MODOLO GIUSEPPE (BEPI)
Mareno di Piave (TV) 09-04-1913 – Creazzo (VI) 26-08-1987
BIOGRAFIA UMANA E ARTISTICA
A Mareno di Piave (TV) dal matrimonio di Teresa Ronzon con Fausto Modolo, videro la luce nove figli, di cui solo cinque sopravvissero. L’ultimogenito Giuseppe (“Bepin da piccolo e Bepi da grande”) nacque il 9 aprile 1913, mentre iniziavano a delinearsi le condizioni che avrebbero portato allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, alla quale Treviso dovette dare la sede dell’Intendenza dell’Esercito e il centro ospedaliero di ricovero dei soldati feriti.
La famiglia Modolo lavorava dei campi, e già da piccoli anche i bambini erano coinvolti in vari lavoretti. Bepin, avendo allacciato una grande amicizia con il figlio di una famiglia signorile locale, andava a giocare nel parco della villa e qui vedeva spesso una signora che si dilettava a dipingere il paesaggio circostante. Incuriosito restava affascinato da quel pennello che prima veniva immerso nell’acquaragia e poi impastava colori e poi passava e ripassava sulla tela creando fiori, alberi e cielo…
Da allora cominciò a sentire il grande fuoco dell’arte. Se ne accorse mamma Teresa di questa passione e, un giorno, andata al mercato di Conegliano, gli acquistò una scatola di colori a pastello e un quaderno a quadretti barattando un pollo, un po’ di sale e del baccalà. Ma il quaderno ben presto terminò e la mamma ancora, barattando, gli procurò della carta ruvida (era quella del “casolin” del paese), come Giuseppe voleva perché il colore aderisse meglio alla superficie.
Nel 1922 la famiglia Modolo si trasferì a Santa Lucia di Piave (TV) e qui, terminò la IV elementare e superato l’esame di ammissione si iscrisse alla Scuola di Arti e Mestieri di Conegliano (TV). Il suo talento emerse spontaneamente nelle materie artistiche, ma i risultati in quelle scientifiche erano piuttosto deludenti, tanto che l’insegnate di matematica gli consigliò di abbandonare gli studi e di fare l’allevatore di pecore.
Il ragazzo si sentì così amareggiato da abbandonare la scuola, senza però perdere la passione per il disegno e la pittura. Di questa passione se ne accorse il parroco della chiesa di Santa Lucia di Piave, Monsignor Morando, uomo dotato di grande spiritualità, non solo religiosa, ma anche artistica, tanto che negli anni passati, era stato in grado di cogliere le grandi qualità di un altro giovane, un muratore, Riccardo Granzotto, suo compaesano, al quale aveva indicato la strada dell’arte. Si trattava di un giovane che divenne successivamente Fra’ Claudio, francescano, poi proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 1994. (Granzotto Riccardo nacque a Santa Lucia di Piave il 23 agosto1900 e morì a Padova il 15 agosto 1947)
Il Granzotto, in gioventù, aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti a Venezia e ottenuto il Diploma in scultura a pieni voti. In pochi anni aveva realizzato moltissime opere, che gli avrebbero sicuramente permesso un avvenire ricco di soddisfazioni artistiche, ma la sua vocazione era troppo forte e decise di intraprendere le orme di San Francesco.
Monsignor Morando riconobbe il talento del giovane Modolo e verso gli anni Venti lo affidò a questo grande scultore. Granzotto lo indirizzò ad uno studio intenso e approfondito delle materie artistiche, in particolar modo della Storia dell’Arte e verso un’analisi approfondita delle nozioni relative alla prospettiva, al disegno dal vero, all’anatomia. Il Frate condizionò le realizzazioni del Modolo non solo da un punto di vista, ma anche da quello spirituale, sostenendo e incitando la vocazione del giovane per l’Arte Sacra.
