MAROSTICA – L’ORATORIO DEI CARMINI (1648)
a cura di Vasco Bordignon
LA SUA STORIA
L’Oratorio dei Carmini fu costruito nel 1648 dalla storica Confraternita del Carmine, come propria sede, dopo che la stessa aveva eretto in un anno, fra l’agosto del 1618 e l’agosto del 1619, la bella chiesa barocca, posta alla sommità della scenografica scalinata di pietra bianca, nella parte alta e più suggestiva della vecchia Marostica.
Il manufatto fu adibito come sede della Confraternita, e quindi come luogo di incontro e di preghiera per i confratelli, fino alla sua soppressione in epoca napoleonica; dopo di che, per un lungo periodo nel corso del sec. XIX, ormai deturpato e privato della decorazione pittorica e dei pregevoli stucchi, che ne ornavano le pareti e la volta, passò ad altre proprietà e usato in modo del tutto diverso da come era stato in origine. Successivamente passò al Comune e adibito prima a scuola pubblica, negli anni ‘30/’40 del secolo scorso, poi come abitazione precaria di famiglie povere di Marostica e infine come laboratorio di ceramica, fino agli anni ’60, quando tornò definitivamente in proprietà della Parrocchia di S. Antonio Abate.
Per tutto questo tempo l’ Oratorio, rappresentato da due aree separate da un arco murato e tinteggiate più volte, prima con calce bianca, poi di giallo ocra e infine di grigio uniforme, ha celato il tesoro dei dipinti sottostanti ed è stato usato come ripostiglio e magazzino di qualsiasi materiale, abbandonato ad un destino di progressiva, inevitabile rovina. L’intervento provvidenziale dell’Associazione Sodalitas Cantorum, sorta nel 2012 intorno al coro de I Cantori di Marostica, con lo scopo di recuperare quegli ambienti e di farne la propria sede, nonché un centro di promozione culturale e musicale per la Città di Marostica e il suo territorio, ha fatto sì che i dipinti, rovinati e rimasti nascosti per lunghissimi anni, tornassero a splendere nella loro bellezza originaria, dopo un restauro durato quasi tre anni e condotto con perizia e rigore filologico dallo Studio di restauro della Dr. Alessandra Sella di Schio, coadiuvata dalla Dr. Barbara D’Incau e da un’équipe di restauratrici veramente all’altezza della situazione, avendo risolto diverse problematiche legate al non semplice recupero di una superficie dipinta di più di 100 mq.
L’Oratorio dei Carmini ora recuperato é visitabile. Per arrivarci è necessario fare un breve percorso. Aperta la porta a sinistra dell’ingresso della Chiesa, si sale attraverso una angusta scala alla sede di questo Oratorio. Tale sede è suddivisa da un arco in muratura in un’area nord con una superficie di 4,30×5,60 m, e in un’area sud più ampia con 9,00 x 5,60 m.
AREA NORD
L’area nord non ha affreschi ma presenta al visitatore dei reperti molto interessanti: un copri-organo e una statua lignea di Madonna con Bambino, nonché una antica porta lignea che apriva e apre tuttora ad edifici vicini.
IL COPRI-ORGANO
Per comprenderlo trascrivo le parole di Albano Berton presidente della suddetta Associazione Sodalitas Cantorum: “Si tratta di un telo copri-organo ispirato al motivo di Re David che suona l’arpa, dipinto a olio su tela verso la fine del XIX secolo. Tale singolare drappo aveva la funzione di proteggere le canne di facciata dell’organo della chiesa di Sant’Antonio Abate realizzato nel 1882 da Giovanni Battista Zordan (fondatore dell’omonima famiglia organaria di Cogollo del Cengio), durante la Quaresima e in particolare nel periodo compreso fra la domenica di Passione e la notte del Sabato Santo: una prescrizione adottata in segno di lutto e penitenza per onorare la passione e la morte di Gesù Cristo. Fu casualmente ritrovato fra gli oggetti abbandonati nell’Oratorio dei Carmini prima del restauro (quando cioè l’edificio era ancora adibito a magazzino), e si trovava in un precario stato di conservazione. Il restauro si rendeva necessario e ci siamo, ovviamente, rivolti ad Alessandra Sella e a Barbara D’lncau, che già avevano ricuperato gli affreschi e le altre opere d’arte nell’Oratorio dei Carmini. “Il lavoro non è stato semplice – dicono le restauratrici – spiegando come il dipinto, di grandi dimensioni (cm 278×370), sia stato eseguito su un supporto tessile in misto cotone ad armatura di tela con densità fitta e regolare. Costituito dall’assemblaggio di quattro pezze cucite verticalmente, è stato ancorato sul lato superiore a un rullo ligneo che serviva a riavvolgerlo e a tenderlo a seconda dell’esigenza… Non è stato finora possibile identificare l’autore, che tuttavia pensiamo possa essere ricondotto a un ambito veneto”.
