BASSANO DEL GRAPPA – MONUMENTI BASSANESI – LA STATUA DI SAN BASSIANO

LA STATUA DI SAN BASSIANO

IL CULTO DI SAN BASSIANO A BASSANO DEL GRAPPA

OPERA DI ORAZIO MARINALI E DELLA SUA BOTTEGA

di VASCO BORDIGNON 

  Che cosa sappiamo storicamente di questo San Bassiano?

INTERNET__SAN_BASSIANO_STATUA_IN_RAME_DORATO_A_LODIIl documento più importante per conoscere san Bassiano è  dato dalla sua epigrafe sepolcrale, che dice “« [Bassiano] governò la chiesa laudense per trentacinque anni e venti giorni. Salì glorioso in cielo all’età di novant’ anni, restituendo alla terra quel che le era appartenuto, l’anno dell’ottavo consolato dell’imperatore Onorio e terzo dell’imperatore Teodosio».
Partendo da questi dati oggettivi, possiamo conoscere con certezza le seguenti date: la  sua nascita nel 319, e  la sua consacrazione a vescovo di Lodi il 31 dicembre 374, e la sua morte il 19 gennaio 409. Il suo episcopato iniziò pertanto negli ultimi mesi di vita dell’ariano Aussenzio († 374) che verrà sostituito per acclamazione popolare dal vescovo cattolico sant’Ambrogio (374-397).
Per capire meglio la figura di san Bassiano dobbiamo tratteggiare il periodo storico che attraversò la sua vita.
San Bassiano nacque alcuni anni prima del Concilio di Nicea (325 d.C.), dal quale prendeva avvio la lotta contro l’eresia ariana, chiamata così da Ario, un prete di Alessandria d’Egitto che negando la divinità di Cristo faceva di Gesù di Nazaret un semplice uomo. Tale lotta durerà oltre un secolo. Partendo dall’Oriente l’arianesimo si propagò sull’intero ambito geografico allora raggiunto dal cristianesi¬mo, coinvolgendo quindi anche il nostro Occidente. In tale contrasto, per salvare la pace sociale e religiosa all’interno di questi territori, i vari imperatori di Bisanzio attuarono la politica del compromesso,  impegnando la loro autorità ora a favore degli ariani e ora dei cattolici. Per questo motivo vari vescovi cattolici, refrattari agli ordini imperiali a favore dell’eresia ariana, subirono persecuzioni. Si può ricordare ad esempio Dionigi, vescovo di Milano che fu messo al bando da un’ordinanza imperiale, nel 335, e dovette prendere la via dell’esilio, mentre al suo posto, col favore dell’imperatore, salì sulla cattedra milanese l’eretico Aussenzio che fa¬vori in ogni modo gli ariani, perseguitando la parte cattolica. Pertanto l’episcopato di san Bassiano iniziò negli ultimi mesi di vita dell’ariano Aussenzio († 374) che sarà sostituito per acclamazione popolare dal vescovo cattolico sant’Ambrogio (374-397).
Come ritengono alcuni storici, San Bassiano è stato il primo vescovo di Lodi, colui che impersonò nei secoli la storia religiosa e civile del popolo lodigiano. Egli fu destinato dalla Provvidenza divina anche a  diventare amico e alleato di Ambrogio nella lotta contro l’arianesimo. Infatti nel 381 san Bassiano era presente con Ambrogio al concilio di Aquileia che rappresentò il trionfo del grande vescovo di Milano sull’arianesimo.
Secondo Paolino da Milano, autore della biografia di sant’Ambrogio, san Bassiano sarebbe stato infine presente nel 397 al capezzale del grande vescovo morente, per seguirlo dodici anni dopo (409) nel transito felice verso l’Eterno. (nb. l’immagine rappresenta San Bassiano in una scultura del secolo XIII situata all’interno della Cattedrale di Lodi)

Come nacque a Bassano la devozione a San Bassiano?