A metà degli anni Venti circa, Modolo iniziò a frequentare anche lo studio del grande maestro Luigi Cima, residente a Villa di Villa, frazione del Comune di Belluno, e, dopo aver portato i suoi primi lavori pittorici, venne dal grande maestro incoraggiato e anche accolto nel suo studio. (Luigi Cima nacque a Villa di Villa comune di Mel, ora Borgo Valbelluna (BL) il 5 gennaio 1860 e morì a Belluno il 1° gennaio 1944)
Monsignor Morando, vedendo che l’attività del giovane stava crescendo gli offrì un piccolo studiolo, e soprattutto gli consentì l’uso della sua vasta biblioteca, che permise al giovane Modolo di acquisire salde conoscenze inerenti alla Storia dell’Arte, nonché ai fermenti artistici, che in quel periodo stavano nascendo e che influenzeranno la sua pittura, seppur in modo secondario.
Alla fine degli anni Venti Modolo decise di abbracciare l’Arte Sacra come risposta ad una spiritualità profonda, che però non lo portò ad una vita interamente dedicata a Dio, come invece avvenne per Fra’ Claudio.
Nel 1930 dopo aver terminato il Terzo anno di insegnamento con Granzotto, relativo allo studio del nudo dal vero e all’anatomia, sentì l’esigenza di rendere concreti i suoi studi. Scelse un tema tratto dall’Antico Testamento e dipinse l’opera “Gli Ebrei schiavi in Egitto”, una grande tela, 3 metri per 2, che gli consentì di partecipare ad un concorso a Vittorio Veneto (TV), dal quale ricevette come riconoscimento per aver presentato l’opera più sofisticata, una medaglia d’oro e un viaggio a Roma e quindici giorni di permanenza. E’ probabile che abbia preso tale argomento per esprimere i suoi dissensi in merito alla preoccupante avanzata del Fascismo.
Nel 1933 Fra’ Claudio si allontanò da Santa Lucia di Piave per intraprendere la via della beatitudine e per Modolo il distacco dal suo più caro maestro fu motivo di grande sofferenza e anche di grande preoccupazione per la dilagante drammatica povertà del suo paese.
Monsignor Morando, accortosi della sofferenza del giovane, lo invitò a tornare dalla sua famiglia per un breve periodo. Ad Aviano, dove i parenti si erano nel frattempo trasferiti, ritrovò la sua serenità, ed inoltre tre volte la settimana raggiungeva Caneva di Sacile (TV) per lavorare nello studio dell’architetto Domenico Rupolo, con il quale stringerà un forte legame soprattutto negli anni Settanta, quando il maestro Modolo produrrà uno dei suoi più grandi capolavori, la Via Crucis nella Chiesa di Falzè di Piave (TV), restaurata proprio dall’architetto. (Domenico Rupolo nacque a Caneva di Sacile il 21 novembre 1861 e morì nello stesso comune il 12 ottobre 1945).
Giunse il periodo della guerra: prima l’impresa mussoliniana d’Etiopia nel 1935, poi il conflitto Mondiale. L’attività del giovane artista subì un brusco rallentamento poiché venne chiamato alle armi. Fortunatamente non andrà mai a combattere al fronte e riuscì a frequentare tra il 1936 e il 1937 una scuola serale di nudo all’Accademia Olimpica di Vicenza.
Molte furono le amicizie che strinse in questa città, in particolar modo con gli artisti vicentini Giuseppe Giordani (1911-2007) e Giaretta, che lo accompagneranno per tutta la vita. Anche gli insegnamenti del maestro Pierangelo Stefani e del maestro Ubaldo Oppi furono, in questo periodo, determinanti per l’opera di Modolo. (Pierangelo Stefani nacque a Vicenza l’11 febbraio 1893 e morì a Desenzano sul Garda il 29 agosto 1965; Ubaldo Oppi nacque a Bologna il 29 luglio 1889 e morì a Vicenza il 25 ottobre 1942). Entrambi gli artisti avevano rifiutato ogni possibile contaminazione con le diverse avanguardie artistiche che si stavano sviluppando e anzi condividevano un concetto di estetica, di derivazione crociana, che invitava gli aderenti a un ritorno all’ordine, all’attenzione alla figura umana e al disegno, recuperando un solido impianto narrativo.
