LA CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE
di Vasco Bordignon
LE ORIGINI
Ecco esattamente che cosa scrive al riguardo l’abate Francesco Spagnolo nelle sue “Memorie storiche di Marostica e del suo territorio” del 1868:
“ Animate dalle prediche che certo padre Giuseppe da Faenza del 1617 avea tenute in S. Antonio, si riunirono in pio sodalizio nell’oratorio, che stava dirimpetto ad essa chiesa, trentasei persone, e ci si esercitavano in uffizii di pietà e di religione. Se non che accesasi fra essi la fiamma della discordia , pensarono alcuni di abbandonare il luogo, che forse ne avea dato l’incentivo; ed accettato ben volentieri il dono di certa cadente muraglia in contrada della Ca’ Grandi fecer loro i fratelli Stropparo e Gradasso Boscarino, nel seguente anno 1618, avuto da Giovanni Antonibon dalle Nove un po’ di calcina, e raccolte di elemosine sole otto lire, con sì meschini auspici ebbero il coraggio di accingersi alla fabbrica di una chiesa. Esposero una immagine della Madonna con un lumicino dinnanzi; ora si sparse la voce, e fu creduta dal popolo, che il lumicino continuasse ardere senza aggiungervi mai olio; il che cominciò ad attirar genti; e le elemosine crebbero per modo che la fabbrica si potè alacremente continuare, spendendovisi intorno non men di cinquecento ducati, somma per quei tempi, ed atteso lo scarso numero degli abitanti del nostro castello, considerabilissima. I due altari laterali di questa chiesetta hanno pregevoli lavori in legno; l’oratorio annesso fu compito solo trent’anno dopo, cioè nel 1648.”
La Chiesa venne consacrata l’11 agosto 1619.
LA SCALINATA E LO SCAPOLARE
La Chiesa, come possiamo vedere, sorge in posizione elevata preceduta da una maestosa scalinata composta da 47 scalini e ornata da due statue: a sx San Girolamo con il sasso della penitenza in mano e il leone ai piedi simbolo dell’eremitismo; a dx San Simone Stock generale dei carmelitani.
Storicamente Simone Stock non si sa di preciso dove sia nato, anche se certamente nacque in Inghilterra. Entrò nell’Ordine dei Carmelitani, di cui fu in seguito anche una preziosa guida, diventando celebre per la sua profonda devozione verso la Vergine Maria. Morì a Bordeaux verso il 1265.
Nel secolo XV, nei Paesi Bassi, emerse una leggenda circa un certo “San Simone” che aveva avuto una visione di Nostra Signora, nella quale Lei gli appariva con lo scapolare promettendogli: “Questo è il privilegio per te e per i tuoi: chiunque morirà rivestendolo, sarà salvo.” In pochi anni, i due racconti furono uniti e a Simone Stock, il Priore Generale, fu accreditata la visione della Nostra Signora. Il nuovo racconto fu rapidamente elaborato con dettagli biografici immaginari circa la vita di Simone, come la sua nascita a Kent in Inghilterra, la sua vita eremitica vissuta in un tronco di un albero, e la composizione del Flos Carmeli (un inno carmelitano molto bello alla Nostra Signora che in realtà era noto già nel sec. XIV, e dunque prima della leggenda). Il culto verso San Simone Stock e la devozione allo scapolare si diffusero rapidamente nei sec. XV – XVI e numerosi fedeli furono iscritti allo Scapolare. Lungo i secoli, pittori da tutto il mondo tradussero in immagine il racconto della visione dello scapolare, opere d’arte che si trovano in tutte le chiese carmelitane dell’Ordine. Nel sec. XVI, il culto a San Simone Stock fu inserito nel calendario liturgico di tutto l’Ordine. La sua festa si celebrava comunemente il 16 maggio. Dopo il Concilio Vaticano II, che tolse questa celebrazione dalla riforma del calendario liturgico, è stata di recente riammessa. Sebbene la storicità della visione dello scapolare non sia attendibile, lo stesso scapolare è rimasto per tutti i Carmelitani un segno della protezione materna di Maria e dell’impegno proprio di seguire Gesù come sua Madre, modello perfetto di tutti i suoi discepoli.
In pratica lo scapolare consiste in due piccoli lembi di lana marrone uniti da una stringa, e simboleggia l’abito che i monaci indossavano come segno della loro vocazione e devozione, anche se all’origine lo scapolare non era che una specie di grembiule che i monaci indossavano durante il lavoro manuale.
LA FACCIATA La facciata è assai gradevole. Al centro presenta un grande occhio ottagonale, poi quattro semicolonne ioniche poggianti su alto basamento sorreggono il frontone coronato da tre statue: al centro la Madonna del Carmine con lo scapolare in mano, a dx Santa Teresa d’Avila con il libro delle preghiere e il “mistico dardo d’amore”, a sx Santa Maria Maddalena De’ Pazzi raffigurata con la corona di spine in testa e in contemplazione del crocifisso, entrambe suore carmelitane.