Bisognerà attendere la fine del Trecento per trovare un primo segno di devozione a San Bassiano. Infatti nel lungo inventario di beni della sacrestia della Pieve di Santa Maria, compilato  nel 1395 dall’arciprete Lazzarino Ferrari, troviamo “ unum quaternum habentem officium sancti Bassani”, un quaderno contenente notizie relative all’ufficio liturgico a San Bassiano.
Comunque pare che, ad orientare i Bassanesi nella scelta a loro principale patrono di san Bassiano, pare sia stato un bassanese di nome Antonio. Figlio di un maestro pellizzaro tedesco, sceso a Bassano per lavorarvi le pelli, Antonio nasce a Bassano, in via Callegherie Vecchie, appena fuori la Porta del Castello. Rimasto orfano di entrambi i genitori viene allevato in casa di un parente pellizzaro, pure di origine tedesca, in borgo Lion [zona dell’attuale via Beata Giovanna]. Qui egli mette su bottega per conto proprio, ma nel 1494 si ammala sino a far testamento. Guarito e attratto dall’esempio di Ludovico Rizzi, un prete eremita, lascia il mondo e va a condurre una vita eremitica di preghiera e di penitenza presso l’antica chiesa abbandonata di San Vito. Nel 1513, durante la nota guerra di Cambrai, a causa del continuo passaggio dei tedeschi al soldo dell’Imperatore Massimiliano d’Austria, lascia il ritiro di San Vito per il più tranquillo romitorio di Valle Santa Felicita [del quale si hanno notizie a partire dal 1055]. Qui rimane sino al 1529, poi torna a San Vito, dove alcuni anni più tardi accoglierà come ospite nella sua cella eremitica il fondatore della Compagnia di Gesù Sant’ Ignazio di Loyola[immagine sottostante]. 

Finalmente nel 1545, dopo un’altra malattia, e per contrasti con il  nuovo arciprete di Bassano, Francesco Pizzamano, lascia definitivamente il romitorio di San Vito per quello delle Salbeghe [luogo anticamente così chiamato, dove sorgerà nel 1568 la Chiesetta di Ognissanti], dove nel 1552 chiuderà i suoi giorni terreni.  Questa in breve la vita di colui che, secondo la tradizione, il primo bassanese, che si appelli alla parentela onomastica del nostro Santo con Bassano, quando la città, occupata dalla truppe di Massimiliano d’Austria (1509) si trovò invasa dalla peste. Sarà appunto in seguito a questa nuova calamità che il nostro eremita suggerirà ai Bassanesi di votarsi alla potente intercessione di san Bassiano.  Inoltre certamente nella seconda metà dei Cinquecento  a Bassano, fra le devozioni popolari,  vigeva anche quella della processione settimanale per le vie della città in onore del nostro Santo a cui partecipavano, insieme al popolo anche « li Reverendi Preti del Domo, li Clarissimi Rettori e tutti li primarii, per essersi avotati al sopradetto Santo». A conferma, nella ristampa degli Statuti Bassanesi, agli inizi del Cinquecento, fra le feste dei Santi aggiunte in inchiostro al margine sinistro del calendario delle feste cittadine figura per la prima volta, al diciannove gennaio, anche la festa di san Bassiano.
Ma la conferma più autorevole del culto verso san Bassiano avverrà nel Seicento, quando, all’indomani di un’ altra calamità pubblica, san Bassiano verrà ufficialmente assunto come patrono principale di Bassano. Nel 1631, con la calata dei lanzichenecchi dalla Valtellina per la guerra di Mantova, si era messa di mezzo anche la peste. Iniziarono in maggio i primi casi di malattia, che poi sul finire di giugno e inizi di luglio si andarono rapidamente propagandosi , tanto che in settembre il morbo, che nessuno osava ancora chiamare peste, aveva coinvolto l’intera città e gli abitanti, decimati dalla furia devastatrice del contagio, raggiungeranno il numero di 1064.  Il Consiglio cittadino, nell’impotenza di arrestarlo e liberare la cittadinanza superstite dal terribile flagello, rinnovò a Dio per l’intercessione di san Bassiano il voto dei padri: cioè che a liberazione avvenuta, esso si sarebbe assunto l’impegno di costruire in Duomo una cappella in onore dei Santi protettori di Bassano, san Bassiano, san Clemente e san Sebastiano.
Il 23 gennaio seguente al voto, la città, finalmente libera dall’epidemia, confermava il suo voto e l’obbligo religioso assunto durante la peste.
Ma per vari motivi  e altrettanti progetti si arriverà al compimento della nuova cappella nel 1641, ma – a causa della sistemazione di un organo, strumento resosi in quel tempo necessario per la chiesa madre di Bassano – nello spazio destinato all’altare votivo di questa nuova cappella, l’altare di san Bassiano passò alla fine alla definitiva destinazione in quella che viene chiamata Cappella del Voto, alla parte destra della navata.

