IL CASTELLO INFERIORE
IL GIOIELLO DI MAROSTICA
di Vasco Bordignon
la splendida monumentale facciata sud del Castello e del mastio; al centro in alto la bertesca ricostruita
la facciata nord del Castello vista dal Doglione
facciata nord del Castello vista dalla piazza
facciata nord del Castello dal sentiero dei Carmini
Secondo la tradizione, la costruzione del mastio (il torrione del Castello Inferiore) a sud del Doglione (già esistente) viene attribuita a Cangrande . Questa grande e possente torre farà, secondo alcuni autori, parte integrante nella costruzione del Castello Inferiore successivamente e precisamente al periodo delle realizzazioni di Mastino II, quindi dopo il 1339, quando il complesso fortificato sarà completato con il recinto quadrangolare e la costruzione di altre strutture chiuse, al suo interno.
La costruzione del Mastio e del Castello Inferiore oltre all’aspetto prettamente difensivo e oltre all’attuazione di un maggior controllo daziario dei transiti commerciali prima svolti dal Doglione, significò anche valorizzare tutto lo spazio esistente tra questa nuova struttura e il Doglione stesso costituendo un ampio spazio come la Piazza. Questo spazio poi aveva anche il grande vantaggio della presenza della Roza (o Roggia, in dialetto rosta) canalizzata poi nel 1430. Le acque provenienti dal territorio di Val d’Inverno costeggiando Vallonara scendevano nell’odierna Via Maggiore Morello, poi Via 2 Rogge, e Campo Marzio ed entravano poi entro il perimetro cittadino poco al di sopra del torresino successivo alla Porta Bassanese. Quindi fluivano sotto Via Rialto e Via Carmini, quindi scendevano per Via XXV Maggio e Via Vaienti, uscendo poi dalla cerchia muraria nei pressi di Porta Vicenza. Prima di uscire venivano incanalate per il fossato delle mura e del Castello Inferiore. Questa Roza garantiva quindi l’approvvigionamento idrico per gli abitanti, per gli animali e le greggi in transito, per attività agricole o artigianali. La sua importanza proseguì da allora fino a tutto l’Ottocento, favorendo anche la nascita delle successive attività produttive.
Il castello inferiore dopo la fine dell’epoca scaligera
Anche se Marin Sanudo nel 1483 a riguardo del Podestà scrisse che “sta nel Castello arente la porta vicentina, ch’è quadro, con quatro toresini, uno per cantone …. “ è verosimile che ciò avvenne stabilmente nel periodo della guerra di Cambray quando gran parte del Castello Superiore, sede iniziale del podestà veneziano, venne gravemente lesionato.
Tale decisione, oltre che per motivi di sicurezza, probabilmente fu presa anche per attuare un maggior controllo sulla popolazione. Nel prosieguo dei secoli, soprattutto ad iniziare dal 1600, iniziarono una serie numerosissima di piccoli e grandi interventi per trasformare il castello in un palazzo, destinato alla residenza privata del podestà e alle pubbliche mansioni dello stesso: nuove camere, nuove finestre, nuovi servizi igienici con acqua, nuove pavimentazioni, nuova stalla, nuova cantina, nuove scale, un forno per il pane, nuova cucina, ecc. Il tutto aveva il preciso significato di realizzare una elevata qualità abitativa per coprire tutte le esigenze delle funzioni residenziali che ormai il Palazzo aveva bisogno con particolare cura nel ridurre il più possibile la promiscuità degli spazi utilizzati, dividendo stanze pubbliche da quella private, locali specifici e privati per le varie mansioni e le varie figure della servitù, ben separati dagli appartamenti privati del podestà e della sua famiglia. Nel 1663 si dette inizio su ordine del podestà Marino Nadal alla costruzione anche di una cappella familiare al primo piano del castello: questa con altare con pala della natività e di due finestre arcuate a tutto sesto poste simmetricamente ad esso doveva trovarsi lungo il settore nord della attuale sala consiliare, con ingresso dalla porta del loggiato con sopra lo stemma dello stesso Nadal.
