CENNI STORICI SULLA CHIESA DI SAN VITO
E DEL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA SALUTE
LA FACCIATA – L’INTERNO – LA CAPPELLA MAGGIORE – LA CELLA DI FRA’ ANTONIO EREMITA
LA STORIA
Non abbiamo notizie certe sull’origine né della Chiesa di San Vito né del culto verso questo santo, in genere associato a Modesto e a Crescenzia, rispettivamente suo maestro e sua nutrice, martirizzati insieme nel 304 a Roma quando imperatore era Diocleziano.
Sappiamo con certezza che fin dal 977 quanto esisteva in questa località bassanese dipendeva dal monastero benedettino dei SS. Felice e Fortunato di Vicenza, perché citato in un privilegio del Vescovo Rodolfo.
Poi non sappiamo più nulla fino al 1284, quando in un documento del Comune di Bassano si legge l’atto di una donazione testamentale di una somma di denaro a favore di “heremiti de Sancto Vito”. Quindi vi era un romitorio e ad esso connesso – com’era abitudine – una specie di presidio ospedaliero e un ricovero per i pellegrini. Certamente poi si praticava il culto al Santo : infatti la festa del santo (15 giugno) era riconosciuta dagli statuti della città del 1295 e anche in quelli del 1505. Dobbiamo poi arrivare al 1529 (vedi Mantese-Reato) per trovare un tale Antonio Grandi, che conduceva una dura vita eremitica. Nelle poche stanze dove alloggiava, ospitò nel 1537, Ignazio di Loyola e alcuni suoi compagni subito dopo l’ordinazione sacerdotale ricevuta a Venezia. (vedi più avanti la cella).
Nel 1592 a seguito della visita pastorale del Vescovo Michele Priuli il documento dice che la chiesa di S.Vito era assoggettata alla Pieve di Bassano, che aveva una casa circondata da vigneto e da alberi da frutta e che vi abitava un eremita, col consenso del Vescovo stesso.
Nel 1630-1631 in tutto il territorio veneto esplose una terribile epidemia di peste, che desolò campagne e case, città e borghi. A Venezia la peste passò con una furia di morti inaudita e con un terrore che rimase nel cuore e negli animi di tutti quelli che ne furono risparmiarti. La fine della peste fu ritenuta una grazia della Madonna, a lungo implorata, e per questo fu eretta il Santuario della Madonna della Salute. Tale fatto certamente fu conosciuto anche nel bassanese e dintorni dove vi abitavano molti veneziani ed è verosimile che da questi fatti e da queste persone siano sorte le iniziative per dar vita nella piccola chiesetta già esistente alla devozione della Madonna della Salute. Infatti dopo alcuni decenni, nel 1663, il canonico Biollo che accompagnava il Vescovo Giuseppe Civrani scriveva come tale chiesetta fosse sempre di più frequentata dai fedeli bassanesi.
Verso la fine del 1700 a San Vito era presente un sacerdote, titolato anche come maestro pubblico, un certo Giuseppe Rizzi, di vita esemplare, grande predicatore, che animato da grande passione e da grande devozione provvide nel 1702 all’ampliamento della chiesa ormai diventata troppo piccola per la numerosa gente che la frequentava. Ma non riuscì a vederla terminata sia per una drammatica bufera che rovinò gran parte dei muri che non erano ancora stabilizzati, sia perché la morte lo colse poco dopo. Ma l’impegno economico di tutta la popolazione bassanese e il fervore religioso sempre più convinto proseguì nell’opera e nel 1704 attraverso una grandiosa processione intronizzarono nella nuova chiesa la statua lignea della Madonna con il Bambino e la Chiesa fu consacrata alla Madonna della Salute. Per ricordare e ringraziare la Madonna fu scelto il 21 Novembre come giorno di memoria e di devozione, come avviene anche oggi.
Nel 1741 si inaugurò la facciata e all’interno oltre all’altare maggiore ed altri due altari delle cappelle laterali si allestì una sede confessionale. All’esterno si era anche costruito una torre campanaria. La custodia della chiesa rimaneva ancora agli eremiti.
L’afflusso dei fedelì continuò ad aumentare, tanto che ormai nei giorni festivi la chiesa aveva bisogno di almeno tre sacerdoti per adempiere alle celebrazioni delle messe e alle confessioni. Era tempo di una presenza continuativa sacerdotale, concessa dal Vescovo Corner nel 1768 assieme alla custodia dell’Eucarestia.
Nel 1846 veniva eretto il battistero.
Nel 1852 in tre anni di lavoro venne costruita una nuova cappella addossata alla parete dell’altare esistente incorporando così l’attuale altare maggiore.
