GAIDON ANTONIO (1738- 1829)
architetto, “perito pubblico” e naturalista
di Calogero Farinella
Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 51 (1998)
Nacque nell’agosto o nel settembre 1738 da Salvatore e da Barbara Burna a Castione di Brentonico, nel Trentino, ove i genitori si trovavano di passaggio: infatti, subito dopo, rientrarono nella città di residenza, Bassano del Grappa.
Qui, dopo una sommaria istruzione, il Gaidon venne presto indirizzato verso i lavori entro i quali muovevano gli orizzonti familiari – il padre svolgeva il mestiere di tagliapietre; gli zii paterni erano miniatori – e fu messo dapprima nella bottega di Giovanni Bonato, scalpellino come il padre, quindi in quella degli zii. Ma erano attività alle quali egli si dedicò malvolentieri poiché sin da giovanissimo andò mostrando una decisa inclinazione per le materie scientifico-naturali e per la meccanica in particolare.
Ancora ragazzo, con l’ausilio delle nozioni trasmessegli dal dotto medico e collezionista Giovanni Larber, si dedicò ad analizzare i numerosi fossili e le pietrificazioni che si erano sedimentati sulle montagne tra il Brenta e Marostica, spesso ritrovati tra le pietre da lui stesso lavorate.
Il suo interesse fu soprattutto attirato in misura via via crescente dall’architettura, il cui studio egli approfondì con letture effettuate durante le pause dal lavoro presso i maestri marmorari di Pove: lesse così gli Elementi di Euclide e, molto probabilmente, i Libri d’architettura di Sebastiano Serlio, la Regola delli cinque ordini d’architettura di Iacopo Barozzi detto il Vignola e i Quattro libri di architettura di Andrea Palladio. Del resto quei volumi fondamentali per la prima alfabetizzazione nel disegno e nella costruzione erano facilmente rintracciabili nelle botteghe degli artigiani frequentate dal Gaidon, dove servivano come testi d’uso per il mestiere, e dovevano essere presenti tra le sue stesse mura domestiche.
Assecondandone infine le propensioni, il padre presentò il Gaidon all’abate Daniello Bernardi, che aveva studiato architettura sotto Domenico Cerato e l’andava insegnando ai giovani di talento poveri o privi di studi regolari. Con il Bernardi il Gaidon conseguì rapidi e significativi progressi nello studio. Il sodalizio tra i due proseguì per molti anni prima di rompersi nel 1790, quando il Gaidon, in conversazioni private, accusò di plagio il Bernardi per un’opera da questo pubblicata in due tomi, Sacrarium aedium exemplaria… in frontibus non ornatis e Architecturae ordines gradatim dispositi, Bassano s.d. [1790]. Sulla propria copia del Sacrarium il Gaidon scrisse: “Antonio Gaidon inventò le Chiese di questa Raccolta” (Ferrazzi, p. 235).
L’incontro con il Bernardi fu comunque fondamentale per la formazione del Gaidon poiché lo inserì in quella “comunità” di architetti operante in Terraferma aperta agli ideali della nuova cultura europea e connotata da una grande vastità di interessi umanistici e scientifici condivisi da un gruppo di artisti-scienziati che annoverava tra gli altri Francesco Maria Preti, Giordano e Francesco Riccati, per lo più “dilettanti d’architettura” come sono stati definiti, di cui il Gaidon sarebbe stato l’esponente della generazione più giovane (Pilo, p. 228). In breve venne cooptato come collaboratore dal maestro finché nel 1763 il nobile bassanese Antonio Negri Miazzi, dilettante di fisica e di architettura, a testimonianza di una profonda comunanza di ispirazione, gli commissionò la costruzione di villa Negri (ora Piovene) a Mussolente. Il Gaidon espletò l’incarico innalzando un articolato e straordinario complesso architettonico che scendeva dalla cima di un colle. A dominare è il neoclassico edificio padronale da cui si diramano gli altri corpi per formare un insieme che esalta e valorizza la collocazione ambientale e scenografica della costruzione, che diviene un coronamento quasi naturale del paesaggio; non a caso è stata perciò definita “la più estrosa e libera invenzione offerta dall’architettura vicentina di tutti i secoli” (Cevese, p. 425).