Anche l’aspetto esterno venne “addolcito” in particolare con grandi aperture ad arco, allineate verticalmente su due livelli ed alcune di queste anche balconate. Di tutto questo, con i restauri del 1934-36 sono rimaste poche tracce.
Altre trasformazioni vi furono nel corso dei successivi secoli in particolare i due loggiati furono completamente chiusi per ricavare nuovi vani, i fossati furono gradualmente riempiti perdendo la loro funzione difensiva.
Agli inizi del XX secolo la struttura come già accennato nei “Cenni Storici” era in condizioni di grande abbandono e di degrado fino al restauro effettuato negli anni1934-1936 con consolidamento e di ricostruzione di alcune parti crollate come porzioni angolate del recinto, alcuni elementi strutturali in mattoni e legno, e tutti i merli del recinto reinventandoli a coda di rondine.
L’ultimo intervento del 2008 si rese necessario per adeguare il manufatto alle moderne esigenze di una fruizione sia locale che turistica rendendolo completamente fruibile fino alla cima del mastio, oltre ad avere ricavato spazi per esposizione e mostre.
Tecniche costruttive (cenni)
Era uso degli Scaligeri utilizzare per le loro costruzioni materiali locali come la pietra (dalle cave collinari si estraeva la pietra arenaria calcarea) e come il legno (nelle vicinanze vi erano numerosi boschi di querce e di castagni).
Ricostruzione fedele all’originale di un tratto di mura trecentesca effettuata sul posto. L’opera è stata eseguita da alcuni membri della “Compagnia delle mura di Marostica”. I materiali usati sono gli stessi delle opere originali: mattoni in cotto, blocchi di arenaria di origine calcarea cavati sul posto, pietrisco, il tutto legato con sabbia di torrente e calce viva. Le misure, il progetto e la supervisione del manufatto sono a cura dell’arch. Duccio Dinale. (in occasione della Mostra “Marostica. Centro storico di interesse pubblico. La città scaligera come mai vista”. 1-23 marzo 2014)
La costruzione muraria veniva attuata con l’elevazione di due muri gemelli alti circa 70-110 cm con pietre sbozzate (pietra concia) tenute assieme dalla malta. L’insieme poteva avere una larghezza variabile tra i 3,20 e 1,40 metri in base all’altezza raggiunta: la base risultava anche allargata e, salendo fino al cammino di ronda, si andava via via riducendo.
Terminato il primo tratto lo spazio interno tra i due muri veniva riempito con qualsiasi materiale di riporto terra, sabbia, sassi, ecc. e il tutto pressato e pestato da potenti magli. Quindi sopra questo tratto murario veniva disposta una doppia riga di mattoni (come da immagine sovrastante) tenuti insieme dalla malta con la quale veniva poi tutto messo allo stesso livello.
Ricostruzione fedele all’originale di un tratto di impalcatura trecentesca effettuata sul posto.L’opera è stata eseguita da alcuni membri della “Compagnia delle mura di Marostica”. I disegni sono stati tratti da studi francesi sui ponteggi medievali. Le misure, il progetto e la supervisione del manufatto sono a cura dell’Arch. Duccio Dinale. (in occasione della Mostra “Marostica. Centro storico di interesse pubblico. La città scaligera come mai vista”. 1-23 marzo 2014)
Al di sopra di questo materiale laterizio si riprendeva la costruzione applicando delle travature entro fori di appoggio creati a varia altezza e a varia distanza: fori che si vedono ancor oggi e che consentono ancora l’areazione. Per fare un esempio il fronte meridionale del castello è costituito fa ben 14 porzioni di realizzo.
