GIACOMO (KOBE) TODESCO
UNO STRAORDINARIO UOMO E SCULTORE
di Vasco Bordignon
Giacomo Todesco, chiamato universalmente Kobe, nasce a Solagna il 19 novembre 1927 da Giovanni Battista (Giobatta) e da Margherita Todesco.
In tenera età (16 mesi) rimane orfano: sua madre muore di parto della quinta figlia. Il padre si risposerà e avrà un’altra figlia. Questi sono gli anni di tanta povertà, di tanta fame e di tanto freddo.
Va a scuola fino alla quinta elementare, poi deve iniziare a lavorare nella bottega paterna. Il padre era molto bravo come scalpellino soprattutto nell’ornato, cioè nelle decorazioni, nelle cornici, foglie, fiori, ecc. Il nonno Giorgio pure scalpellino estraeva la pietra in una sua cava e nel tempo aveva anche aperto un laboratorio dove papà Giobatta aveva iniziato a lavorare assieme al fratello Giorgio, poi deceduto nella guerra ‘15-18 : e fu il primo annuncio di morte del paese.
Ma a Kobe non gli piaceva il lavoro di scalpellino ma piuttosto quello di scolpire il legno, passione che gli veniva anche dal fatto che di fronte alla bottega del padre (sempre fredda e gelida anche se vi era una piccola stufetta a carbonella per scaldarsi ogni tanto le mani prima che si congelassero) vi era un laboratorio di falegnameria e quando vi entrava lo avvolgeva un tiepido calore …
Lavoro duro, tutto veniva eseguito a mano, tutto il giorno… un duro lavoro come detto specie d’inverno.
Le commesse erano di vario tipo: secchiai, stipiti, davanzali, gradini, pavimenti, piazze ecc.
Verso i 16 anni ebbe in regalo da un suo coetaneo, che aveva da poco abbandonato il seminario, una scatola di colori ad acquerello già in parte utilizzati e con questi iniziò a dipingere. Un ceramista di Nove che aveva visto i suoi quadri lo richiese al padre per andare a lavorare a Nove e così divenne ceramista decoratore.
Ma dopo due anni dovette ritornare a Solagna, in quanto, dopo la partenza dello zio Giorgio per la Svizzera, suo padre si trovò in grande difficoltà con la bottega, non riusciva a star dietro a tutto.
La matrigna con molta intelligenza e delicatezza, un giorno lo avvicinò e gli fece comprendere che se non fosse tornato in bottega, papà sarebbe finito male… Per questo tornò, anche se di malavoglia.
Suo padre andava in giro a cercare lavoro: passava per mercati, per le osterie… per raccogliere ordinazioni, le più varie: chi una lapide per un defunto (allora molto richiesta, perché molto sentita), chi un secchiaio, chi una statuina, ecc.
Kobe restava in bottega a fare il grosso del lavoro e qualche lavoretto di poco conto. In particolare ricorda che doveva fare un’anforetta per una lapide, anforetta su cui poi veniva accesa una fiammella. Ma nel realizzarle ne ruppe due di fila. Ma alla seconda rottura suo padre lo investì di parole di buono a nulla, ecc..
Toccato nel suo orgoglio, mentre il padre era lontano fuori bottega, eseguì in un pezzo di marmo un volto della Madonna. Quando il padre tornò, si accorse della piccola scultura e ne rimase stupefatto da così bella esecuzione e chiese alla moglie chi era stato. “E’ stato il toso?” le chiese. “ Sì” le rispose.
E da allora non gli disse più nulla.
Nel 1949-1950 si trova ad essere militare del genio, dopo essere stato precedentemente rivedibile per eccessiva magrezza (si mangiava allora ancora troppa polenta). Ma non fece il militare nel vero senso della parola. Infatti era appena giunto in caserma e si accorse che un commilitone stava eseguendo con grande difficoltà e insicurezza l’iscrizione della motivazione alla medaglia d’oro di un caduto della guerra cui la caserma era stata intitolata. Si propose di scriverla lui e ci riuscì così bene che i superiori poi lo indussero a disegnare i loro progetti, camminamenti, campi minati, veicoli militari, ecc. Furono così soddisfatti dei suoi disegni da avere in premio anche due licenze, cosa allora assai rara. Nel frattempo era stata istituita la NATO e per un capitano di questa organizzazione realizzò vari disegni di postazioni di mitraglieria.
Poi tornato a casa, riprese la sua attività di scalpellino, lavorando di tutto: in quegli anni predominava ancora la funeraria, ma poi quando le pompe funebri iniziarono a dare un servizio completo anche di lapide, le cose cambiarono e quindi si dovette adeguare alle esigenze della edilizia che comunque era assai vivace.
Ma oltre a questi lavori la sua passione è anche la scultura sia di tipo religioso che non.
Nel mio lavoro sugli scalpellini di Pove (che erano la maggioranza rispetto a Solagna o a Romano d’Ezzelino) ho avuto la fortuna di incontrarlo e ho percepito la sua indomita passione per il suo lavoro e per il disegno da quanto ha realizzato per rendere più comprensibile e più fruibile le attività di cava, l’estrazione, le successive attività, il trasporto, la squadratura ecc. che ho raccolto in un file dedicato a questi disegni di Kobe.
KOBE impegnato in un lavoro
MI PIACE RICORDARLO COSI’ NELLA SUA NATURALEZZA
Nonostante la sua età non più giovane, il tratto della sua matita o della sua penna era sicuro, preciso… facendomi scorgere in quelle mani tozze e segnate dai mille frammenti di marmo schizzati dai colpi della mazzetta sulla punta, la leggerezza di una piuma e la velocità della sicurezza.
Non solo. Kobe amava anche la lettura, in particolare della storia di Bassano e della sua Solagna e dei paesi circostanti, raccontandomi eventi, personaggi , fatti avvenuti negli anni passati con estrema lucidità e coinvolgimento.
Poi ci siamo incontrati occasionalmente da un comune amico (Toni Marchesini) , un altro grande uomo che purtroppo ci ha lasciato nel 2018, ed era una gioia ascoltarli, come quando da bambino, nella stalla del nonno, sentivo raccontare storie di un mondo che non c’è più, ma che è rimasto inciso nella mia memoria.
Grazie di tutto, Kobe!
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