 Lo  scultore ORAZIO MARINALI e la sua bottega

LA VITA
INTERNET__ORAZIO_MARINALI_-_DA_RITRATTI_E_BIOGRAFIE_1853Orazio Marinali nacque ad Angarano, borgo di Bassano, il 24 febbraio 1643, da  Anna e da Francesco, scultore e intagliatore in legno, da cui ricevette i primi insegnamenti dell’arte.  Nel 1665 sposò  a Bassano Lucia Bricito , vedova Lanzarini, “figlia di Messer Bricito”, presumibilmente, identificabile con l’architetto bassanese Giovanni Battista Bricito, nella cui bottega non possiamo escludere che lo scultore fosse dipendente. Tra il 1666 e il 1667 si trasferì, con tutta la famiglia, a Vicenza che divenne la sede della bottega, di cui facevano parte anche i fratelli minori Francesco e Angelo, bottega  che diverrà una delle più floride ed attive dell’epoca.
L’iscrizione ufficiale alla fraglia  vicentina dei muratori e tagliapietra  avvenne nel 1674.
Nel 1686 passò a seconde nozze con Narcisa Freschi, vedova Battistella, da cui ebbe sei figli tra cui Francesco Antonio, che divenne scultore.
Nel 1702 per la morte improvvisa del fratello Angelo, Orazio ne rilevò bottega e collaboratori tra i quali ricordiamo Giacomo Cassetti che divenne suo genero e il suo più fedele seguace.Orazio Marinali morì a Vicenza il 6 aprile 1720 e fu sepolto nella chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo.