Il mastio, avendo uno scopo esclusivamente difensivo, aveva bisogno di maggiore robustezza e quindi le sue strutture murarie vennero realizzate con uno spessore costituito completamente da pietre dalla base fino a circa 20 metri. Dopo questa altezza, per non avere una struttura troppo pesante, venne introdotto il laterizio, in particolare nelle angolate non solo del mastio ma anche del castello, dove vediamo queste serie di triangolazioni irregolari in mattone chiamate a dente di sega (immagine a lato).Si deve sottolineare come l’uso della malta non serviva solo per legare le pietre ma anche per livellare le varie parti e per spianare la superficie a vista. L’uso delle pietre sbozzate, quindi non perfettamente squadrate, era sufficiente per regolarizzare abbastanza la struttura in costruzione riducendo anche lo strato di malta necessario.
Altri elementi architettonici sono di impronta scaligera: i pilastri del loggiato al piano terra, di mattoni di grandi dimensioni, a sezione ottagonale con capitelli a testa di toro (immagine sovrastante) e peducci a stampella di legno di rovere, ancora presenti. Anche l’insieme della costruzione consente di comprendere come vi sia stata una accurata progettazione basti pensare alla geometria della costruzione: a pianta quadrata con lato di circa 34 metri con l’altezza del mastio ugualmente di 34 metri.
Tecniche di difesa (cenni)
L’insieme di questa struttura consente ancora adesso, dalla tracce presenti, di immaginare le varie tecniche difensive da attuare in caso di bisogno.
Esternamente vi era un largo e profondo fossato che circondava il castello: il vecchio limite del fossato è rappresentato da una stretta e alta delimitazione in pietra rossa (detta anche “liston” documentato dal 1466) che poi va a contornare tutta la piazza; vi erano due sole aperture che consentivano un accesso: una a sud e una a nord, utilizzabili solo con la calata dei ponti levatoi per il passo carraio e pedonale; altre aperture verso l’esterno era rappresentate da alcune feritoie e quattro finestre ogivali presenti verso la fine del mastio, irraggiungibili per la loro altezza, a quel tempo.
immagine relativa all’asse delle due aperture a sud e a nord e il portone della porta settentrionale
a destra immagine di un cardine doppio presente nello stipite marmoreo della apertura meridionale del castello: si vede chiaramente come sia murato e come i due perni o spine siano contrapposti: questi perni venivano infilati dall’occhio della bandella fissata al relativo battente; a sinistra vediamo un cardine doppio ancora “attivo” nel apertura nord del Castello nel quale solo il perno superiore è infilato nella bandella del battente; tuttavia si vede l’incavo nel muro dove alloggiava anche la bandella del battente inferiore.
I veri punti deboli potevano essere quindi solo le due suddette aperture ma per questo provvedeva dall’esterno all’interno il paramento del ponte levatoio chiuso, la grata metallica a saracinesca inserita nello spessore del muro e infine il portone chiodato. Tutto questo può essere dedotto dalle tracce ancora evidenti sulla muratura per il ponte levatoio, la fessura all’interno dello spessore murario per lo scorrimento della grata, e il portone è visibile e constatabile ancora oggi con cardini doppi, detti anche gangheri. Questi cardini permettevano di creare portoni a doppio battente, uno sopra l’altro. Ciò consentiva in tempo di pace di aprire i battenti inferiori del portone che chiudeva il varco carraio, mentre restavano chiusi i battenti superiori. In tempo di guerra costituiva un rinforzo durante i tentativi di scalzamento perché i due battenti essendo agganciati allo stesso pernio gravavano l’uno sull’altro.
portone ancora presente, da tradizione riferibile al 1600
struttura angolare presente nel recinto murario che permetteva una maggiore capacità difensiva
Bertesca (ricostruita) al di sopra della porta meridionale del Castello: si possono vedere le feritoie i difensori attuavano la cosiddetta difesa piombante in quanto scaricavano dall’alto sugli assalitori proiettili solidi o liquidi (pietre, pece, olio bollenti, o altro)
Anche dall’interno vi erano possibilità di difesa. Lungo gli spalti di ronda tra un merlo e l’altro vi erano delle interruzioni di legno basculanti per dar spazio ai difensori armati di archi e di balestre di scoccare le loro armi. Alle strutture angolari del recinto murario che avevano una altezza maggiore rispetto a quella del camminamento di ronda vi si trovava una struttura rilevata orizzontale che permetteva una ulteriore difesa con archi e con difesa piombante. La stessa difesa piombante era possibile sopra l’ingresso a mezzogiorno per la presenza di una bertesca (oggi ricostruita) (immagine sovrastante), che come si vede è data da una struttura sporgente dal filo delle mura che permetteva una difesa dall’alto.
