadrata; non poteva essere prolungata se non ad oriente. 

Se i suoi redditi, ”come dal consenso della assemblea dei capifamiglia (vicinia)  sarebbero stati destinati alla (sua)n costruzione,  si sarebbero impiegati  3 o 4 anni per portare a compimento tutta l’opera [” de consensu maioris partis [regulae] ad fabricam destinarentur, tribus aut quatuor annin totum hoc opus perficeretur”].  

Di fatto quando circa 30 anni dopo, il 21 ottobre 1519, l’arcivescovo Girolamo de Santi, suffraganeo del vescovo Marco Corner, visitò la chiesa parrocchiale dei Santi Severo e Brigida di Semonzo, diocesi di Padova e distretto di Treviso, chiesa che è una cappella della pieve di Sant’Eulalia [“parrochialem ecclesiam Ss. Severi et Brigite de Sumontio paduane diocesis et districuts tarvisini, que est capella plebis sancte Eulalie”], trovò la chiesa, un tempo vecchia e a rischio di crollo, ben restaurata e con una nuova copertura. Vi era pure un nuovo presbiterio a guisa di un’ampia volta  [“cum vetus esset et ruinam minaretur, reparata noviter existit in meliorem et coperta de novo. Capella magna ad instar testudinis de novo fabricata existit”] e all’indomani  ne consacrò l’altare.

La chiesa misurava circa 22 metri di lunghezza e 13 di larghezza.

Non sappiamo se già prima assieme a Severo, avesse per titolare anche S. Brigida o quest’ultima sia stata aggiunta solo allora; scomparve qualche secolo dopo.

Inoltre nella visita del 1519 si dice che il campanile è a rischio di crollo e che ha una sola campana e per di più anche piccola [“Campanile minatur ruinam et habet solumnodo unam campanam admodum parvula”]; tuttavia in quella seguente il visitatore trovò il campanile in buono stato con alcune campanelle [“campanile bonum cum quisbundam campanulis”]. 

Poco più di due secoli dopo, dal 1750 al 1756 la chiesa fu ricostruita ad una sola navata di stile ionico e, come dice l’iscrizione dietro l’altare maggiore, si cominciò a celebrarvi il 2 maggio 1756.

La facciata fu terminata l’anno dopo e il soffitto con le sue pitture nel 1758 (?).

         A questo punto abbandonando la fonte diocesana del 1972, partendo da dati ricavati dal lavoro di Gabriele Farronato del 2008, ritengo opportuno ampliare le notizie di questo importante periodo (1750 – 1775) per la chiesa in oggetto.

La Chiesa attuale rappresenta sostanzialmente il risultato dell’ampliamento, delle modifiche strutturali interne, delle rifiniture e delle opere pittoriche, lavori che iniziarono nel 1750 e si conclusero nel 1775.

I lavori dal 1750 al 1756 furono i più difficili e contrastati in quanto, per ampliare la chiesa allora posta in direzione est-ovest, si doveva mutare la posizione dell’altare maggiore portandolo a settentrionale, verso la montagna, abbattendo anche il campanile esistente. Questi lavori portarono un nuovo spazio di ampliamento dalla metà della navata fino all’incirca a ridosso del nuovo altare maggiore. Con la nuova copertura nel 1756 la chiesa fu in grado di essere officiata: ciò avvenne il 2 maggio con grande solennità. Una lapide sul pavimento dietro il nuovo altare maggiore ricorda tale avvenimento.

Ma vi erano molti lavori ancora da fare.

Nel 1757 venne portata a termine la facciata, ritenuta opera, fino a pochi decenni orsono,  al Gaidon, quando varie approfondite ricerche hanno dimostrato concordemente essere opera di Giovanni Miazzi sia perché un Gaidon quindicenne non sarebbe stato in grado di operare una simile opera, sia per le caratteristiche intrinseche all’opera stessa: gli alti zoccoli, le quattro semicolonne, il frontone, l’iscrizione commemorativa, già presenti in altri lavori del Miazzi quali la Chiesa di Rosà, la Chiesa della SS.Trinità allora in Angarano e la chiesa di San Giovanni a Bassano.

Tra il 1757 e il 1758 si eseguì il trasferimento di due altari: a dx quello della Madonna  e a sx, di fronte, l’altare dedicato a San Valentino a quel tempo assai venerato. Un terzo altare, dopo quello di San Valentino, rappresentato dal vecchio altare maggiore, fu trasformato in quello di S. Antonio. Di fronte a quest’ultimo altare si doveva trovare uno spazio per il battistero, spazio occupato poi dal 1832 da un altare proveniente da San Nazario.