LA STATUA DELLA MADONNA CON BAMBINO
Riporto l’interessante relazione delle restauratrici su questa statua. “L’opera, rinvenuta all’interno dell’Oratorio dei Carmini rientra nell’ambito della statuaria devozionale. I corpi della Madonna e del Bambino sono troncopiramidali e privi di arti; il rivestimento in tessuto e carta, anche se non sembrava molto sontuoso o ricco, ci rimandava alla tradizione delle “Madonne vestite”. La scultura in legno di pioppo è costituita da 5 assi disposte verticalmente a raggiera, (partono dall’altezza delle spalle per arrivare fino a terra poggiandosi ad una base piana) assemblate con chiodi di ferro. Non ci sono segni che possano dimostrare che in passato la statua potesse aver avuto braccia o forme diverse. Il Bambino, è costituito invece da un unico blocco dove, con molta probabilità non in fase ma successivamente, è stato tornito creando dei fori profondi circa 5 cm di diametro proprio all’altezza delle braccia. Si procedeva successivamente allo svuotamento del retro per rendere più leggera la struttura e per prevenire eventuali cedimenti delle fibre durante la prima essiccazione. In questo caso il bozzetto della struttura è molto semplificato, quasi in maniera elementare e primitiva è stata realizzata la testa che non sembra essere originale per via delle proporzioni troppo piccole, inserita ad incastro tornito nel corpo a piramide a cui il Bambino si aggancia per mezzo di perni. Durante l’intervento di restauro sotto il rivestimento, si è notato che la superficie era stata gessata e non solo, bensì lavorata a foglia oro. Vista la preziosità e la ricchezza della superficie sottostante si è deciso di rimuovere il tessuto, riportando in luce una superficie decorata dove erano stati realizzati brillanti soluzioni cromatiche: lamina metallica dorata applicata a guazzo sulle vesti del bambino e sul manto della Madonna, con lavorazione a bulino e a rilievo che andava a creare una texture di fiori e picche, ripresi da lacche trasparenti rosse e verdi. La scultura, oggi restaurata, era stata oggetto di un massiccio attacco di insetti xilofagi che avevano generato la perdita della pellicola pittorica e delle parti dorate in ampie zone. Il restauro oltre a consolidare il legno, ha permesso di fissare gli strati preparatori, la pellicola pittorica e la doratura. Il recupero ha inoltre permesso di ridare la policromia originale all’intero manufatto”.
Qui sopra l’antica porta lignea con relativa serratura comunicante con l’esterno.
AREA SUD
Nell’area sud vi è il cuore, l’anima dell’Oratorio dove si svolgevano le riunioni e le attività della Confraternita. In questo luogo nel tempo si è provveduto ad affrescarla in tutte le sue pareti che – ad eccezione della parete ovest alquanto rovinata – dopo il restauro si ammirano e costituiscono un prezioso documento della vita e della fede della Confraternita.
Da questa immagine possiamo ben individuare la presenza di una boiserie [boiserie indica un rivestimento in legno per pareti] che circonda tutta la parte inferiore nei tre lati visibili, la parete est in gran parte priva di affreschi, mentre la parete sud ed ovest e la volta sono riccamente affrescate, come pure l’arco divisorio, che vedremo più avanti.