Nel 1910 le balaustrate del coro.
Nel 1915 venne benedetta la splendida Via Crucis opera di Aristide Stefani, scultore bassanese.
Nel 1972 si terminò un restauro generale ed un cambiamento dell’interno della Chiesa con l’apertura di corridoi laterali. Al centro del presbiterio venne posto, secondo la nuova liturgia, un nuovo altare in marmo rosso di Asiago opera del grande scultore Danilo Andreose (1922-1987). Nuova anche la porta d’ingresso della Chiesa.
L’arrivo di Don Rosino Giacomin, nel settembre del 2004, coincise con l’esecuzione di interventi nella messa in sicurezza delle entrate-uscite, con aumenti di alcuni spazi per il flusso dei fedeli, come ad es. la saletta di fronte alla sacrestia che consente mediante uno schermo di partecipare alla Sacre Funzioni in caso di una affluenza eccessiva di fedeli, alle cui pareti sono stati appesi diversi quadri, che io personalmente non avevo mai visto, anch’essi restaurati e resi fruibili a tutti i fedeli; con la pulitura delle pareti e al ripristino degli affreschi sulle volte, sulle pareti absidali, sulla nicchia statuale, come pure quelli della cella di fra Antonio, ecc. e nel riportare (novembre 2008) l’antico organo del 1784, restaurato, sopra la originale cantoria sul fondo della chiesa.
LA CHIESA E IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA SALUTE
Quando entro in questa Chiesa una moltitudine di ricordi affiorano alla mia mente perché è stata la mia Chiesa per molti anni. Dopo l’ultimo restauro, vi sono ritornato, ed ho pienamente gustato la bellezza del nostro piccolo Santuario, e la nuova atmosfera nella quale il fedele o il pellegrino può immergersi: un atmosfera di candore, di luce, di armonia.
LA FACCIATA DELLA CHIESA
Le linee architettoniche della facciata sono semplici e piacevoli. Da un basamento si innalzano quattro lesene, cui fa seguito un timpano triangolare leggermente concavo. Fra le lesene centrali si apre la nuova porta di ingresso, inaugurata nel 1972 [purtroppo a ridosso della SS. 47 con tutto il suo carico di traffico, e quindi poco visibile] cesellata da Marcello Celli su disegno di Giuseppe Fantinato: sono raffigurati episodi di devozione alla Madonna della Salute, episodi della vita di S,Ignazio di Loyola e gli stemmi dell’allora Papa Paolo VI e del Vescovo di Vicenza Carlo Zinato. Sopra una nicchia con la statua della Madonna sotto la quale sta scritto “Regina coeli”; ai lati della Vergine altre due nicchie con le statue di Sant’Osvaldo (a sinistra) e di S. Francesco Saverio (a destra). Sopra il timpano, agli angoli laterali, si ergono due grandi bracieri in pietra , alla sommità una croce in ferro intelaiata,e ai lati le statue dei martiri Vito e Modesto. Ai lati della facciata ci sono due edifìci simmetrici che la fiancheggiano.
L’INTERNO
A pianta rettangolare, lunga e stretta scandita da strutture portanti un arco a tutto sesto, delimitanti nella parte centrale le cappelle con gli altari. Con la costruzione della cappella maggiore assume un aspetto strutturale importante e grandioso. Le pareti sono ornate come già detto dalla bellissima Via Crucis.(immagine sottostante )
Sul soffitto della navata il pittore bassanese Francesco Trivellini (1660-1733) dipinse la SS. Trinità (vedi immagine sottostante) con gran numero sia angeli e santi e un’altra tela raffigurante S. Osvaldo datata 1708, che attualmente localizzata nella parete a sx dell’altare maggiore è assai poco visibile.