Al nuovo altare maggiore e agli altari della Madonna e di San Valentino vennero posti i nuovi paliotti, che illustreremo più avanti.

Nel 1759 si eseguì tutta la pavimentazione.

Tra il 1766 e il 1775 vennero eseguiti i lavori pittorici dei quattro evangelisiti opera di Antonio Zucchi (1726-1795), quelli della Fede e del soffitto opera di Giovanni Battista Canal  e il dipinto di Sant’Antonio opera di Pietro Argentini firmato 1775 

Il vescovo Giustiniani il 12 luglio 1776  la trovò nuova e ben costruita [“novae et nobilis structurae”]. Fu consacrata nel 1842 dal vescovo titolare di Mindo, Govanni Battista sartori Canova, fratellastro di Antonio Canova.

Il Campanile in cotto a torre alta 40 metri fu inaugurato nel 1907.

(da La diocesi di Padova 1972)

 

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la chiesa e il campanile da lontano tra il verde della pedemontana 

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la facciata incorniciata dal verde della vegetazione 

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l’elegante, caratteristica, facciata del Miazzi

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l’iscrizione commemorativa

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il campanile del 1907

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in questo dettaglio della pala dell’altare maggiore viene rappresentata la chiesa e il campanile esistente nel 1856, data dell’esecuzione. Come si può notare  il campanile appare più basso della della chiesa e pertanto il suono delle sue campane non venivano ben percepite dagli abitanti di alcune contrade, con grande disappunto. Nel 1897 il nuovo parroco don Domenico Berton, resosi conto che il vecchio campanile era anche a rischio di crollo decise di costruirne uno nuovo affidandone il progetto all’ing. Augusto Zardo (1860-1914). La prima pietra del nuovo campanile è del 1897, la conclusione del 1905. Nel 1907  vi fu l’inaugurazione con l’inserimento delle nuove campane e relativo concento.

INTERNO DELLA CHIESA 

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visione della chiesa da sud: si evidenzia il prebisterio e parte della navata

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parete ovest della navata 

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parete est della navata

 Come di può vedere le pareti est ed ovest della navata sono alleggerite e movimentate da strutture architettoniche a volta e da strutture verticali (lesene/paraste), terminanti con ampie finestre emisferiche. Le due pareti est ed ovest si innestano al presbiterio e alla parete sud con uno spazio verticale dove sono stati dipinti gli evengelisti, creando un’aula a perimetro poligonale. Il soffitto è a volta a “schifo” o a specchio, lasciando spazio per un  grande affresco.

Nella parete sud, sopra la porta d’ingresso principale, vi è l’organo che in parte offusca il dipinto della Fede (vedi oltre).

 

IL PRESBITERIO 

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il presbiterio nel suo insieme

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la semplice ma efficace volta a croce

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Il presbiterio è separato dall’aula da 4 gradini, e un po’ al di sopra a questi, a sx, si erge un un grande crocefisso altoatesino del XX secolo, e  sempre a sx in linea quasi diretta con il Crocefisso, su un gradino, vi è la statua di Padre Pio con i segni delle stigmate;

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a  dx, prima di arrivare alla sacrestia, vi è una grande scultura in legno, opera datata 1999, dello scultore Michelino Fabbian (nato nel 1949 a Borso del Grappa ed ivi residente), raffigurante la Madonna con il Bambino protettrice, come si vede, degli amanti del volo in parapendio.

Superati gli scalini, all’estrema destra è posto il fonte battesimale. Poco più avanti, centralmente vi è l’altare conciliare.

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A debita distanza l’altare maggiore, del 1756, dalle linee semplici,  con un imponente ciborio, che in parte oscura la Pala di San Severo.