Nella parte in altezza delle pareti del mastio vi erano delle feritoie orientate verso zone di particolare interesse di difesa.
LA VISITA al PIANO TERRA
Gli asterischi segnalano i vari luoghi di interesse che vengono descritti in questo lavoro
I doppi colonnati racchiudevano un ampio spazio che rappresentava la corte d’Armi. Come già detto il colonnato è in laterizio con capitelli a testa di toro e da pedicelli a stampella.
Le pareti sono diffusamente ricoperte da un parato floreale.
Al centro della corte vi è un pozzo la cui vera (cioè l’anello), in pietra di Asiago, risale al XV secolo.
Sul fianco della Torre è presente una lapide in memoria di 4 partigiani uccisi nel 1944 dai nazisti.
Andando verso il vano di difesa della porta settentrionale su una colonna d’angolo e di fronte ad essa si vedono due affreschi probabilmente dello stesso periodo (databili secolo XIV) raffiguranti San Cristoforo con Gesù Bambino sulla spalla e Sant’Antonio Abate benedicente.
Alla fine del portico settentrionale tra il parato floreale si possono vedere alcuni reperti di una chiesa scomparsa, quella di San Sebastiano del XV secolo : una bifora e un portale ed una iscrizione. Nel portico orientale si può apprezzare una sinopia di una barca abbastanza bene delineata.
Proseguendo verso nord vi è il vecchio vano di difesa che evidenzia ancora gli alloggiamenti dei vari sistemi di difesa, già considerati. Il vecchio ponte levatoio nel XVIII secolo è stato trasformato in un ponte di muratura e il vecchio fossato difensivo, privato dell’acqua, è stato livellato di terra su cui crescono erbe spontanee (immagine sovrastante). Si racconta come nel fossato ai tempi del Prospero Alpini (XVI secolo) vivesse un coccodrillo importato dallo stesso medico viaggiatore. Oggi questo coccodrillo si trova conservato nella farmacia cittadina.
In questo vano sulla parete sx è da vedere una sinopia dell’assedio ad un castello e sulla parete opposta un’opera di Gigi Carron in bronzo “Marostica città di cultura”. (immagini sottostanti rispettivamente a sx e a dx). NB. Cenni biografici su Gigi Carron alla fine del lavoro.
SALA 1 e 2 (si entra dal vano di difesa)
Utilizzate nel XX secolo per ospitare alcuni uffici comunali, in seguito il Museo del Cappello di paglia, l’ala è oggi sede della Associazione pro Marostica e dell’Ufficio Informazioni turistiche (aperto tutti i giorni 10,00-12,30 e 14,30-18,30).
SALE 3-4-5-6 (si può entrare dal vano difesa e anche dal porticato orientale)
Destinate nel Seicento alle attività servili del Castello, nel XIX secolo furono sede del Consiglio comunale e del teatro sociale.
Attualmente sono adibite a sale espositive e ospitano attività culturali e mostre d’arte.
La sala maggiore custodisce una fascia soffittale con gli stemmi della città residenti e un gruppo scultoreo di Luigi Ferrari raffigurante il doge Foscari inginocchiato davanti al leone di San Marco.
IL MASTIO
Il mastio dal basso verso l’alto
il mastio visto dal cammino di ronda
Misura 10 metri di lato e 34 di altezza. Sette sono i piani interni collegati con 148 gradini.
Il pianterreno destinato nel XIX e XX secolo a custodia del carcere mandamentale è sede della Compagnia delle Mura.