[Scrive il Verci su Trivellini : “ Bortolamio, e Paolina giugali Trivellini furono i genitori di questo Pittore, che nacque la mattina de’ quattro Ottobre 1660. Giunto all’adolescenza, sentendosi grandemente inclinato all Pittura, fu messo alla Scuola di Giambatista Volpato, e tanto in breve tempo appofittò nello studio del disegno, e nel colorito spezialmente, che gli riuscì di divenir superiore al maestro….Il Trivellini disegnava assai maestrevolmente, e ne’ primi suoi tempi dipingeva anche con grazia, con forza, e con naturalezza: ma saltatogli in capo di voler imitare nel colpeggiare, e ne’ lumi serrati la difficile maniera de’ Bassani, il pover uomo s’arenò in tutto, e diede in secco per mancanza del forte impasto de’ colori, come sim può vedere nelle sue opere posteriore. Secco, stentato e duro divenne allora il suo pennello, senza vaghezza, senza diletto le sue figure; irragionevoli le sue pieghe, mal disposti i gruppi, senza degradazione né di lume, né di tinte, senza artifizio, e nobiltà; … divenuto cieco negli ultimi anni finì di vivere l’anno 1733,”]
LA CAPPELLA MAGGIORE
Iniziata nel 1849 e terminata nel 1852, dedicata alla Madonna della Salute, sorse su un’area dell’antica torre campanaria adiacente alla chiesa. Il Vescovo Antonio Farina nella sua visita pastorale del 1864 la definisce “grandiosa e magnifica” ricordando il merito del curato Paolo Fasoli che fu l’animatore instancabile di questa opera. [Paolo Fasoli nacque a Bassano da Patrizio e da Laura Mattarolo il 27/08/1804. Oltre che curato fu anche uno dei quattro fondatori della Pia casa di Ricovero e anche amministratore onorario. Morì l’11 ottobre 1881(Da Miscellanea di storia veneta)]
E’ di forma quadrata, al suo interno 4 pilastri sorreggono la cupola. In ognuno dei pilastri una nicchia accoglie le statue di San Filippo Neri, San Pietro Apostolo, San Francesco di Paola, e San Giuseppe, collocate nel 1886.
Dalla cupola scende una corona portata da angeli in legno dorato collocata sempre nel 1886.
Gli affreschi della Cappella sono di Giovanni Demin (1786-1859). Sulla sommità della volta dipinse la Madonna seduta che distende le braccia come in un abbraccio verso un gruppo di fedeli a lei supplicanti. Sotto il suo sgabello si legge “Salus infirmorum”.
Agli angoli della volta sono raffigurati 4 angeli con in mano rispettivamente un calice, una croce, un rosario, uno staffile [inteso come strumento di mortificazione corporale] ovvero il messaggio mariano che per avere grazie sono necessarie rinunce, fiducia nella croce, preghiere, e penitenza.
Il tutto è abbellito da ornamenti in rilievo opera di Alberto Dagani di Feltre, mentre gli intagli in legno sono di Giovanni Gasparoni di Vicenza.
A destra, guardando la statua della Madonna, troviamo un immenso quadro che raffigura la Presentazione di Maria al tempio, dipinto da Gaspare Fontana nel 1923. A sinistra un imponente crocefisso.
A sx, guardando la statua della Madonna, sono raffigurati alcuni angeli intenti a suonare strumenti musicali (opera del bassanese Luigi Fabris databili inizio del Novecento): fanno da coreografia alle canne dell’organo che colà si trovava fino al suo trasferimento sopra la porta d’ingresso principale della Chiesa. Dove vi erano le canne d’organo è stato posto un quadro di autore africano. GLI ALTARI LATERALI
Altare a sx (guardando l’altare maggiore) : tela raffigurante i SS. Vito Modesto e Crescenzia. Opera del pittore bassanese Giustiniano Vanzo Mercante (1808-1887) che sostituì una tela dipinta da Giovanni Battista Volpato che raffigurava S. Ignazio e San Gaetano con Madonna e Bambino.
Altare a dx (guardando l’altare maggiore) : tela di pittore ignoto che rappresenta SS: Nicolò, Carlo Borromeo e Luigi Gonzaga.
LA CELLA DELL’EREMITA ANTONIO
Attualmente si accede alla cella entrando da uno degli ingressi laterali della Chiesa, in quanto quella principale a ridosso della SS. 47 è chiusa, e proseguendo proprio questa porta a sx trovate l’ingresso. Peccato che sia un luogo dove arriva una scarsa illuminazione naturale.
Abbiamo già detto che nel 1529 a San Vito vi era un certo Antonio Grandi che conduceva una stretta vita eremitica. Questi. figlio di un maestro pellizzaro tedesco, sceso a Bassano per lavorarvi le pelli, nacque a Bassano, in via Callegherie Vecchie, appena fuori la Porta del Castello. Rimasto orfano di entrambi i genitori venne allevato in casa di un parente pellizzaro, pure di origine tedesca, in borgo Lion [zona dell’attuale via Beata Giovanna]. Qui egli mise su bottega per conto proprio, ma nel 1494 si ammalò sino a far testamento. Guarito e attratto dall’esempio di Ludovico Rizzi, un prete eremita, lasciò il mondo e andò a condurre una vita eremitica di preghiera e di penitenza presso l’antica chiesetta, allora abbandonata, di San Vito. Nel 1513, durante la nota guerra di Cambrai, a causa del continuo passaggio dei tedeschi al soldo dell’Imperatore Massimiliano d’Austria, lasciò il ritiro di San Vito per il più tranquillo romitorio di Valle Santa Felicita [del quale si hanno notizie a partire dal 1055]. Qui rimase sino al 1529, poi tornò a San Vito, dove alcuni anni più tardi accoglierà come ospite nella sua cella eremitica il fondatore della Compagnia di Gesù Sant’ Ignazio di Loyola. Finalmente nel 1545, dopo un’altra malattia, e per contrasti con il nuovo arciprete di Bassano, Francesco Pizzamano, lasciò definitivamente il romitorio di San Vito per quello delle Salbeghe [luogo anticamente così chiamato, dove sorgerà nel 1568 la Chiesetta di Ognissanti], dove nel 1552 chiuderà i suoi giorni terreni.