LA BOISERIE
Come detto, sui lati ovest, sud ed est corre una boiserie in legno d’abete, del tutto originale. Dopo l’accurata pulitura fatta dal Maestro Restauratore Leopoldo Costenaro, sono emersi a intervalli più o meno regolari dei nomi, scritti ad encausto [tecnica di pittura antica che utilizzava colori sciolti in cera fusa, che venivano poi riscaldati al momento dell’uso], con cura calligrafica e in corsivo, dei confratelli che in un certo periodo hanno dato vita al Consiglio della Confraternita del Carmine: era allora priore Dalla Zuanna Giovanni, il cui nome appare ben leggibile al centro della boiserie sul lato Sud, nel posto che doveva essere proprio del Capo, mentre a destra e a sinistra sono da individuare i nomi dei suoi diretti collaboratori/assistenti. Degli altri nomi pochi sono leggibili (Merlo Bortolo, Merlo Giovanni, Malia Raffaele, Spagnolo Francesco, Costacurta Giovanni), alcuni addirittura si sormontano in duplice scrittura. E’ molto interessante il fatto che, sotto alcune scritte più o meno leggibili, si legga chiaro il ruolo ricoperto dal confratello interessato: maestro di novizi, corista (sulla parete Ovest), sagrestano, segretario dell’Oratorio (sulla parete Est). [dalla relazione del restauro, vedi fonti documentali in calce]
esempio della sedia centrale e del nome relativo al centro del rivestimento ligneo della parete sud, e a dx un altro esempio nel rivestimento della parete ovest.
PARETE EST
Come si vede, mancano quasi del tutto gli affreschi che dovevano ritrarre scene della vita di San Gerolamo, specularmente a quelle della vita di San Filippo Neri.
PARETE SUDSpicca nella parete Sud, sotto il rosone, la figura del Padreterno fra due angeli e nuvole: un volto nobile e austero di vecchio canuto, dalla barba fluente, che ricorda da vicino i vegliardi della bottega dei Dal Ponte, nell’atto di benedire e indicare, con le tre dita protese della mano destra, il simbolo della Trinità.
Appena sotto, in un grande riquadro, appare la scena della fondazione dei Carmelitani: l’apparizione, nel 1251 sul monte Carmelo, della Madonna dai lineamenti aggraziati e materni, seduta in trono, con in braccio il Bambino Gesù, che offre lo scapolare a San Filippo Neri inginocchiato a destra, mente a sinistra è raffigurato San Gerolamo, dottore e padre della Chiesa, autore della Vulgata, con tutte le attribuzioni che di solito ne accompagnano l’iconografia, cioè il leone, il teschio, la croce e il libro. Questi due Santi risultano essere i protettori ufficiali della Confraternita e dell’Oratorio dei Carmini.dettaglio fotografico sui due principali protagonisti, Dio e la Madonna
PARETE OVEST E IL CICLO PITTORICO
Il ciclo pittorico, voluto e commissionato dalla Confraternita del Carmine tra il 1648 e il 1657, ha nel suo insieme un profondo significato religioso, in quanto si riferisce a una precisa simbologia legata alle Scritture e al messaggio cristiano, in un’epoca che risente ancora del clima contro-riformistico. Sono emersi cartigli, date e scritte con i nomi dei committenti, tra i quali risultano Zamaria Bassetto Capo (Priore della Confraternita nel 1656), Zuane Lago, Parise Marzari, Francesco Viero, Andrea Mattiello, tutti Capi della Confraternita negli anni compresi tra il 1656 e il 1666, e componenti della famiglia Scaratti, che ha dato diversi confrati e priori alla Confraternita. [E’ molto probabile che tra questi nomi si possano identificare i notai Baldissera, Nicolò e Paolo Antonio Scaratti, che hanno rogato a Marostica tra la seconda metà del ‘600 e gli inizi del ‘700 n.d.r.].
in questa immagine vediamo in pratica tutta la parte pittorica della parete: nella fascia inferiore vengono dipinte sei scene della vita di San Filippo Neri e nella fascia superiore sono dipinti sei apostoli, quasi tutti ben identificabili per avere in mano un loro simbolo. Tale struttura pittorica doveva essere ripetuta nella parete est con scene della vita di San Gerolamo e gli altri sei apostoli, ma come detto ci sono solo dei frammenti.
Vediamoli più da vicino.
PRIMA E SECONDA SCENAinferiormente a sx il battesimo di San Filippo – a dx l’ingrossamento del cuore di San Filippo provocato dallo Spirito Santo
superiormente a sx San Giuda Taddeo con una mazza – a dx San Mattia con una alabarda
01 – NASCITA DI FILIPPO NERI – Filippo nacque nella città di Firenze nell’anno terzo del Pontificato di Leone Decimo, nel mille cinquecento quindici, del mese di Luglio, nella vigilia di Santa Maria Maddalena, dopo le sei ore di notte, quindi il 21 luglio1515. Venne battezzato nella Chiesa di San Giovanni Battista, detta comunemente di San Giovanni, e dal nome del nonno fu chiamato Filippo. Suo padre si chiamava Francesco Neri, persona assai stimata che esercitava la professione di procuratore (notaio) ed era amicissimo de’ Religiosi, in particolare de’ Padri di S. Domenico. Sua madre Lucrezia da Mosciano, proveniva da una modesta famiglia del contado. Francesco Neri ebbe da sua moglie Lucrezia quattro figliuoli: due femmine, Caterina ed Elisabetta; e due maschi, Antonio, che ancor fanciullo passò a miglior vita, e Filippo, ultimo di nascita, ma primo di meriti di fronte a Dio. La Madre moriva poco dopo la nascita di Filippo.