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Interessante il paliotto che tra volute e arricciamenti marmorei colorati dà risalto al centro ad un calice con l’Ostia ricordando il significato del sacrificio di Cristo e della sua transustanziazione; al di sotto del calice vi è la rappresentazione dell’episodio del centurione: Il centurione, sentendo che Gesù era entrato in Cafarnao, si portò subito da lui e, caldamente pregandolo, gli disse: «Signore, il mio servo giace in casa affetto da paralisi e sta assai male». Gesù gli rispose: «Verrò e lo guarirò». Il centurione replicò: «Signore, io non son degno che voi mettiate piede sotto il mio tetto; dite soltanto una parola e il mio servo sarà guarito, perché io stesso, che sono un semplice uomo dipendente, avendo dei soldati sotto di me, dico ad uno che vada ed egli va, all’altro che venga ed egli viene ed al mio servo: – fa questo – ed egli lo fa prontamente». Gesù, all’udire un pagano parlare in questo modo, ne fece le meraviglie e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico che non ho trovato una fede così grande in tutta Israele» e, rivolto al Centurione, gli disse: «Va e ti sia fatto secondo la fede che hai avuto» ed in quell’ora il servo fu completamente guarito.

 

Sopra l’altare vi è il baldacchino in legno dorato.

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A dx e a sx dell’altare maggiore ci sono due statue rappresentate da due angeli: a dx con le mani giunte e a sx con mani incrociate, e provengono da Pradipaldo (come da nota in Farronato, pag. 410)

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Dietro l’altare vi è la pala di San Severo di Giuseppe Pupin, del 1856. Il vescovo patrono in abiti vescovili tiene nella mano sx il lungo pastorale mentre la mano dx è intenta alla benedizione dell’effigie della chiesa di Semonzo sollevata verso di lui da un angelo. Il vescovo viene in questo suo atto illuminato da una intensa luce celestiale.  Interessante in questo quadro è la raffigurazione della chiesa come è stata vista dal Pupin (vedi biografie, personaggi) nel 1856. 

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a dx “la caduta e la raccolta della manna”

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a sx “l’ultima cena” 

Le pareti laterali sono arricchite dagli scranni del coro, sopra i quali sia a dx che a sx vi sono  due  grandi dipinti. 

A dx dipinto con “la caduta e la raccolta della manna” di Giuseppe Pupin, del 1858. Il quadro illustra il celebre raccolto della Bibbia, quando il popolo ebraico sfuggito dalla schiavitù egiziana con il miracoloso passaggio attraverso il mar rosso, durante l’avvicinamento, attraverso il deserto, alla terra promessa, pativa la fame e si lamentava con il suo Dio. E Dio inviò dal cielo uno “strano” cibo: la manna.

A sx dipinto ultima cena di Giuseppe Pupin del 1835. Questo dipinto rappresenta al centro la figura solitaria di Gesù nel momento in cui istituisce la Sacra Eucarestia, illuminato dal Cielo e da figure angeliche, attorniato dai due gruppi dei suoi discepoli in varie atteggiamenti di stupore. Al centro in basso vengono rappresentati i segni della lavanda dei piedi (la brocca, la bacinella e un telo tra di loro adagiato).

 

GLI EVANGELISTI

Come già accennato, negli spazi di collegamento tra le pareti laterali e la parete sud e il presbiterio vi sono dipinti gli Evangelisti (vengono attribuiti, assieme alla Fede della parete sud,  ad Antonio Zucchi 1726-1795; tale attribuzione mi trova alquanto perplesso confrontando altre sue opere)

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ok_-_003h_-_parete_est_-_presbiterio_-_san_giovanni_evangelista_di_antonio_zucchi_-_CIMG5103a ovest san Luca evangelista con il bue (ingresso) e san Giovanni evangelista con l’aquila (presbiterio)

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ad est san Matteo evagelista con l’angelo (ingresso) e san Marco evangelista con il leone (presbiterio)

 

PARETE OVEST (DX, da ingresso principale)

 

Altare di S. Antonio

 

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E’ in marmo rosso. La pala, firmata da Pietro Argentini pittore di Cavaso vissuto tra 1700-1800 (del quale, ad oggi,  non ho trovato nessuna notizia) raffigura Sant’Antonio da Padova assieme a San Bovo e a San Giuseppe.

Il paliotto raffigurava il calice con l’ostia in quanto un tempo rappresentava l’altare maggiore.  Con la costruzione della nuova chiesa è diventato parte degli altari minori e per questo il simbolo eucaristico è stato eliminato.

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Proseguendo verso il presbiterio troviamo l’altare di San Valentino. La pala infatti, di autore ignoto, non firmato, rappresenta il Santo rivestito di paramenti sacerdotali, mentre benedice una mamma con il bambino tra le braccia.