L’insieme architettonico è di effetto scenografico con lo sfondo del colle Pausolino incorniciato dalle mura del Castello Superiore.
L’INTERNO
L’interno della chiesa è ad unica navata con tre altari: il maggiore in marmo, i due laterali in legno.
L’ALTARE MAGGIORE
L’altare maggiore è ornato da colonne corinzie, un timpano spezzato con dentelli e due santi in pietra che raffigurano gli Evangelisti San Marco e San Giovanni, nella nicchia la Beata Vergine del Carmelo col Bambino nell’atto di porgere ai fedeli lo scapolare .
L’ALTARE DI DESTRAL’altare a dx della navata è dedicato alla incoronazione della Vergine, è in legno riccamente intagliato con rilievi dorati. La pala rappresenta nella parte alta le figure del Figlio e del Padre che reggono la Corona sul capo della Vergine inginocchiata. Nella parte inferiore si vedono due santi S. Carlo Borromeo e il cardinale Antonio Barbarigo. I due cardinali chiedono la divina intercessione per scongiurare l’invasione dai turchi poi sconfitti nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. Bellissimo il paliotto in scagliola che riprende l’iconografia della pala d’altare, con al centro gli stessi cardinali in preghiera davanti all’altare e al crocifisso.
L’ALTARE A SINISTRA
L’altare a sx della navata, dedicato a Cristo Crocefisso, è in legno con rilievi intagliati e dorati. Al centro del timpano si nota uno stemma scolpito con l’immagine della Fenice ad ali spiegate e il sole raggiante, simboli della Resurrezione. La tela ad olio rappresenta la Madonna e S. Giovanni ai piedi di un Crocifisso ligneo applicato alla tela.
Stupende le decorazioni policrome del paliotto in scagliola incorniciato da una sagoma lignea con motivo vitigneo a grappoli e foglie dorati. I due pilastrini trapezoidali scolpiti in legno sostengono le teste di Cherubini a mò di cariatide. Al centro del palliotto si trova la scena della Crocifissione con le figure della Vergine, di S. Giovanni e della Maddalena prostrata ai piedi della croce. Sotto la Maddalena è inciso a colori un piccolo stemma con la Fenice siglato A.V., che ripete il motivo del timpano. La decorazione si apre ai lati in sinuose e grandi volute dal disegno frastagliato, foglie di acanto lanceolate, steli di tulipani e mughetti, due cardellini e farfalle.
I DIPINTI DEL SOFFITTO E PARETI LATERALI
I dipinti ad affresco sono attribuiti al pittore padovano Giuseppe Graziani (1699- dopo il 1760).
Nel soffitto al centro della navata (immagine) è raffigurata la Madonna che porge lo scapolare a San Simone Stock. Nella parte bassa vediamo che le anime del purgatorio con lo scapolare vengono portate in paradiso da un Angelo.
Gli affreschi che ornano le pareti della navata dentro specchi rettangolari raffigurano alcuni fatti salienti della narrazione biblica: Mosè davanti al roveto ardente; Mosè che fa scaturire l’acqua dalla rupe; Tobia o Tobiolo guidato dall’Angelo, con il fiele del pesce guarirà dalla cecità il padre; Elia destato da un Angelo; Elia davanti al vero altare incendiato da Jahvè; il sacrificio di Isacco
Negli affreschi del soffitto del coro delimitati da cornici in stucco vediamo: la Madonna del Carmelo col Bambino; due finestre portatrici di luce dalle quali pende il mantello che Elia passò ad Eliseo con il compito di continuare la sua opera; Elia che viene rapito in cielo da un carro di fuoco trainato da 4 cavalli (prefigurazione della ‘Ascensione di Cristo), ai lati due suore carmelitane in preghiera.
APPROFONDIMENTI
LA SCAGLIOLA
Rappresenta una tecnica decorativa, particolarmente versatile e duttile, oltre che resistente e di cui Carpi nel modenese e la Valle d’Intelvi in Lombardia costituiscono i centri più noti di produzione.
“La tecnica della scagliola ad intarsio, spesso impropriamente confusa per analogia con la tarsia marmorea, già praticata in età romana, trova largo impiego e favore in Italia, a partire dagli inizi del ‘600 in imprese decorative di carattere religioso e profano, basti per ciò pensare ai prodotti del mediceo Opificio delle Pietre Dure di Firenze
Il nome della tecnica deriva da quello del materiale impiegato: la scagliola o selenite – secondo la catalogazione della Naturalis Historia pliniana -, una varietà cristallina di gesso a sedimentazione lamellare, reperibile in grandi quantità sull’Appennino tosco-emiliano, che cotto, finemente macinato e miscelato con colori in polvere e collante organico dà origine alla «meschia ». Dalla stesura di base della «meschia », generalmente di colore nero, viene ritagliato «per via di levare» il disegno dell’ornato e delle parti figurate; le zone incise e scavate del fondo vengono successivamente riempite di paste di scagliola variamente colorate, talvolta rifinite pittoricamente.