Nello stesso periodo in cui era impegnato alla costruzione di villa Negri, il Gaidon si stava pure dedicando alla costruzione della chiesa di Mussolente e, probabilmente, della villa Ghislanzoni Del Barco; nel 1769 alzava in Bassano la palazzina del caffè Ausonia, quindi la casa Scolari Marin, che sposava il decoro e il gusto monumentale proprio dei palazzi aristocratici con un’esigenza di intimità quasi borghese. E ancora a lui venne affidata la riedificazione della piccola chiesa della villa di Ca’ Cornaro (1772) e la fabbrica delle chiese di Borso, Semonzo, Sant’Eulalia nel Trevigiano (ultimata nel 1794), Campolongo sul Brenta (eretta tra il 1793 e il 1826), il completamento della barchessa e dei collegamenti di villa Rezzonico (1800): costruzioni in cui il Gaidon dava mostra di energici schemi razionalisti ispirati all’esattezza scientifico-matematica e tuttavia mossi e ravvivati da elementi decorativi architettonici.
I settori di intervento del Gaidon non si limitarono tuttavia alla sola architettura: la sua attività era connotata da un’operosità assai diversificata che sconfinava in più campi di intervento, da quello urbanistico a quello agronomico e geologico-naturalistico, ed ebbe modo di esplicarsi negli uffici pubblici da lui ricoperti.
Nel 1769 era stato nominato dal Consiglio della città di Bassano agrimensore o “perito pubblico”, carica ricoperta per un quarantennio alla quale avrebbe affiancato con il tempo quella di architetto e di ingegnere civile. Tra il 1772 e il 1794 gli venne affidata la direzione di almeno sedici grandi e meno grandi cantieri in Bassano: per il rifacimento e la ristrutturazione di strade e piazze cittadine, il riattamento di rive fluviali, il risanamento ambientale e idrologico di alcune contrade e di varie fosse palustri utilizzate come depositi antincendio e per effettuare infine perizie sui lavori di restauro delle arcate del ponte sul Brenta. Tra questi interventi di ridefinizione del paesaggio cittadino, uno dei più rilevanti fu sicuramente il prosciugamento e la vializzazione a più file di alberi dei terreni posti a ridosso delle mura orientali di Bassano (l’attuale viale delle Fosse) fatti terminare a belvedere e restituiti a una salubre funzione di luogo di socializzazione, svago e passeggio.
Nel 1804 e nel 1805 venne interpellato per fornire il suo parere sui progetti di erezione di un nuovo teatro (Opinioni di diversi architetti intorno alla fabbrica del nuovo teatro di Bassano, Bassano 1805, volume pubblicato in collaborazione con Giacomo Verda e Giacomo Fontana) e a più riprese, rispolverando mai smessi studi di idraulica, si interessò ai lavori e ai piani di inalveamento e conterminazione di alcuni corsi d’acqua del Bassanese (Sulla sistemazione del Brenta superiore, ibid. 1822).
A fianco dell’attività di architetto e di urbanista il Gaidon coltivò sempre con competenza e passione gli studi naturalistici, geologici e botanici. Spinto dal patrizio veneziano Iacopo Morosini e dal geologo e soprintendente all’agricoltura dello Stato veneto Giovanni Arduino, che lo volle in più occasioni come compagno in diverse escursioni naturalistiche nel territorio vicentino, diede conto delle scrupolose e puntuali osservazioni fatte nei dintorni di Bassano sulla vegetazione, sui fossili, sulla natura vulcanica di taluni sedimenti rocciosi e sul basalto azzurro da lui scoperto. Tali osservazioni confluirono nelle numerose Lettere orittografiche apparse tra il 1778 e il 1784 sulle colonne del Nuovo Giornale d’Italia spettante alle scienze naturali, nonché nella Lettera intorno una miniera di piombo della Valsugana pubblicata nel Magazzino georgico di Napoli del 1786 (nn. 48 s.). Ebbe così l’opportunità di stringere legami umani e scientifici con alcuni dei maggiori geologi e naturalisti del suo tempo, come Alberto Fortis, Dieudonné de Dolomieu, Joseph Strange, nonché con il paleontologo e botanico boemo Kaspar Maria von Sternberg, che lo ebbe come compagno e competentissima guida nelle erborazioni compiute nell’agosto 1803 nel Bassanese e che gli dedicò un Catalogus plantarum delle specie rinvenute in quelle perlustrazioni botaniche (Bassano del Grappa, Biblioteca civica, Mss., 30.C.I.7).