Il paliotto marmoreo rappresenta un particolare del “Battesimo di S. Lucilla da parte di San Valentino, opera pittorica di Jacopo da Ponte del 1575, presente al Museo civico.

 

PARETE EST (SX da ingresso principale)

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Altare di Santa Brigida di Svezia, rappresentata dal dipinto del 1994-1995 opera di Bruno Mascotto (del quale, ad oggi. non ho trovato notizia) : in questa pala si vede Santa Brigida in preghiera e in adorazione verso Gesù che le appare in alto.

L’altare è in biancone.

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Un tempo questo altare era dedicato a San Francesco d’Assisi, raffigurato in un dipinto con San Luigi Gonzaga e San Vincenzo Ferreri, il cui autore probabilmente è Giuseppe Pupin, datato 1836, tela attualmente in sacrestia.

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Proseguendo verso il presbiterio, sopra una porta d’ingresso laterale, vi è un dipinto della Madonna del Carmelo con in braccio Gesù bambino che tiene in evidenza uno scapolare ; sotto, perifericamente due angeli prendono nelle loro mani le mani di alcune anime del purgatorio per portarle a Maria sopra una candida nube attorniata da una corona di anime … L’autore è Giuseppe Pupin, nel 1843. 

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infine altare della Madonna col bambino, riferita anche come Madonna del Buon Volo

L’altare in marmo bianco di Carrara e’ dedicato alla Madonna, alla natività di Maria. La scena della nascita di Maria è scolpita nel paliotto.

Nella nicchia dell’altare è riposta una statua della Madonna con Gesù Bambino in braccio che porta lo scettro in mano.  Ex-voto del semonzese Cervellin Isidoro, salvato dalla cecità, opera dello  scultore Romano Cremasco (Santorso 1870 – Schio 1943). E’ stata benedetta l’8 settembre del 1938.

A questa statua nel 1992 sono stati aggiunti gli emblemi dello sport del parapendio invocandola come Madonna del Buon Volo, titolo unico al mondo.

Il 26 luglio 1964 , il parroco don Francesco Mascotto  dava questa informazione ai parrocchiani: “Vedete che la nicchia  – allora a fianco dell’altare, attualmente sotto la statua della Madonna – di Maria SS Bambina è vuota. E’ stata rivestita a nuovo la nicchia da una pia offerente. Anche la cunetta è stata a rinnovare le decorazioni. La nuova effige di Maria  SS Bambina è stata offerta dalla reverenda madre superiora del collegio femminile di Crespano. E’ stata eseguita dalle suore di Maria Bambina di Milano, dove ci sono delle vere artiste. Infatti l’opera è riuscita veramente meravigliosa. A suo tempo la vedrete collocata al suo posto e vi assicuro che ne rimarrete soddisfatti e ammirati. (Quaderni degli avvisi parrocchiali. Archivio parrocchiale).

Come si vede, si può essere d’accordo.

 

Parete SUD

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La parete sud comprende la porta d’ingresso, con sopra l’organo della chiesa. Al di sopra, all’interno di un arco ribassato vi è un altro dipinto di Giovanni Battista Canal, “la Fede”, databile 1775 circa, in parte coperto dalla struttura organaria.

LE STAZIONI DELLA VIA CRUCIS 

 

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Propongo anche le 14 stazioni della Via Crucis, che, sebbene di non eccelsa fattura, riescono a tratti a creare una atmosfera di vera commozione. L’autore è sconosciuto.

 

IL SOFFITTO

 

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il dipinto nel suo insieme raffigurante “La gloria di San Severo”, tra la SS.Trinità, la Madonna e uno stuolo di angeli svolazzanti. Rappresenta una bella opera di Giobanni Battista Canal (vedi Biografie, personaggi) ,  databile 1775 circa.

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dettaglio della SS. Trinità

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dettaglio, San Severo viene innalzato dagli angeli verso la SS.Trinità

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dettaglio, la Madonna assieme ad angeli svolazzanti

 

FONTI DOCUMENTALI

I vari cartoncini, posti su ogni altare, con le relative notizie a cura di don Giovanni Bellò, parroco a Semonzo al 1991. 

la “Storia di Semonzo” di Gabriele Farronato del 2008, Giovanni Battagin Editore. Questa opera è stata fondamentale in questo mio lavoro.

Semonzo Ieri e oggi” di Antonio F. Celotto, 1982

La diocesi di Padova nel 1972. Tipografia  Antoniana, Padova

 

 

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