BASSANO DEL GRAPPA – 2012 – ARCHEOLOGIA DELLE PAROLE

ARCHEOLOGIA DELLE PAROLE

di Giorgio Pegoraro

Tassotti Editore, Bassano del Grappa, 2012,euro 10,00

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Riporto l’introduzione del Prof.Giolo.

DALLA PAROLA ALLA POESIA

“Chi conosce i nomi conosce anche le cose”. E’ la tesi che Platone sostiene nel Cratilo. In questo dialogo Socrate dice che l’essenza delle cose si rivela nel nome attraverso l’analisi etimologica. Quest’ultimo aggettivo deriva da etimologia, termine che non compare nel Cratilo, ma è introdotto nel terzo secolo a. C. in ambiente stoico, sostantivo che deriva dall’aggettivo étymos che significa “vero, reale”. Il sostantivo tò étymon indica il senso vero, il significato originario di una parola. Si potrebbero citare molti esempi di Omero e di Sofocle e un bellissimo verso dei “Sette contro Tebe” di Eschilo konis étumos ággelos per indicare la “polvere annunciatrice verace”. Il progresso della filologia ha permesso di estendere lo studio delle parole alle lingue più antiche, oltre al latino e al greco, come il sanscrito, l’antico egizio, il babilonese e le lingue non scritte come il gotico. Per le ricerche dei luoghi di città gli studi dei filologi possono risalire ai tempi più remoti, alle origini indoeuropee e qualche volta preindoeuropee. L’obiettivo dell’etimologia è far comprendere il senso profondo di una parola, le sue connotazioni, spiegando la sua storia, l’evoluzione degli usi e dei suoi sensi. Essa dovrebbe comprendere la data dell’impiego più antico di una parola, la fonte in cui compare la prima volta, le tappe della sua formazione, le forme intermedie, la spiegazione dell’origine e dell’evoluzione, le variazioni di significato, le osservazioni, gli aneddoti, le precisazioni per capirne la storia e la formazione; tutte operazioni che Giorgio Pegoraro compie splendidamente in questo felicissimo e piacevolissimo libro che ci immerge nelle epoche più antiche e nelle fonti della nostra storia. A cominciare dalla parola Vicenza che ci riporta alle origini indiane, venetiche, e agli antichi villaggi italici per poi ricondurci, attraverso Marco Giunio Bruto, a quella grande tragedia del primo secolo a. C. che è la morte di Cesare. E Bassano che, attraverso la famiglia dei Bassi, ci riporta a Orazio, Ovidio, Properzio, alla storia cristiana di Bassus, vescovo di Lodi, per poi entrare nella grande fiumana del periodo imperiale di Caracalla che voleva imitare Alessandro Magno e, nelle sue imprese contro i Germani, probabilmente attraversò la nostra mitica Valsugana. Ma la caratteristica peculiare di questo magnifico libretto, cosi ricco di storia e di cultura, è la poesia che il Pegoraro ci fa sentire viva e palpitante come quando ci tesse l’etimologia della parola luna che ci inoltra nei reami della grande lirica italiana, dalle anacreontiche di Vittorelli alle magiche atmosfere classiche e romantiche evocate dal Foscolo, o dal Leopardi o dal D’Annunzio, per poi terminare con il nome di Lucifero, il più bello degli angeli, che si sprofonda negli abissi dell’inferno. E che dire della parola nostalgia, parola greca-non greca che, partendo dall ‘Ulisse omerico che prigioniero della maga Circe pensa sempre alla sua Itaca, ricorda il film di Tarkovski, l”’errante sentimento d’amore” di Saba, per poi riportarci alla realtà delle guardie svizzere “i severi, ma splendidi personaggi che attorniano il Santo Padre”? E dell’arte che dal greco nemein e dal latino colere ci sprofonda nelle steppe unniche o nelle poleis che pullulavano nel continente e nelle amene e ridenti isole greche? E del termine parola, che dal prologo del vangelo di S. Giovanni che rievoca le origini del creato, nato nel Logos divino, ci immette nel mondo delle parabole di Gesù, che inducono il lettore a rileggere “pagine evangeliche di straordinaria suggestione”? Oppure la parola sfinge che ci conduce nel mondo delle Chere, delle Arpie, delle Sirene e delle Gorgoni e delle Erinni della mitologia classica? Oppure della parola piramide che rievoca la leggenda medievale di Ponzio Pilato, personaggio maledetto e benedetto per aver voluto e non voluto la morte di Cristo? Oppure della parola libro che ci familiarizza con le tavolette d’argilla di Creta o con i cocci di terracotta della Grecia o con i papiri che crescevano lungo il Nilo? Oppure della parola clero che ci porta sotto le mura di Troia e al duello fra Menelao e Paride? Oppure della parola fiato che ci ricorda i sacerdoti dell’ antica Roma e i bramini della società indiana? Oppure della parola argento che ci addentra nelle romite stanze di un’ infelice fanciulla leopardiana o nell’aspro stridore delle poesie giovanili del Carducci? E via via fino alla parola messa che deriva dalla formula finale della liturgia in latino riportata in auge da papa Benedetto XVI. Alla fine del libro Pegoraro ricorda il suo maestro, il grande glottologo Antonio Pagliaro, che gli ha fatto nascere la passione per l’etimologia e l’origine delle parole e noi lo ringraziamo per averci dato questo interessantissimo e raffinatissimo libro che, come lui stesso dice a proposito dell’ abbazia benedettina di Campese, è “un meraviglioso concentrato” della nostra storia, della nostra civiltà, e delle nostre più profonde radici culturali.

Prof. Gianni Giolo

 

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Un libro affascinante per ogni mente che ama la profondità della ricerca, anche di un singolo vocabolo, di una singola parola. Il prof. Giorgio Pegoraro ci dona questo lavoro dove la parola assume lo svolgersi  di una sua vita scrutando tra le varie pieghe dei significati assunti riuscendo con un affabile stile a dare una luce variopinta di tante parole che l’uso quotidiano le rende quasi banali .. Grazie di cuore, professore. (vasco bordignon).

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