Modolo recuperò da Stefani importanti nozioni inerenti alla pittura tonale, mentre rimase colpito dalla monumentalità delle figure di Oppi, il quale suscitò in lui la passione per le grandi composizioni che trovarono la loro più proficua realizzazione nell’affresco.
Nel 1937 andò nei pressi di Torino, dove per alcuni mesi, risiedette nel convento di Castelvecchio di Moncalieri (TO). Qui, esercitando la sua professione, ebbe l’opportunità di mettere in pratica le nozioni apprese a Vicenza e poté usufruire, inoltre, dell’insegnamento di un certo Padre A. Pistorino, che era stato un allievo del maestro Felice Casorati. (Felice Casorati nacque a Novara il 4 dicembre 1883 e morì a Torino il 1° marzo 1963. E’ stato pittore,incisore, designer,scenografo, ecc.)
Arrivarono poi gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, che allontanarono il pittore dalla sua attività, poiché venne impegnato in compiti di ufficio presso la caserma Gotti di Vittorio Veneto. Riuscì, comunque, a dedicarsi alla sua arte, grazie al fatto che alcuni militari gli commissionarono l’esecuzione di ritratti.
Intorno al 1942-43, Monsignor Corazza, cappellano militare, lo invitò ad eseguire una Via Crucis per l’ospedale militare di Treviso, che verrà poi trasferita alla Caserma Gotti di Vittorio Veneto. L’angoscia, provocata dal conflitto, suscitò una profonda partecipazione del pittore alla tragedia umana. Da questo momento, infatti, ebbero inizio i cicli pittorici relativi al tema della Via Crucis, che Modolo realizzò in tavole, affreschi e vetrate, nelle quali, però, non volle esprimere le sue sensazioni angoscia, di sofferenza ma solo soggetti che accettavano, religiosamente, il dolore come Gesù sulla croce.
Il 21 aprile 1945 Bepi Modolo si unì in matrimonio con la giovane Rina Florian. Da questa unione nacquero cinque figli Anna, Bonizza, Piero, Michela e Giovanni, i quali hanno tutti ereditato la sensibilità artistica paterna.
Successivamente, si trasferì in una casa molto più ampia: all’ultimo piano il suo atelier. Qui ogni giorno venivano i suoi discepoli con i quali il maestro ebbe sempre un forte legame. Questi provenivano da famiglie povere, che di certo non avevano il denaro per poter pagare le lezioni dei figli; per sdebitarsi portavano alla famiglia Modolo ciò che la terra offriva loro: patate, verdura e frutta.
Le opere più importanti realizzate nel periodo compreso tra gli anni Quaranta e Cinquanta sono state l’affresco “Crocefissione”, eseguito per la Chiesa di Falzè di Piave nel 1948 e l’olio su tavola “Città di Dio e Città di Satana”, per la Chiesa Parrocchiale di Salsa, Vittorio Veneto.
Molto importante sono stati il viaggio di Bepi ad Assisi nel 1950 e i relativi scambi culturali alla Pro Civitate di Assisi (Centro Culturale e Spirituale per i laici impegnati a sostenere i valori cristiani) con grandi artisti del tempo, quali lo scrittore Piero Bargellini (che sarà poi ricordato come il “sindaco dell’alluvione” avvenuta a Firenze nel 1966) e lo scultore Angelo Biancini. (Angelo Biancini nacque a Castel Bolognese il 24 aprile 1911 e morì a Castel Bolognese il 3 gennaio 1988).
A cominciare dagli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’artista Modolo giunse alla piena maturità della sua attività e dunque molte erano le richieste da parte di diversi committenti anche per la produzione di opere da cavalletto.
Ne eseguì un numero considerevole, come dei bellissimi ritratti: Ritratto di mia moglie del 1944 e il Ritratto della Signora Signori del 1948, i paesaggi, le nature morte, come la Natura morta con maschera del 1954 e moltissime altre.