Tra gli anni 1892/1893 il curato Don Pietro Michieli aprì sulla parete destra della navata della chiesa una finestrella sull’adiacente cella dell’eremita aggiungendo un altarino sorretto da angeli. Girolamo Gobbato riprodusse all’interno della cappellina tre scene della vita di fra’Antonio. L’affresco maggiore rappresenta sant’ Ignazio, San Francesco Saverio, il beato Pietro Fabro, Simone Rodriguez e Claudio Jay e Fra’ Antonio.
Tutti sono in atto di contemplare l’immagine di Maria che è sopra il loro capo sostenuta da angioletti che scherzano in mezzo alle nubi ; d’altro lato Simone Rodriguez che, gravemente malato, giace sopra una stuoia: Claudio Jay e l’eremita gli stanno d’intorno, insieme a sant’ lgnazio e il Fabro. Ignazio benedice i confratello e lo riconsegna alla vita guarito. Un terzo affresco mostra il Saverio, un Porporato ed il Vescovo di Padova che, attratti dalla fama di santità, vengono a visitare fra Antonio. Lui addita le montagne e dice che quelle sono il suo studio e le scansie dei suoi libri.
E’ interessante leggere l’episodio descritto dal Ribadeneira nella sua Vita di Ignazio di Loyola pubblicata a Roma nel 1569. “Attendeva dunque il nostro beato Padre Ignazio a queste opere, adoprandosi con tutte le forze a procacciare la gloria di Dio e il disprezzo di se stesso, quando, rotto dalle molte fatiche, cadde infermo di febbre a Vicenza, e il padre Diego Lainez, per la stessa causa, si ammalò anch’egli. In questo tempo il nostro padre venne a sapere che Simone Rodrìguez era molto gravemente ammalato e in gran pericolo di vita a Bassano, che è a una giornata circa da Vicenza, e subito, benché fosse in preda alla febbre, lasciando il padre Laínez in letto all’ospedale, si incamminò a piedi alla volta di Bassano col padre Fabro, e con tanto fervore di spirito e tanta leggerezza, che il compagno non poteva tenere il suo passo né raggiungerlo, dato che egli camminava sempre un gran tratto dinanzi a lui. Ed essendo innanzi, Ignazio trovò il tempo di appartarsi un poco dalla strada, e per un momento stette in orazione, pregando nostro Signore per la salute di maestro Simone, e fu certo, mentre pregava, che Dio gliela avrebbe concessa. Infatti, levatesi dall’orazione, con molta fiducia e allegrezza disse al padre Fabro: «Non c’è ragione, fratello Fabro, che ci preoccupiamo per il male di Simone, perché egli non morirà di questa malattia che tanto l’affligge». Quando giunsero dove stava padre Simone, questi era in letto, e Ignazio lo trovò molto deperito e debole per la forza del male; ma abbracciandolo: «Non dovete temere» disse, «fratello Simone, che senza alcun dubbio guarirete da questa malattia»; e subito quello si alzò e fu sano. Queste cose furono raccontate dal padre Fabro al padre Laínez, quando lui e Ignazio tornarono a Vicenza e il padre Laínez le raccontò a me coi particolari che ho detto. Lo stesso padre maestro Simone riconobbe, gradì e rese pubblico questo beneficio ricevuto da Dio nostro Signore pel tramite del suo servo Ignazio.