02 – DELLA MIRABILE PALPITAZIONE DEL SUO CUORE. (Bacci, pp 14-15) Giunto che fu all’età di ventinove anni [quindi nel 1544] fra le altre grazie, che Dio gli concesse, una delle principali fu la mirabile palpitazione del suo cuore, e la non meno meravigliosa rottura delle coste, che gli occorsero in questa maniera. Faceva un giorno, poco avanti la festa della Pentecoste, orazione allo Spirito Santo, secondo ch’era solito di fare [altre biografie scrivono che quanto descritto sia avvenuto nelle catacombe di San Sebastiano durante una notte di intensa preghiera]; di cui fu tanto devoto, che fatto Sacerdote, sempre disse nella Messa, quando per ragion di rubrica [cioè della norma liturgica] non gli era vietato, l’orazione, Deus, cui omne cor patet, ecc. Or mentre domandava allo Spirito Santo con grandissima istanza i suoi doni, fu in un attimo sorpreso da così gran fuoco d’amore, che non potendolo sopportare, si lasciò cadere in terra, & a guisa d’uno che va cercando refrigerio, si slacciò dinanzi al petto, per temperare in parte quella gran fiamma, che vi sentiva. Ma stato così per un po’, e refrigeratosi alquanto, levatosi in piedi, si sentì ripieno d’insolita allegrezza; & immediatamente tutto il suo corpo cominciò a sbattersi con grandissimo moto, e tremore. Mettendosi poi la mano in petto, si trovò dalla banda del cuore un tumore alla grossezza d’un pugno, senza sentire dolore, né altro fastidio, né per allora né mai. D’onde procedesse questo tumore, e che cosa fosse, si manifestò dopo la sua morte: infatti quando fu aperto il corpo, furono trovate in quella parte due coste superiori del tutto rotte, e innalzate in fuori, e in maniera divise, che una parte della costa restava lontana dall’altra senza che mai nello spazio di cinquant’anni, che Filippo sopravvisse, si riunissero insieme, né ritornassero al luogo loro.
TERZA E QUARTA SCENA inferiormente a sx San Filippo guarisce la gotta della mano del Papa – a dx San Filippo risuscita un quattordicenne, lo confessa e poi lascia che il ragazzo ritorni in cielo
superiormente a sx San Simone lo Zelota con una sega – a dx San Tommaso detto Didimo con una squadra
03 – GUARIGIONE DI CLEMENTE VIII [Da Bacci pp 368-369)] “Avendo saputo che “la felice memoria di Clemente Ottavo si ritrovava in letto con la Chiragra [antica denominazione della gotta localizzata alla mano], Filippo si sentì muovere da spirito d’impetrargli la sanità per beneficio universale; e andando per visitarlo, entrato che fu nella camera, il Papa (che con gran dolore non potea eziandio sentir toccare il letto) disse, che non s’accostasse; ma egli tuttavia avvicinandosi a poco a poco entrò dentro a’ cancelli, e il Papa di nuovo gli replicò: Non vi accostate, e non mi toccate. A cui disse Filippo: Sua Santità non dubiti. E incontinente lo prese per la mano, dov’era il dolore della Chiragra, e con grand’affetto, e spirito, e col solito suo tremore gliela strinse, e subito gli cessò il dolore. Onde il Papa soggiunse: Seguitate pur di toccare, perché ne sento grandissimo refrigerio.