Nel primo piano visitabile viene presentata la scoperta del grande Prospero Alpini: il caffè.
Nel secondo piano sono allestite numerose immagini della Partita a Scacchi. Arrivati al terzo piano si può andare a sx e percorrere il cammino di ronda (di cui parleremo più avanti) oppure si può proseguire con la visita di alcuni locali adibiti a celle. Di una di queste è la porta sottostante ben attrezzata!
Anche i piani successivi presentano una serie di locali utilizzate come prigioni.
All’ultimo livello la Sala del Capitano che presenta una volta a crociera in laterizio, camino, latrina e acquaio incassati nello spessore murario e 4 finestre ad arco acuto disposte ai 4 punti cardinali. Da notare l’antica strumentazione (la tradizione lo fa risalire al 1400) per le segnalazioni ottiche notturne. Tale sala consente una visione panoramica a 360° del territorio circostante e quindi ideale per il controllo e la difesa del territorio stesso.
VISITA del PRIMO PIANO
i punti segnalano i vari luoghi di interesse che vengono descritti in questo lavoro
Inizieremo il nostro percorso percorrerendo le varie sale per poi passare nelle loggia settentrionale e orientale.
SALA DEL CONSIGLIO
Sede attuale del Consiglio comunale e degli eventi culturali più prestigiosi della Città.
Gran parte della superficie muraria presenta parati floreali trecenteschi dalla caratteristica forma a griglia, nella immagine dettaglio
sulla parete sx campeggiano due grandi stemmi nobiliari affrescati tardorinascimentali di difficile interpretazione. Si sottolinea la diffusa presenza del parato floreale
nella parete dx e nord adorna la sala un insieme di un coro ligneo proveniente dalla chiesa di San Rocco (XVI secolo) intagliato con foglie di acanto
particolare del soffitto in legno con travatura d’impronta trecentesca sostenuta da beccatelli in pietra di Asiago
in alto sulla parete orientale si vede una iscrizione e alcune sinopie che rivelano l’esistenza di una cappella (1666) voluta dal podestà Nadal.
in parte coperta da tendaggi vi è la grande invetriata ottenuta con ben 158 elementi piombati; é verosimile che in questa zona vi fosse l’altare e una statua dellla Madonna all’interno della cappella voluta dal Nadal
SALA DELLE ARMI o DELL’ASTANTERIA
Vano di accesso e astanteria fino al XIX secolo circa.
Sono presenti due mappe storiche e alcuni mobili del XV secolo.
Da notare la modanatura soffittale a scacchiera (a sx) e il pavimento seicentesco ( a dx).SALA DEL CAMINO o DEL PODESTA’Alloggio privato del podestà in epoca veneziana, fu sede del potere austriaco locale e di alcuni uffici militare e civili durante il regno d’Italia. Interessanti le mappe storiche alle pareti e il mobilio storico.
parete orientale : degli stemmi presenti da ammirare solo lo stemma di Marostica (1865).
stemma di Marostica
parete meridionale con in alto affreschi di stemmi nobiliari dei podestà Balbi, Zorzi, Foscarini del XV-XVI secolo e sotto l’affresco con Madonna della scuola del Montagna
stemma del podestà Balbi
stemma del Podestà Zorzi
stemma del Podestà Foscarini
Tempera a fresco strappata a mascello da una facciata su portico di un rustico in demolizione a sud di Marostica, attribuita alla scuola del Montagna con Madonna in trono e con i santi Sebastiano e Rocco. A questi santi erano intitolati i conventi francescano e domenicano attivi a Marostica dalla fine del XV secolo
parete settentrionale con camino e pavimento opera del restauro 1934/36
parete occidentale con lo stemma dei Savoia (1866) contrapposto a quello di Marostica
SALA DELLA PRETURA o DELL’ONORE
Dal 1664 è stata sede della Pretura veneziana e dal 1850 anche di quella austriaca; da qui la designazione di Palazzo Pretorio per l’intero Castello Inferiore. Attualmente è la sala di rappresentanza del Castello. Sono conservati vari oggetti riguardanti la Partita a Scacchi, oltre al Gonfalone della Città di Marostica e ad un affresco proveniente da una struttura demolita a Vallonara “La Madonna in atto di deporre sulle spalle della beata Giovanna Bonomo un grande e simbolico velo” di pittore sconosciuto, probabilmente della cerchia dell’udinese Rocco Raimondo Pittaco che nel 1871 affrescava il soffitto parrocchiale della Chiesa di Vallonara.