L’ARTE DELLA BOTTEGA DEI MARINALI.
Orazio e Angelo (dell’altro fratello Francesco si sa molto poco) sono gli artefici di una scultura che praticamente a cavallo del Seicento al Settecento si diffonderà su tutto il Veneto e oltre. Dei due fratelli Orazio appare senza dubbio il più determinante, anche se Angelo fu uno scultore talora non inferiore ad Orazio, ma probabilmente la sua morte improvvisa nel 1702, ancor giovane, gli impedì di raggiungere quella maturità che si acquisisce nel tempo.
Orazio appare  come il vero caposcuola “ perché ha quegli estri, quel fiuto, che lo collocano, nell’esecuzione formale e nelle scelte tematiche, ben al di sopra di un conformismo di mestiere. Per i suoi inizi, per la sua vocazione, per le sue realizzazioni, Orazio ha la tempra di un rinnovatore” (Semenzato, op.cit). Infatti riuscì a comprendere come le barriere del classicismo veneto stava cadendo sotto l’irruenza del barocco. Ancora da Semenzato “Il gusto dell’ornamentazione, già maturatosi durante il Cinquecento, si ampliava ulteriormente. Il modulo spaziale, che era stato in precedenza geometrico e semplice fino al punto di essere quasi severo, venne sostituito dal prorompere di una più ansiosa e sensuosa decoratività …che, con le loro composizioni tumultuose e il loro pittoricismo fortemente chiaroscurato, costituiscono un momento molto interessante della cultura artistica dell’epoca cui i Marinali aderiscono senza riserve. Sui frontoni degli edifici, nelle nicchie delle loro facciate, nelle fastose decorazioni degli interni, nelle scalinate e nelle sale più rappresentative, si moltiplicava il numero delle statue, delle cornici, dei rilievi. Ma questa produzione risultava persino limitata se la si confrontava con quella dei giardini. La “villa” aveva perso ormai il suo significato originale di tempio dell’arte e di centro di un complesso agricolo che aveva caratterizzato le sue origini, ed era diventata sempre più luogo di evasione e di piacere, una dimora per eccellenza in cui trasformare in senso estetico la parte mondana dell’esistenza. I giardini non erano più l’orto e il frutteto, un angolo filosofico di meditazione ma rappresentavano quasi la meta finale della festa, il luogo dei giochi e delle meraviglie. La pur mondana mitologia classicista non bastava più e divinità e allegorie, personaggi della natura e artefici di singolari e fantasiose vicende cedevano il posto a nuovi personaggi … “ “Un popolo di servi, di contadini, di villanelle, di cacciatori, persino di nani, invadeva i viali un tempo esclusivamente riservati alle fiabe del mondo antico e all’infinita serie delle Virtù. Ve n’era per tutti i gusti, per chi amava i sapori della realtà come per chi preferiva ancora il fascino del mito, per chi si adattava allo scherzo e alla nascente promiscuità sociale dei tempi nuovi, e di chi voleva confermare orgogliose interpretazioni intellettualistiche. Sciamavano a centinaia e centinaia tra i viali sui muretti, come i fiori, come i rampicanti, come le fontanelle, come le parole galanti che ripetevano a sazietà l’irrinunciabile gioco degli incontri. Le belle strade che un tempo attraversavano la nostra pianura e le nostre colline, offrendo non la fretta di percorsi rapidi, ma il sorriso della ritrovata natura, dei buoni odori campestri, della semplicità di gente cordiale e fedele, si intrecciavano per esaudire i mille inviti, i mille appuntamenti, assecondati da questo popolo muto e complice di figure di pietra, ora intiepidita dal sole, ora gelata dal freddo, ora slavata dalla pioggia, ora protetta da una morbida veste di muschio.” 
Chi innestò in Orazio Marinali questo nuovo impulso scultoreo può senza dubbio identificarsi in Giusto Le Court, presso il quale ebbe certamente un apprendistato giovanile, anche se le opere del Marinali evidenziano uno stile legato per tipologie fisionomiche , repertorio iconografico e linguaggio formale all’opera soprattutto di Girolamo Albanese, importante scultore, architetto e pittore vicentino (morto nel 1660) e poi del figlio Francesco Albanese Scamozzi presso i quali Orazio – col trasferimento della bottega a Vicenza – avrebbe potuto completare con nozioni di architettura il suo bagaglio professionale e successivamente divenire, sostituendo gli Albanese,  il referente  delle committenze (De Vincenti, op.cit)
Il Le Court rappresentò il maggiore scultore attivo a Venezia nel pieno Seicento, è Le Court che introdusse a Venezia il barocco “nella sua accezione più opulenta e drammatica, operando assieme al maggior architetto veneziano del secolo il Baldassare Longhena. Egli segna un punto di partenza per una interpretazione più corposa e più libera delle immagini e sostanzialmente sarà questo che lo stesso Marinali assimilerà in modo tanto coerente e fecondo. Ci sarà quindi sempre nelle opere di Orazio Marinali qualcosa di forte, di incisivo, di espressionistico in senso barocco. I suoi corpi in tensione, i suoi panneggi ondosi e grandiosi, il virtuosismo pomposo dei suoi gesti, l’aggressività delle sue fisionomie, in una parola il suo carattere così vivo, immediato e nello stesso tempo magniloquente, devono la loro consistenza a questa iniziazione. Orazio Marinali ha avuto la fortuna e l’istinto, l’intelligenza e la passione, per comprendere quella rivoluzione che il Le Court interpretava in modo diretto permettendo all’ambiente veneziano di aggiornarsi e di mettersi al passo dei tempi nuovi.” (da Semenzato, op.cit.)
I Marinali furono gli scultori che per primi diedero un contributo essenziale a questa coreografia solidificata nella pietra e insieme con la loro bottega arrivarono per così dire ad avere il monopolio regionale veneto. Praticamente in tutte le città troviamo opere dei Marinali o in Chiese, o in Ville o in Palazzi o in Giardini in particolare nelle province di Vicenza, Venezia, Padova, Verona, e Treviso.

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I MARINALI  e il MONUMENTO A SAN BASSIANO
28 dicembre 1679: è la data in cui si delibera l’esecuzione della statua “Conoscendo li signori sindici et deputati che riuscirebbe di decoro et honore a questa città l’affigger sopra una colona in piaza a dirimpetto il S. Marco di marmo fino la statua del glorioso S. Bassano prottettor nostro, in ordine a quello viene praticato nell’ altre città, per ciò si propone parte che siino incaricati li signori sindici a far la spesa con l’occasione che si esibisce domino Oratio Marinale statuario perito, nostro compatriota, a far l’opera col maggior vantaggio possibile, et detta spesa dovrà esser fatta de danari di commun da non ecceder ducati 200, compreso la colonna: che riuscirà a gloria di Dio, del san¬to et della città stessa; non dovendo esser esborsato danaro se non sarà compita l’opra et erretta al suo loco in piazza” (dagli Atti del Consiglio)