Nel 1952 realizzò un affresco per l’abside della chiesa di Olmo di Creazzo (VI), raffigurante San Nicola; in quello stesso anno, in concorrenza con altri artisti, vinse il concorso per la realizzazione a Roma di un San Michele Arcangelo per la Pontificia Gendarmeria, un’opera che ebbe grande successo nella Città del Vaticano che gli permise poi di ottenere altri incarichi. Infatti giunse a Santa Lucia di Piave Padre Ermanno Cambiè, economo generale della congregazione del Santissimo Sacramento e membro della Commissione Pontificia di Arte Sacra, per cercare il maestro e per affidargli personalmente l’incarico di eseguire gli stendardi per la beatificazione di Pier Giuliano Eymard. (Pier Giuliano Eymard nacque a La Mure d’Isère (Francia) il 4 febbraio 1811 e morì a La Mure d’Isère il 1 agosto 1868).
Le tele, create tra il 1952 e il 1953, furono poi esposte il giorno della celebrazione, il 9 dicembre 1961; le più piccole, che componnevano lo stendardo processionale, furono fatte sfilare alla presenza di Papa Giovanni XXIII, mentre le grandi tele, raffiguranti i miracoli, furono innalzate sulla “Gloria” del Bernini”.Sempre in quell’occasione Padre Cambiè gli affidò l’esecuzione di una pala d’altare, dedicata a Santa Bertilla Boscardin nella Chiesa dei Martiri Canadesi a Roma, opera che sarà eseguita nel 1963. Padre Cambiè divenne, nel tempo, grande amico e confidente del maestro non solo per quanto riguardava le questioni morali, ma anche per le considerazioni teologiche.
Nel 1953, fu chiamato a Collalto (TV) per rappresentare nella Chiesa di San Giorgio una Trasfigurazione e la descrizione figurativa della preghiera cristiana, Salve Regina, posizionata sopra l’altare. Qualche anno dopo si recò a Conegliano per dipingere nella Chiesa di Pio X un affresco, rappresentante alcuni avvenimenti della vita del Santo. Le opere più consistenti di questo periodo sono state realizzate nella Cappella dei Professori presso il Seminario Vescovile di Vittorio Veneto; e di grande impatto sono state soprattutto, il Cristo Crocefisso tra la Madonna e Giovanni e il Ciclo del Credo nella Chiesa parrocchiale di San Pietro in Gù (PD).
Gli vennero poi commissionati dei dipinti ad olio per la Chiesa di San Agostino a Prato e per la Sede dei Fiscali a San Paolo in Brasile.
Negli anni Cinquanta, però, oltre ad esserci un’intensa crescita dell’attività del pittore, avvennero alcuni fatti che cambiarono radicalmente la sua vita.
Nel 1958, dopo la morte della madre, per vari motivi, Modolo decise di trasferirsi con tutta la sua famiglia da Santa Lucia di Piave a Vicenza. Acquistò poi un terreno a Olmo di Creazzo e qui costruì la sua casa. Il trasferimento non fu facile, in quanto era spesso impegnato in giro per l’Italia a realizzare le varie opere commissionate.
Il distacco da Santa Lucia fu comunque un po’ traumatico, essendosi creati inevitabilmente un vuoto e una frattura con i vecchi legami di amici, di parenti. Nonostante le molteplici difficoltà, Modolo reagì con grande serenità e, sostenuto dal grande amore e dalla forza morale della moglie, e continuò il suo percorso, che da questo momento sarà sempre più ricco di soddisfazioni.
Il 1958 fu anche l’anno dell’elezione del Papa Giovanni XXIII che nel 1962 inaugurò il Concilio Vaticano II, da cui sorsero vari mutamenti da realizzare all’interno della Chiesa stessa. Papa Roncalli insistette sul concetto di tradizione e di rinnovamento chiedendosi “ Cos’è la tradizione? È il progresso che è stato fatto ieri, come il progresso che noi dobbiamo fare oggi costituirà la tradizione di domani.” Inoltre nel 1963 promulgò l’Enciclica Pacem in Terris, dove invitava ad una conciliazione tra i Paesi allora in guerra fra loro e alla necessità di un miglioramento economico e di uno sviluppo sociale per le classi lavoratrici; auspicava, inoltre, l’ingresso delle donne nella vita pubblica e mostrava viva comprensione per le lotte anticoloniali del Terzo Mondo.