il dipinto della Madonna e la Beata Giovanna Bonomo
Gonfalone della Città di Marostica
MUSEO DEI COSTUMI DELLA PARTITA A SCACCHI
Espone una selezione dei costumi utilizzati durante la partita a Scacchi. Compaiono gli Armati del Castello, i Protagonisti della vicenda (Lionora, Oldrada, Vieri, Rinaldo, ecc.) e i Pezzi Viventi. E’ presente, inoltre, una selezione di oggetti di scena e nella teca alcuni ricordi delle uscite all’estero e dei gemellaggi con Tendo in Giappone e San Bernardo do Campo in Brasile.
LOGGIA SETTENTRIONALE
Il nostro percorso inizia dalla fine della loggia da dove poi si potrà entrare per la visita al Mastio e da lì poi eseguire il cammino di ronda ed entrare nella Sala dei vessilli.
Troviamo in sequenza il busto del procuratore veneziano Giovanni Pisano, una lapide in ricordo di Antonio Donà, un busto del patrizio Angelo Emo (secoli XVI-XVII), quindi un’ampia fascia pittorica da dividersi in una parte superiore che è relativa agli stemmi gentilizi della famiglia Zen o Zeno, e nella parte inferiore quelli di Venier, Donà, Foscari, Barbaro, Da Mula, e nella zona sottostante troviamo un’ara votiva.
loggiato settentrionale nel suo insieme
busto del procuratore di San Marco Giovanni Pisano
Durante l’anno 1562 famoso per una terribile carestia il podestà Antonio Donà (Donato) fece tutto il possibile per alleviare le conseguenze dei mancati raccolti e sovrintese con grande vigilanza alla distribuzione delle provvigioni
busto del procuratore veneziano Angelo Emo
stemmi della famiglia Zen tra una scena della crocifissione; diversi furono i personaggi di questa famiglia che ricoprirono la carica di Podestà. Chi fece eseguire questo affresco potrebbe essere Girolamo Zen nel 1526.
stemma a sx della famiglia Venier e a dx della famiglia Donà o Donato
stemmi a sx della famiglia Foscari e a dx della famiglia Barbaro
stemma della famiglia Da Mula
GRANIA BACCHIS DEANAE DO DE (Grania, di Bacco sacerdotessa, a Diana in dono diede)
Su tratta di una iscrizione votiva proveniente da Valle San Floriano, località a circa 2 km da Marostica. Il culto a Diana, presente anche in altre zone del vicentino, conferma la grande ricchezza di vegetazione che vi doveva essere in questo territorio in età romana.
LOGGIA ORIENTALE
Proseguiamo senza soluzioni di continuo dalla loggia settentrionale alla loggia orientale continuando con gli stemmi gentilizi di altri podestaà veneziani che si sono succeduti nel governo di Marostica tra i secoli XV e XVIII, quali Barozzi, Nadal, Longo, Dal Molin, Marin o Premarin. Tra questi stemmi troviamo un curioso cartiglio.
Sempre all’inizio di questa loggia troviamo due busti uno del medico Piazza ed uno al grande medico botanico Prospero Alpini.
