NOTE BIOGRAFICHE DI SILVIO PIVOTTO
Silvio Pivotto è nato a Salcedo (VI) il 23 agosto 1927, figlio di Giovanni, agricoltore, e di Azzolin Maria, secondogenito di otto figli, sette maschi ed una femmina. Fatti gli studi primari, aiutava i genitori nel duro lavoro dei campi e quando il fratello maggiore venne chiamato a fare il militare, lo sostituì come aiutante casaro presso il caseificio di Breganze.
Tornato dalla naja il fratello che riprese il suo posto in caseificio, Silvio si trovò senza lavoro. Nella speranza di venir assunto dall’azienda delle corriere di Vicenza, riuscì a ottenere la patente e fece domanda di poter essere assunto da quella azienda. Ma poiché il lavoro come autista tardava a venire, si recò a Pont Canavese (comune della cintura torinese), dove vi erano già dei paesani che lavoravano nel settore edile, nella costruzione soprattutto delle cosiddette “Case Fanfani”, chiamate così in quanto l’allora ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Amintore Fanfani, ne fu il grande promotore e per questo spesso veniva chiamato “Piano Fanfani”. Questo intervento legislativo aveva lo scopo non solo di rilanciare l’attività edilizia, ma anche quello di assorbire un cospicuo numero di disoccupati e di costruire alloggi per le famiglie a basso reddito.
Dopo alcune settimane di ricerca vissute con i pochi soldi che si era portato da casa dormendo in casolari abbandonati su un pagliericcio di fogliame, incontrò un impresario di nome Gio (Giovanni ) Catti di Ciriè (altro comune della cintura torinese) che gli disse che non aveva bisogno di manodopera, ma di conducenti di camion per il trasporto dei materiali di costruzione. Silvio rispose che aveva la patente per guidare le corriere. Gatti allora gli disse di presentarsi il mattino dopo, e così si trovò a guidare un camion vecchio, residuato bellico, tra strade sconnesse e pericolose.
Nelle giornate di libertà Silvio iniziò a girare per il territorio circostante per cercare nuove opportunità di lavoro, in quanto il lavoro di camionista era assai pesante e rischioso. Un giorno nel tentativo di raggiungere il Santuario di Belmonte, si perse e si trovò davanti a un piccolo nucleo di abitazioni. Lì trovò un anziano e tra una parola e l’altra gli disse che sua figlia aveva sposato uno di Molvena e gli disse anche che poteva tornare quando voleva, era ben accetto. Ritornando poco tempo dopo nello stesso abitato venne a sapere che vi era una bottega gestita da un certo Eugenio Vezzetti che lavorava il rame (si chiamavano battirame). Restò impressionato di questo lavoro, tanto che in viaggi successivi il Vezzetti gli chiese di restare lì ad aiutarlo in quanto era sovraccarico di lavoro e non trovava nessuno a voler imparare quel mestiere. Silvio pensò a un suo fratello, e lo fece venire da Vezzetti in modo che imparasse quel mestiere.
Poco tempo dopo il suo impresario morì in un incidente e Silvio ritornò a Salcedo e cercò di sollecitare una risposta dalla azienda delle corriere di Vicenza se lo accettavano come autista.
Suo fratello poi, sei mesi dopo, si ammalò e il Vezzetti allora chiese a Silvio di venire da lui a lavorare nella sua bottega, perché il lavoro era tanto. Silvio rispose di sì e in breve, spinto dalla passione, imparò ben presto tutti i “segreti” del lavoro, tanto che un giorno il Vezzetti gli portò un suo piatto da rifare in quanto non era risultato perfetto. Silvio in breve tempo riuscì a sistemarlo e Vezzetti ne rimane sorpreso.
Alla sera andava a dormire presso un signore che faceva caldaie e prima di dormire, cominciò a lavorare per proprio conto degli oggetti in rame. Un giorno andò a Cuorgnè (comune della cintura torinese) in una bottega che vendeva anche oggetti di rame per la casa, per il lavoro, per l’arredo. Il negoziante come vide i due piatti lavorati li acquistò chiedendo chi le avesse lavorati. Silvio rispose di essere lui l’autore e supplicò di non dire nulla a Vezzetti. Il negoziante di nome Golio aveva lui stesso una attività di produzione come Vezzetti e disse a Silvio di ritornare pure al suo paese che gli avrebbe inviato vario materiale grezzo che poi lui lo avrebbe lavorato secondo le sue indicazioni.
Silvio tornato a casa aprì un piccolo laboratorio. Golio gli inviava portaombrelli grezzi e lui gliele rimandava lavorati. Aveva 25 anni (immagine sottostante).
Nel 1960 ha sposato Pavan Caterina. Il matrimonio sarà allietato dalla nascita di Nicomede, Tiziano e Annamaria.
Fin dall’inizio il lavoro non gli mancò mai e nel 1970 aprì il suo laboratorio a Rosà, proprio qui (mi trovo a parlare nella sede della “ Pivotto Illuminazione” – mi dice Silvio – in quanto vari artisti della zona bassanese, ad esempio mi cita Andreose – gli richiedevano vari lavori. E la lista dei lavori eseguiti datami dal figlio Tiziano è lunga… dicendomi che è parziale.
ALCUNI LAVORI TRA I TANTI EFFETTUATI
1970 – COPRIFONTE DUOMO DI ROSA’
1988 – PORTALE DELLA CHIESA DI LONGA DI SCHIAVON (VI)
1992 – PORTALE DUOMO DI CAMPODARSEGO (PD)
1998 – MONUMENTO AL DONATORE , COMUNE DI VIGODARZERE (PD)
(senza data) – UN TABERNACOLO
SI TROVANO LAVORI DI SILVIO PIVOTTO
a Laverda di Lusiana (VI), san Luca di Crosara di Marostica (VI) (vedi nella Sezione di MAROSTICA) , Longa di Schiavon (VI). Mortisa di Lugo Vicentino (VI), Zugliano (VI), Carrè (VI), Sacro Cuore di Schio (VI), Chiampo (VI), Asiago (VI), Povolaro di Dueville (VI) , Friola di Pozzoleone (VI), Lissaro di Mestrino (PD), Rosà (VI), San Lazzaro di Bassano D.G (VI), San Zeno di Cassola (VI), Romano d’Ezzelino (VI), San Vito di Bassano (VI), Montebelluna (TV) – Terraglione di Vigodarzere (PD), Vigodarzere (PD), Campodarsego (PD), Lughetto di Campagna Lupia (VE), Valli di Chioggia (VE) – Arino di Dolo (VE) – Santo Stefano d’Ungheria (PD) – Altichiero (PD) – Cartura (PD), San Michele delle Badesse (PD), Cavino d’Arsego (PD), Montemerlo do Cervarese S. Croce (PD), ValleSan Giorgio di Baone (PD), Valle San Giorgio Baone (PD), ecc.
Ringrazio Silvio Pivotto e il figlio Tiziano per la cortesia e disponibilità dimostratami.