Questo pontificato cambiò radicalmente l’approccio dei credenti nei confronti della religione stessa, e influenzò notevolmente anche la pittura del maestro Modolo, con una diminuzione delle richieste di dipinti realizzati attraverso la tecnica dell’affresco in quanto l’’approccio dei credenti nei confronti del Cattolicesimo e della Chiesa stava sensibilmente mutando e così anche le decorazioni nelle Chiese e nei diversi uffici di culto stavano mutando.
Per questi motivi, in questi anni, Modolo ampliò la sua attività con la realizzazione di vetrate, anche se non trovava la stessa passione che lo coglieva nella realizzazione degli affreschi. Questo aspetto si può notare soprattutto nei lavori situati nella Cappella degli Esercizi Spirituali a Villa San Carlo di Costabissara (VI) e nell’opera Scene di Vita di S. Chiara, Beato Palazzolo, S. Giovanni da Capistrano, S. Bernardino, che si trova nella Chiesa di S. Chiara a Vicenza e ancor di più nel Cristo Risorto, nella Chiesa di S. Rocco a Conegliano.
In ogni caso l’attività di Modolo non si esaurì e anche negli anni Sessanta le opere eseguite sono state innumerevoli. Per il Vescovado della città di Udine dipinse nel 1961 due opere molto significative: Papa Pio X dà la comunione agli Innocenti, collocato nella Cappella di San Giuseppe, e i Santi Ermagora e Fortunato, Patroni di Udine, che si trova nella cappella dedicata ai due Santi.
Nel 1962 gli venne affidata l’esecuzione di una piccola Via Crucis ad olio per la Cappella privata dell’Arcivescovo di Udine, di cui sia la Commissione d’Arte Diocesana di Udine, sia la Sovrintendenza delle Belle Arti espressero grande soddisfazione. Sempre nel 1962 ricevette l’incarico di dipingere l’affresco absidale dell’ampliata Chiesa di Ospedaletto (VI) con una grande raffigurazione di Cristo Re.
Durante l’estate il maestro fu impegnato nella realizzazione di cartoni e bozzetti per le vetrate istoriate della Diocesi di Vicenza e iniziò una serie di studi e progetti per la creazione di due mosaici che dovevano essere realizzati per la Chiesa dei Martiri Canadesi a Roma; a questo lavoro, molto impegnativo, contribuì anche il fraterno amico del maestro, lo scultore vicentino Giuseppe Giordani (1911-2007).
Da tempo Modolo si era dedicato alla realizzazione di diversi mosaici di grande spessore artistico. Egli creava il disegno che veniva poi spedito alla Scuola di Spilimbergo, dove veniva realizzato alla presenza del maestro.
Nel 1963 gli venne affidato l’incarico di decorare le Cappelle delle Suore Sordomute di Monte Sacro, a Roma; eseguì un trittico, ad olio su tavola, raffigurante l’Immacolata e i meriti della Corredentrice. La Commissione d’Arte Sacra del Vicariato espresse un giudizio molto positivo.
A quest’epoca ebbe pure l’incarico per la decorazione dell’abside e del presbiterio del Duomo di Thiene (VI); inoltre successivamente si impegnò nella creazione delle vetrate poste ai lati dell’abside.
Nel 1963 concluse la decorazione di Gesù adolescente tra i co-patroni S. Giuseppe e S. Gaetano della Chiesa dell’Istituto San Gaetano di Vicenza. Sempre nel 1963 realizzò per il Duomo di Conegliano Veneto (TV) un dipinto di grande impatto, S. Antonio e il Beato Ongaro, un’opera collocata tra i capolavori del XVI – XVII.
Nel 1964, l’anno successivo iniziò la decorazione per la Villa San Carlo a Costabissara (VI), dove dipinse un affresco di grandi dimensioni ispirato alla vita di San Carlo Borromeo.