04. RISCUSCITA UN GIOVINETTO MORTO, LO RIUSCITA PER LIBERARLO DA UN PECCATO E POI IL GIOVINETTO SCEGLIE DI MORIRE DI NUOVO [da Bacci, pp. 297-299] Fabrizio de’ Massimi, avendo avuto di Lavinia de’ Rustici cinque figliole femmine, essendo di nuovo gravida, e con le doglie del parto disse al Santo che pregasse Dio per sua moglie, che stava per partorire. Filippo rispose: la tua moglie questa volta farà un figliolo maschio, ma voglio che tu gli ponga nome a modo mio: te ne contenti? Fabrizio rispose di sì e Filippo soggiunse: gli porrai dunque nome Paolo. Andandosene Fabrizio a casa incontrò un suo servitore che gli diede la notizia come Lavinia sua moglie aveva partorito un figliolo maschio, al quale Fabrizio pose il nome Paolo, come aveva promesso al Santo. Morta successivamente Lavinia e arrivato il fanciullo all’età di quattordici anni circa, nell’anno millecinquecento ottanta tre, il sedici di Marzo, si ammalò di febbre continua, la quale gli durò sessantacinque giorni. Filippo andava ogni giorno a visitarlo, e l’aveva sempre confessato fin da fanciullino, ed era così buon figliolo che Germanico Fedeli vedendolo stare con tanta pazienza in un male così lungo e penoso, gli domandò se voleva cambiare la malattia in cui si ritrovava con la sua sanità: rispose che non si curava di barattarla con la sanità di nessuno, e che si contentava del suo male. Ma giunto il giovinetto per quell’infermità all’ultimo della sua vita, dato che il Santo aveva detto che quando stava per spirare, gli facessero sapere: gli mandarono a dire che se lo voleva veder vivo v’andasse quanto prima, perché stava a malissimo termine. Arrivato dunque chi portava l’ambasciata a S. Girolamo trovò che il Santo stava dicendo messa: onde non poté altrimenti parlargli e in quel mentre il giovinetto spirò, e suo padre gli chiuse gli occhi e di già il curato della Parrocchia che gli aveva dato l’olio Santo e raccomandato l’animo se n’era andato e quei di casa avevano preparato l’acqua per lavarlo e i panni per vestirlo: quando essendo passata mezzora arrivò il Santo a cui Fabrizio si fece incontro a capo della scala e piangendo gli disse : Palo è morto. Rispose Filippo: e perché non mi avere mandato a chiamare? Replicò Fabrizio: L’abbiamo fatto, ma vostra Riverenza diceva messa. Entrò poi Filippo in camera dove stava il fanciullo morto e si gettò sopra la sponda del letto e facendo un mezzo quarto di ora orazione con la solita palpitazione del cuore e tremore del corpo, e poi prese dell’acqua santa e la spruzzò sul viso del figliolo e gliene gettò alquanto in bocca; indi soffiandogli nel volto, mettendogli la mano in fronte lo chiamò a voce alta e sonora due volte: Paolo? Paolo? Alla cui voce il fanciullo subito, come risvegliato da un sonno, aprì gli occhi e rispose: Padre, e poi soggiunse: Io mi ero scordato d’un peccato e per questo vorrei confessarmi. Allora il Santo fece allontanare quelli ch’erano intorno al letto e, dandogli un Crocifisso in mano, lo riconciliò. Poscia ritornati tutti in camera si mise a ragionare della sorella, e della madre, le quali ambedue erano morte, e tale ragionamento durò una mezzora, e rispondeva sempre il giovinetto con voce chiara, e franca, come se fosse stato sano: anzi gli tornò il colore in volto che a tutti quelli che lo guardavano sembrava che non avesse avuto alcun male. Da ultimo il Santo gli domandò se moriva volentieri ed egli rispose di sì. Interrogandolo poi Filippo una seconda volta se moriva volentieri, rispose ugualmente che moriva volentieri, soprattutto per andar a veder sua madre e sua sorella in Paradiso. Allora il Santo dandogli la benedizione gli disse: Vai, che tu sia benedetto e prega Dio per me. E subito con un volto placido e senza alcun movimento tornò a morire tra le braccia del Santo, essendo presenti a tutto questo Fabrizio suo padre e le due figliole ora monache in Santa Marta e Violante Santacroce sua seconda Moglie, e la serva che lo assisteva nella sua infermità, chiamata Francesca e altri.
QUINTA E SESTA SCENAinferiormente a sx San Filippo in estasi durante la celebrazione della santa messa – a dx ciò che si vede potrebbe far pensare ad una apparizione della Madonna a San Filippo
superiormente a sx San Bartolomeo con un coltello – a dx un Apostolo non identificato.