I manufatti così ottenuti risultano caratterizzati da notevole durezza e resistenza e raggiungono effetti decorativi di vivido e raffinato cromatismo, assimilabili a quelli del commesso marmoreo, che la scagliola intarsiata sembra voler riproporre nei termini di un’ economicità materiale largamente riscattata sul piano tecnico dalla mirabile prassi esecutiva.” (da Palliotti in scagliola a Marostica)
IL PITTORE GIUSEPPE GRAZIANI
Note biografiche
Figlio di Pietro e di Virginia Gasparin, nacque il 16 maggio 1699 a Centrale, piccolo paese del Vicentino tra Thiene e Carrè.
Secondo il Verci, fu allievo del veronese Antonio Balestra. Ancora giovane, e senz’altro prima del 1734, era andato a vivere a Bassano e lo troviamo occupato nelle molteplici decorazioni della villa di Paolo Antonio Belegno, nobile veneziano e procuratore di S. Marco, situata lungo il Brenta e nota anche con il nome di Ca’ Nave ora Ca’ Erizzo. Tale lavoro si prolungò quasi certamente fino al 1740.
Successivamente eseguì l’affresco del soffitto di S. Antonio Abate a Marostica, che illustra in tre scomparti la Vita e la gloria del santo. Al Graziani viene anche attriubuito il ciclo di affreschi della volta e delle pareti laterali della vicina Chiesa dei Carmini.
Dopo il 1746 si datano due tele, Martirio di s. Fedele da Sigmaringa e S. Giuseppe da Leonessa in gloria, nella chiesa di S. Sebastiano a Bassano, parte allora del convento dei cappuccini.
Nel 1747 ultimava un’Ascensione di Cristo nel soffitto del coro della parrocchiale di Rosà.
Dopo il 1752 eseguì un affresco, andato poi distrutto, con l’Ascesa di s. Gregorio al cielo nel soffitto della parrocchiale di S. Gregorio Magno a Padova.
Intorno alla metà del secolo viene datata anche la pala in S. Francesco a Bassano con le Stimmate di s. Francesco, un tempo sull’altare maggiore e oggi collocata sul pilastro sinistro del coro. Nella stessa chiesa, secondo la testimonianza del Verci , avrebbe eseguito le portelle d’organo, ora non più reperibili, e l’affresco della volta con la Gloria dei ss. Antonio e Francesco, distrutto nel 1926.
Il 1758 è la data che compare nella tela firmata raffigurante S. Felice di Valois, collocata nella tribuna della chiesa della Trinità di Angarano, dove fa coppia con il S. Giovanni de Matha, pure del Graziani. Allo stesso periodo dovrebbe risalire la pala con S. Bovo, ora in sacrestia.
Dall’aprile del 1758 fu impegnato nel rinnovamento di S. Maria della Misericordia a Bassano, chiesa soppressa in età napoleonica (ora Chiesa della Beata Giovanna), con sei tele di argomento cristologico, chiaroscuri ad affresco e l’Eterno in gloria nella volta absidale: di tutto questo nulla rimane.
Verso il 1759 fu attivo in Vaccarino, vicino a Padova, nella villa di Gaetano Savonarola, oggi villa Trieste.
Nel 1760 il Graziani risulta iscritto alla fraglia dei pittori di Padova.
La data di morte del Graziani non è nota.
FONTI DOCUMENTALI
Bertolin Attilio. Chiesa della Madonna del Carmine. a cura del Lions Club Marostica
Biografia degli artisti Padovani. Napoleone Petrucci. Padova 1858
Guida per la città di Padova all’amico delle belle arti. Giannantonio Moschini. Venezia, Fratelli Gamba, 1817
Marostica. Città della Partita a Scacchi. Guida agli itinerari veneti minori, Biblos srl – Regione del Veneto, 2009
Marostica. I Castelli, le Mura, il Borgo. Origine, struttura, vicende. Giuseppe Antonio Muraro. Biblos 2009.
Memorie storiche di Marostica e del suo territorio raccolte dall’Ab. Francesco Prof. Spagnolo. Vicenza, Tipografia di Giiuseppe Stauder, 1868.
Palliotti in scagliola a Marostica. Catalogazione e restauri. Floriana Gandola Spalla, Bruno Gandola. 1990 (per tale tecnica in rete si trova ampia documentazione)
Notizie intorno alla vita e alle opere de’ pittori scultori e intagliatori della città di Bassano raccolte ed estese da Giambatista Verci. Venezia, Giovanni Gatti, 1775
www.beatiesanti.it
www.treccani.it