Un incarico a Loreto (AN) , 1964, lo vide lontano per molti mesi da casa. Nella splendida città marchigiana Bepi Modolo lavorò con l’aiuto dell’allievo Elio Polloni presso la casa San Gabriele, in cui realizzò degli affreschi per la Cappella. (Elio Polloni è nato a Ponte della Priula frazione di Susegana(TV) il 1° agosto 1933). Gli anni Sessanta si conclusero con l’esecuzione di alcuni affreschi nella Chiesa parrocchiale di San Ulderico a Creazzo (VI),
Gli anni ’70 iniziarono con una prestigiosa commissione: Modolo venne chiamato nella Città di Betlemme per eseguire all’Istituto Effetà un grande affresco narrante la storia della nascita di Gesù. Per la messa in opera, l’artista si fece mandare da Vicenza, dai suoi collaboratori, la malta e gli altri materiali per la preparazione dell’arriccio (è il secondo strato dell’affresco) e dell’intonaco per essere certo del risultato. Restò in questa città per circa sei mesi. (L’Istituto Effetà Paolo VI è una scuola specializzata nella rieducazione audiofonetica di bambini audiolesi del territorio palestinese, nata per desiderio di Papa Paolo VI durante la sua visita in Terra Santa nel 1964)
Ritornato a casa, nel 1971 iniziò i lavori per la realizzazione di una splendida Via Crucis per la Cappella della Casa Generalizia delle Suore Dorotee, in particolare raggiunse l’eccellenza della rappresentazione nella deposizione di Gesù dalla croce. Il corpo di Cristo poggia senza vita su quello di Maria; il volto della madre e del figlio accostati l’uno vicino all’altro, le bocche serrate e gli occhi chiusi inducono lo spettatore ad un silenzio senza tempo e ad una condivisione del dolore che si traduce in profondo amore filiale.
L’anno seguente, Modolo venne richiamato nuovamente a Roma, nella Chiesa del Sacro Cuore, La Forma , Palestrina, Roma, dove realizzò un olio su tela, Lumen Gentium.
Nel 1973 realizzò una Via Crucis ubicata nella Chiesa di Falzè di Piave, dove l’artista già alla fine degli anni Quaranta aveva dipinto una Crocefissione. Viene considerata l’opera sicuramente più significativa di questo artista, dove l’impianto narrativo è più fluido e più veloce, meno spezzato, rispetto alle opere precedenti. In primo piano gli avvenimenti del doloroso percorso verso il Golgota, dove le figure presenti sono appena abbozzate mentre fanno da sfondo alle vicende di Cristo le terribili sofferenze patire dall’uomo durante la seconda guerra mondiale. Sono dipinti città infiammate e distrutte, uomini e donne che cercano di scappare dall’orrore di ciò che sta avvenendo, alberi ormai privi di qualsiasi forma di vita che fungono da patibolo per le impiccagioni e in lontananza si intravvede il recinto spinato, simbolo dei campi di sterminio. In questa Via Crucis lo spettatore si trova di fronte al racconto delle più terribili atrocità, di cui l’uomo si è reso colpevole, non solo nei confronti di Cristo, ma anche verso i suoi simili.
La sue opere in questo periodo raggiunsero anche la Campania. Per la città di Sorrento (NA) nel 1974, il maestro eseguì delle vetrate per la Chiesa Istituto Bambin Gesù. Nel 1976 dipinse un affresco nella Chiesa parrocchiale di Martora (SO). Nel 1975 ricevette un’altra commissione estera: un mosaico sulla Istituzione dell’Eucarestia per il Convento Latino di Zerka, in Giordania.