05- ESTASI E RAPIMENTI Il Signore, oltre a varie grazie, diede a Filippo Neri la grazia di conoscere i segreti ineffabili della divina grandezza con estasi e rapimenti mirabili che furono frequentissimi anche se lui per umiltà cercava con ogni forza e mezzo di evitarli. Nel libro del Bacci numerosi sono gli episodi in cui Filippo veniva elevato in estasi spesso di fronte all’esposizione del Santissimo Sacramento, oppure di fronte all’Ostia consacrata nella quale vedeva Cristo Gesù, oppure talora in atto di orazione, di preghiera andava in estasi anche per lungo tempo rimanendo “senza moto”, senza movimenti del corpo. Prosegue poi il Bacci nel dire “ Che poi nella messa molte volte andasse in estasi, ne sono testimoni quelli che gliela servivano, … oltre agli altri che vi assistevano”. Non solo “ Mentre celebrava, fu parimenti veduto da diverse persone alzarsi da terra con tutto il corpo … alto da terra tre o quattro palmi” … “Fu veduto ancora nel dir messa alcune volte con gli splendori intorno alla testa come di color d’oro, ma più vivo, il quale era di larghezza di quattro dita in circa a guisa di diadema,” “Altre volte mentre diceva messa… lo si vedeva alto da terra, circondato intorno da una bianchissima e risplendente nuvola, la quale tutto lo ricopriva.”
06 – DEVOZIONE ALLA MADONNA Filippo fu talmente devoto della Gloriosa Vergine Maria, Madre di Dio, che l’aveva di continuo in bocca, chiamandola il suo amore, e predicandola come dispensatrice di tutte le grazie, che dalla bontà di Dio erano concesse ai figli d’Adamo. Ed era così tenero questo affetto verso di Lei, che a guisa d’un bambino, soleva nominarla con quelle parole che usano i fanciulli: Mamma mia. Inoltre in suo onore aveva due orazioni giaculatorie molto famigliari: la prima, Vergine Maria Madre di Dio prega Gesù per me, e la seconda: Vergine e Madre, dicendo che in quelle parole si dà brevemente ogni lode possibile alla Madonna Santissima: primo perché in esse si chiama col suo nome Maria, e poi perché le si danno quei due grandi titoli di Vergine, e di Madre e quell’altro ineffabile di Madre di Dio: e finalmente perché in esse si nomina il frutto del suo ventre santissimo Gesù. Nelle sue orazioni passava spesso le notti intere facendo con lei dolcissimi colloqui. Numerosi sono poi i casi descritti nei quali si sono avute guarigioni dell’animo e/o del corpo dopo continue preghiere alla Madonna perché intercedesse presso Dio.
L’ARCO DIVISORIO
Sopra l’arco divisorio è dipinta l’Annunciazione, semplice e ingenua forse nel tratto dei personaggi della Vergine e dell’angelo, ma commovente per l’immediatezza del messaggio che vuole trasmettere.
Sopra la parte superiore dell’arco divisorio con l’Annunciazione e le immagini di due evangelisti.
Sotto in evidenza la sola Annunciazione che è veramente bella e armoniosa nella sua semplicità.
LA VOLTA
Al centro della volta stellata, il Cristo Pantocratore benedicente in mandorla, segno di glorificazione. Ai quattro angoli della volta sono rappresentati gli Evangelisti, con i relativi simboli.
San Giovanni e San Matteo agli angoli nord della volta
San Marco e San Luca agli angoli sud della volta
IN CONCLUSIONE: UN PICCOLO GRANDE GIOIELLO PER TUTTO IL NOSTRO TERRITORIO
fonti documentali
Il recupero architettonico-storico-artistico dell’Oratorio dei Carmini (1648) – Marostica, a cura di Albano Berton e Giuseppe Antonio Muraro. (gentilmente inviatomi)
Relazione tecnica finale della statua lignea policroma raffigurante Madonna con Bambino, a cura di Barbara D’Incau e di Alessandra Sella. (gentilmente inviatomi)
Così Re David è tornato a suonare l’arpa, di Andrea Minchio, Bass@no news e servizio, luglio-Agosto 2018, periodico di cultura e attualità dell’Editrice Artistica Bassano.
Vita di S.Filippo Neri fiorentino, Fondatore della Congregazione dell’Oratorio, raccolta da’ processi fatti per la sua Canonizatione da Pietro Iacopo Bacci aretino prete della medesima Congregazione. Di nuovo riveduta ed emendata, in Bologna, per gli Eredi di Domenico Barbieri, Alle due Rose, 1666.