Ma perché questo avvenisse doveva passare un po’ di tempo, in quanto si doveva reperire il finanziamento suddetto e anche di dare una nuova e diversa sistemazione alla Piazza.  Infatti dagli Atti del Consiglio del 27 luglio del 1781 si prende atto della situazione :” È molto tempo che vive desideroso questo pubblico di errigere nella piazza sopra una colona consimile a quella sopra la quale sta erretto il Ieone alato, gloriosa insegna della serenissima Repubblica di Venetia nostra riverita signora, un nobil colosso di fino marmo, rappresentante l’imagine del glorioso santo Bassano, vescovo di Lodi, prottettor nostro, a maggior gloria del santo et ornamento della città, essibendosi anco D. Oratio et fratelli Marinali Bassanesi, illustri scultori nella città di Venetia, di far l’opera con diligenza et perfettione. Onde li signori sindici et deputati, incontrando l’universale sodisfattione propongono parte che sii effettuata l’opera suddetta col danaro depositato in Santo Monte d’ordine de’ signori proveditori alla sanità a tal effetto et l’essibito da varii particolari, nel loco ove è il stendardo, et trasportato lo stesso nell’altro capo di piazza, col restar incaricati a ciò doi di questo consiglio.”

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L’opera pronta, a quanto pare, agli inizi del 1682, veniva inaugurata alla vigilia della festa del Santo, il 18 gennaio dello stesso anno anche se non risultava ancora completato il pagamento ai Marinali (mancavano ancora 90 ducati). Il saldo sarà effettuato nell’aprile seguente.
Il basamento della statua, uguale a quello del Leone di San Marco, si erge su due gradini ed ha forma di pilastro sorreggente un largo capitello. Al di sopra del capitello campeggia, visibile da ogni angolo della Piazza, la statua di san Bassiano in vesti pontificali finemente lavorate  [vedi immagine] con la mano destra benedicente nel segno della Trinità e la sinistra impegnata a stringere il pastorale, simbolo della dignità vescovile. Accovacciata al fianco del Santo c’è la famosa cerva, ch’egli in viaggio da Ravenna a Lodi, secondo la leggenda, avrebbe incontrato con i suoi cuccioli e salvato con slancio amorevole dalla voracità beffarda dei cacciatori lanciati al suo inseguimento.
Nel 1797, all’arrivo a Bassano della Rivoluzione Francese, basamento e statua soffriranno gli sfregi più brutali (alla cerva sarà portato via un orecchio e a san Bassiano alcune dita della mano, mentre agli stemmi del basamento verranno tolti e cancellati a colpi di scalpello i leoni e i leoncini sia bassanesi che veneziani) che gli saranno in parte cancella¬ti nel 1856 ad opera dello scultore bassanese Domenico Passarin per l’occasione della traslazione da Lodi a Bassano della reliquia, il radio destro del Santo.

 

NB. Ricordo poi che sempre in Bassano le opere di Orazio Marinali nella Chiesa di San Giovanni nella Cappella del SS. Sacramento e per il Duomo le figure dell’ altare del  Rosario.

Fonti documentali

AA.VV. Il duomo di Santa Maria in Colle di Bassano del Grappa. Comitato per la Storia di Bassano. 1991

Bordignon Alberto. Orazio Marinali. In Notiziario dell’Associazione. Associazione Amici dei Musei e dei Monumenti di Bassano del Grappa. Bassano, dicembre 2007

Brotto-Pastega Agostino. L’illustre bassanese. N° 21, Gennaio 1993, San Bassiano da Lodi a Bassano. Casa editrice Minchio, Bassano, 1993

Ericani Giuliana. Monumento a San Bassiano. In Notiziario dell’Associazione. Associazione Amici dei Musei e dei Monumenti di Bassano del Grappa. Bassano, dicembre 2007.

Galasso Giovanna. Orazione Marinali e la sua bottega: opere sacre. In : Rigoni Chiara (a cura), Scultura a Vicenza, Cariverona spa, 1999

Semenzato Camillo. L’illustre bassanese. N°53, Maggio 1998. La grande “impresa” dei Marinali. Editrice Artistica Bassano, 1998.

Signori Franco. San Bassiano patrono di Bassano ieri e oggi. Comitato per la storia di Bassano. Quaderni bassanesi/Storia 4. Gennaio 1999

Signori Franco. Notizie storiche sui personaggi citati nel manoscritto. In: Muraro Michelangelo. Il libro secondo di Francesco e Jacopo Dal Ponte. G.B.Verci Editrice, Bassano del Grappa, 1992

De Vincenti Monica. Marinali, Orazio. In : www.treccani.it Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 70, 2007

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