Ebbe inoltre modo di formare alcuni allievi che avrebbero dato ottime prove nei campi in cui il Gaidon esplicò la sua plurima attività, come l’architetto, poi dedicatosi alla calcografia, Giovanni Vendramin, e soprattutto il botanico Giambattista Brocchi, iniziato dal Gaidon alla storia naturale e rimasto legatissimo al maestro.
Con il nuovo secolo pur continuando a operare attivamente, il Gaidon prese a valorizzare l’operato dei figli Giuseppe e Pietro, avuti da Domenica Campesano, sposata in seconde nozze nel 1771, e da lui avviati alla professione di architetto, tanto che in più occasioni favorì la confusione tra i suoi disegni e quelli dei figli, come nel caso dei progetti per la chiesa della B. Giovanna (o S. Maria della Misericordia; 1812) a Bassano.
Nel 1817 rivestiva ancora l’incarico di ingegnere civile. Una caduta accidentale nel 1823 gli impose di rallentare ogni sua attività e lo costrinse a lunghi periodi di ozio forzato che tra il 1825 e il 1826 trascorse presso i figli a Vicenza.
Il Gaidon morì il 22 nov. 1829 a Bassano del Grappa.
Fonti e Bibliografia:
Nella Biblioteca civica di Bassano del Grappa (Mss., 34.D.4.9) si trova l’opera del G. Acque perenni e torrenti che mettono nel fiume Brenta, dalla sua origine fino alle Nove, villaggio vicentino; schizzi, disegni e piante di mano del G., ibid., R.B., 1040, 1042 s., 1047-1049 e bis, 1051-1053, 1055-1058; Mss., 24.D.49: Pro memoria per la vita e le opere di A. G.; Mss., 30.C.I.I: G.B. Baseggio (cenni biografici); ibid., Epistolario Remondini I.37; IV.14; VI.10; VI.27; VII.11; IX.14; X.8; X.23; X.26; XIII.13; XVIII.24; XIX.2; XIX.12; XIX.15; XXII.40; XXII.44; XXIV, App. 17; ibid., Epistolario di Giambattista Brocchi, III.31; ibid., Miscellanea 261.C.1; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. P.D. C.2376.VIII: Fascicolo relativo ad opere arbitrarie fatte da G. A. nel Brenta e alle spese incontrate da vari per ripararvi [1801]. G.A. Moschini, Della letteratura veneziana del secolo XVIII, IV, Venezia 1806, p. 96; B. Gamba, De’ bassanesi illustri, Bassano 1807, pp. 63, 72; A. Dal Pozzo, Storia dei Sette Comuni, Vicenza 1820, p. 342; G.B. Baseggio, Memorie intorno alla vita e agli scritti di A. G. bassanese (naturalista ed architetto), Bassano 1829; Id., in E. De Tipaldo, Biogr. degli italiani illustri…, IV, Venezia 1837, pp. 458-460; G.I. Ferrazzi, Di Bassano e dei bassanesi illustri, Bassano 1847, pp. 235-237; G.B. Baseggio, Ritratti e biografie di illustri bassanesi, Bassano 1853, s.v.; O. Brentari, Storia di Bassano e del suo territorio, Bassano 1884, pp. 536, 721; P.A. Saccardo, La botanica in Italia. Materiali per la storia di questa scienza, Venezia 1901, I, p. 51; Le ville venete (catal.), a cura di G. Mazzotti, Treviso 1953, ad indicem; C. Semenzato, G. Miazzi e A. G.: profilo critico, in Boll. del Centro internaz. di studi di architettura “Andrea Palladio”, IV (1962), pp. 253 s., 258-261; M.T. Pavan, Profilo di architetti bassanesi del sec. XVIII: G. Miazzi e A. G., ibid., pp. 241-252; G.M. Pilo, L’architettura nell’età neoclassica a Treviso, Castelfranco e Bassano (Miazzi, Preti, Giordano e Francesco Riccati, i Gaidon), ibid., V (1963), pp. 228, 235-237; Disegni di G. Guarenghi e dei Gaidon (catal.), Bassano 1964; M. Brusatin, Venezia nel Settecento: Stato, architettura, territorio, Torino 1980, pp. 320-322, 331 s.; R. Cevese, Ville della provincia di Vicenza, Milano 1980, ad indicem; Remondini. Un editore del Settecento, a cura di M. Infelise – P. Marini, Milano 1990, p. 277; C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon…, V, pp. 55 s.; J.C. Poggendorf, Biographisch-literarisches Handwörterbuch…, I, col. 829; U. Thieme – F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 72 s.