Viveva allora a Bassano un italiano a nome Antonio il quale faceva una vita ammirevole e solitaria in un eremo che si chiama San Vito, ed è posto fuori del paese, in un sito alto e molto ameno, d’onde si scopre una piacevolissima valle irrigata dalle acque del fiume Brenta. Quest’uomo vecchio, laico e idiota [nel senso di non colto, non dotto], era molto semplice, ma severo e grave e dagli uomini tenuto in conto di santo. Al vestito e all’aspetto egli sembrava un ritratto di Sant’Antonio abate o di Sant’Ilarione, o di qualche altro dei santi padri eremiti. Alcuni anni dopo, io conobbi questo padre, il quale, conversando col Padre Ignazio, ne concepì poca stima e nel suo cuore lo giudicò imperfetto, finché un giorno, mentre era immerso in una lunga e fervida orazione, Dio glielo rappresentò come un sant’uomo inviato dal ciclo al
mondo per il bene di molti. E allora cominciò a vergognarsi e a tenere a vile se stesso, e a stimare colui che prima aveva disistimato, come egli più tardi, confuso, doveva confessare apertamente. Frattanto, spinto dall’esempio della vita di frate Antonio, uno dei primi compagni del nostro Padre che stava a Bassano cominciò a titubare nella sua vocazione e a chiedersi se per servire nostro Signore fosse meglio continuare per la strada intrapresa oppure vivere in contemplazione e in compagnia di quel santo, sottraendosi così alle preoccupazioni e alle inquietudini che il commercio con gli uomini porta con sé. Ed essendo perplesso e confuso per le ragioni che da una parte e dall’altra gli si offrivano, risolvette di recarsi dallo stesso frate Antonio per comunicargli i suoi dubbi e seguire poi il suo consiglio. In questo tempo, il Padre Ignazio era ancora a Bassano. Quel padre si recò dunque dall’eremita, e per istrada vide un uomo armato, di orribile aspetto e di fiero sembiante, che, con la spada nuda e alzata, gli si pose di fronte in mezzo alla strada. Il padre da principio si turbò e si fermò, ma poi riflettendo, gli parve di non avere nessuna ragione di trattenersi e seguitò il suo cammino. Allora quell’uomo, con un terribile cipiglio e con un grande sdegno, gli si avventò addosso e, con la spada in pugno, si mise a inseguirlo. Il padre, tremante e più morto che vivo, cominciò a fuggire, e quello dietro; di modo che, però, i presenti vedevano quello che fuggiva ma non chi lo inseguisse. Alla fine, dopo un bel po’, smorto per la paura, stupito per questa novità e sfinito per la lunga corsa, il padre tornò ansante e senza fiato dov’era il nostro Padre Ignazio. E questi, vedendolo, si volse a lui con faccia affabile e, chiamandolo per nome, gli disse: «Tal dei Tali, così dunque dubitate? Modicae fidei, quare dubitasti? Uomo di poca fede, perché avete dubitato?». Da questa visione, che fu come una dichiarazione della volontà divina, il padre in parola fu molto confermato nella sua vocazione, come egli stesso che la vide, raccontò più tardi.”
(Nota. Questo compagno di Ignazio, tentato di seguire fra Antonio, fu Claudio Jay)
ALCUNE FONTI DOCUMENTALI
AA.VV. Storia di Bassano. Edizione a cura del Comitato per la Storia di Bassano, Bassano del Grappa, 1980.
Fasoli Gina (a cura di). Atlante storico delle città italiane. Veneto. Bassano del Grappa.Grefis Edizioni. Bologna, 1988
Magagnato Licisco, Passamani Bruno (a cura di). Il Museo civico di Bassano del Grappa. Dipinti dal XIV al XX secolo, Neri Pozza Editore, Vicenza 1978
Mantese Giovanni, Reato Ermenegildo. S. Vito di Bassano. Memorie storiche. Tassotti Editore, Bassano, 1973
Parrocchia di San Vito di Bassano. La Chiesa e l’Organo di S. Vito, ieri e oggi. 2008
Pedro de Ribadeneira. Vita di Sant’Ignazio di Loyola. Claudio Gallone Editore, Milano, 1998.[riedizione della medesima del 1569]
Rumor Sebastiano. Gli scrittori vicentini dei secoli decimottavo e decimonono. Volume primo (A-F) – Tipografia Emiliana,Venezia, 1905 in Miscellanea di Storia Veneta edita per cura della R. Dep. Veneta di Storia Patria, Serie seconda, Tomo XI, P. I, Venezia, a spese della società, 1905.
Scarmoncin Franco (a cura di). I documenti del Comune di Bassano dal 1259 al 1295. Editrice Antenore, Padova, 1989
Signori Franco. Notizie storiche sui personaggi citati nel manoscritto. In: Muraro Michelangelo. Il libro secondo di Francesco e Jacopo Dal Ponte. G.B.Verci Editrice, Bassano del Grappa, 1992
Verci Giambatista. Notizie intorno alla vita e alle opere de’ pittori scultori e intagliatori della Città di Bassano. G.Gatti, Venezia, 1775