Gli anni Settanta costituirono anche il periodo di notevoli riconoscimenti per l’artista Modolo, che invitato a partecipare a diversi concorsi, riuscì ad ottenere sempre il Primo Premio. Nel 1977 gli venne assegnato il Premio Speciale “Vittoria Alata” dalla Commissione Giudicatrice nella VIII Rassegna Internazionale Primavera C.E.I.C. al Palais dell’Unesco a Parigi; nella stessa occasione gli venne consegnato anche il premio “Città Eterna”. A Taranto vinse alla VIII Mostra Internazionale di Pittura e Grafica Religiosa la “Medaglia Accademica”. Si recò poi a Roma nel 1978 per il riconoscimento “Leonardo da Vinci” al merito artistico. Nel 1979 ricevette il premio Le Moulin Rouge – Hommage a Toulouse Lautrec a Parigi e il relativo diploma per la sezione pittura. Sempre nel 1979, infine, alla Mostra di Arte Sacra di Cracovia gli fu conferito il premio per l’Arte Sacra Contemporanea.
Nel 1981 venne nuovamente incaricato dal parroco della Chiesa San Nicola di Olmo di Creazzo, dove già nel 1952 aveva decorato l’abside, per la conclusione del ciclo de “Le Storie della Salvezza” anche nelle navate laterali dell’edificio. Un elemento insolito, che si ritrova in alcuni affreschi di questo ciclo, è la presenza di alcune figure colte di spalle, il cui volto è indirizzato allo spettatore. L’espressione di questi soggetti è ambigua e penetrante, il loro sorriso sembra quasi un ghigno. Le figure sembrano lì posizionate per interrogare il fedele riguardo ai suoi sentimenti: una delle funzioni dell’arte è, infatti, di suscitare domande nell’animo dell’osservatore.
Sicuramente uno dei momenti più intensi di questo periodo fu l’incontro con Papa Giovanni Paolo II. Modolo infatti , nel 1985, fu chiamato a Roma, come testimone per la causa di beatificazione di Fra’ Claudio Granzotto e in tale occasione conobbe il Pontefice e gli donò un suo quadro, “Il Cireneo di Auschwitz”, che rappresentava Padre Kolbe, nel momento in cui offriva la vita per salvare il prossimo. (Fra Claudio sarà proclamato beato il 20 novembre 1994 sempre da Giovanni Paolo II)
Negli anni successivi Modolo iniziò ad avvertire ormai la fatica del nuovo mondo contemporaneo, che correva troppo veloce per riuscire ad adattarsi. Ma comunque continuò nel suo amatissimo lavoro.
Nel 1985 venne organizzata una mostra antologica a Conegliano Veneto, curata dal critico Salvatore Maugeri Oltre cinquant’anni di pittura di Bepi Modolo, il cui intento era quello di raggruppare buona parte delle opere dell’artista non solo di ispirazione sacra, ma anche raffiguranti altro genere di soggetti, come le pitture da cavalletto. Infatti aveva eseguito alcuni dipinti di grandissimo spessore come Nevicata a Creazzo del 1963, Concerto con figura, dello stesso anno, Sera Al castello di Zumelle del 1977, La valle del Piave del 1977, Mercato di San Zeno in monte del 1979 e, ancora i ritratti, come il Ritratto di Berto Mastellotto (1976) o il Ritratto di Giordani.
Alla fine degli anni Ottanta la richiesta dell’esecuzione di affreschi era diminuita drasticamente, e dunque tutti suoi sforzi si concentrarono nella realizzazione di vetrate istoriate, nella cui lavorazione venne aiutato dalle figlie Bonizza e Michela e dal figlio Piero, che avevano intrapreso la strada artistica paterna.
Poi una malattia grave gli impedì di dipingere. Il 15 agosto, dal momento che le sue condizioni di salute si erano aggravate, chiese alla figlia Bonizza di accompagnarlo al santuario di Fra’ Claudio a Chiampo (VI), per dare l’ultimo e intenso saluto al suo Maestro. Si spense il 26 agosto del 1987.
Ho tratto questa biografia, con alcune aggiunte, facendo riferimento alla interessante Tesi di Laurea del laureando Giulia De Lorenzi dal titolo “Il sacro nell’Arte: profilo biografico e artistico del pittore Bepi Modolo . Anno Accademico 2011/2012”, Università Ca’ Foscari, Venezia.