Sulla parete meridionale si può notare una lastra tombale appartenente ai veronesi della Tavola. Scendendo le scale per uscire ( o per entrare) ci troviamo di fronte ad un affresco.
stemma della famiglia Barozzi
stemma della famiglia Nadal
stemma della famiglia Longo
stemma della famiglia Dal Molin
stemma della famiglia Marin
il cartiglio : del XV secolo: raffigura una partitura su tetragramma in note e silllabe che cela il rebus : “dopo mi chi temido? doge ai”!
a sx il dottor Leonardo Piazza opera di Gigi Carron e a dx il medico botanico esploratore marosticense Prospero Alpini opera di Luigi Ferrari secondo il Brentari, secondo studi recenti sarebbe attribuibile a Bartolomeo Ferrari
edicola con lastra tombale di un personaggio dei della Tavola, famiglia veronese presente con feudi anche nel Vicentino
affresco “anima penitente” che si vede all’entrata per la visita al castello e anche all’uscita
SALA DEGLI SCUDI E DEI VESSILLI
Restaurata nel 193436 misura oltre 500 mq e presenta 10 capriate all’italiana. Si accede durante il cammino di ronda.
Nel XVI-XVII sec. era utilizzata come magazzino e alloggio per le maestranze. Oggi espone gli scudi e i vessilli utilizzati durante la partita a scacchi e la riproduzione di due balestre.
CAMMINO DI RONDA
Posto a 20 metri di altezza e aggettante verso l’interno, è munito di parapetti e merli ghibellini a Nord e guelfi a Sud.
Lungo il perimetro sono presenti ai 4 angoli 4 torri scudate poste a filo di parete. Sul fronte meridionale è posta la bertesca di cui abbiamo già parlato. Interessanti sono le immagini che da questa altezza possiamo godere. Da notare l’antica campana che un tempo convocava il Consiglio.
BREVI CENNI BIOGRAFICI
LUIGI FERRARI visse e operò a Marostica. Suo figlio Bartolomeo scultore e fonditore fu collaboratore del Canova e autore di 22 statue di Prato della Valle di Padova. La figlia Antonia di Bartolomeo andò in sposa al pittore marosticense Cosroe Dusi. A Bartolomeo si deve il busto di Prospero Alpini.
GIGI CARRON nacque a Marostica nel 1926 e morì a Marostica nel 2006. Fu pittore, scultore, ceramista, insegnante d’arte ed educatore. Varie sono le sue opere presenti a Marostica oltre a quelle citate in questo lavoro.
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare soprattutto Carla Frigo, assieme a Sara Muraro, dell’Associazione Pro Marostica per la disponibilità datami nella attuazione di questo lavoro.
Fonti documentali
AA.VV. Marostica. Profilo istituzionale di un centro urbano nell’età della Serenissima. LA SERENISSIMA editrice, 2004.
(di questo libro desidero sottolineare di Duccio Dinale il capitolo ” Da rocca a palazzo: indagine su alcune trasformazioni del Castello Inferiore di Marostica tra il 1600 e il 1668″; e di Otello Bullato il capitolo “Stemmi dei Podestà Veneziani a Marostica”.)
Bordignon Gianpaolo, Passuello Massimo. Il Castello Inferiore di Marostica. Il suo riuso ed il restauro degli inizi del secolo scorso. In CASTELLUM, Rivista dell’Istituto Italiano dei castelli, 43 – Dicembre 2001. Roma, Castel S.Angelo.
Brentari Ottone. Guida storico-alpina di Bassano – Sette Comuni. Canale di Brenata – Marostica – Possagno. Sante Pozzato, Bassano, 1885.
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Dellai Giordano. Marostica e il suo territorio nel Duecento. Società e ambiente a Marostica, Mason, Molvena, Nove e Pianezze secondo il Regestum possessionum comunis Vincencie del 1262. LA SERENISSIMA, 1997.
Le Cento Città d’Italia Illustrate. MAROSTICA. La gemma del pedemonte vicentino. Casa Editrice Sonzogno, Milano, sd.
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Muraro Giuseppe Antonio. Marostica e la dominazione scaligera nel Veneto. Tipografia Minchio, 1989.
Muraro Giuseppe Antonio. La “Compagnia delle Mura di Marostica”. Edizione della Compagnia delle Mura di Marostica, 1996.
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