LA CHIESA PARROCCHIALE di SAN GIACOMO il Minore
di Vasco Bordignon
CENNI STORICI
Il toponimo “Torre” con molta probabilità risale all’epoca romana, come fortificazione eretta a guardia e difesa dalle invasioni d’oltralpe.
Il toponimo di San Giacomo deriva dalla chiesetta di San Giacomo di Torre, dove Torre indicava e indica tuttora il nome del borgo attraversato dalla primitiva strada Bassano-Asolo o Vecchia Asolana.
1181, 19 luglio – E’ la data della bolla papale di Alessandro III nella quale la cattedrale e i canonici di Treviso vengono posti sotto la protezione pontificia con l’elenco dei loro beni, tra i quali si citano i masi che i canonici avevano a Bassano, Romano e Torre (possessiones de Bassano et de Romano et de Tor. Mansos de Asylo, mansos de Braida). Da notare però che tale bolla è una copia del 1212.
1370 – La chiesa di San Giacomo esisteva già ai tempi delle lotte tra i Carraresi e i Veneziani.
“I Veneziani nel 1369, vedendo che il loro confine verso Bassano era troppo indifeso, decisero di riedificare sul colle di Romano, già famoso per il castello che aveva dato il nome alla famiglia degli Ecelini, un nuovo forte. Di quel lavoro venne incaricato, col titolo di capitano del castello di Romano, Francesco Dolfin, il quale nel gennaio del 1370 diede, con ogni cura, principio all’opera, alla quale dovettero collaborare gli abitanti dei nove villaggi dipendenti dal capitano di Romano. Francesco di Carrara allora, opponendo diffidenza a diffidenza, si accinse a fortificare Bassano e dintorni. A Bassano fortificò il castello con mura interne, che ancora sussistono, lasciando le esterne per parapetto; e per fortificare anche i dintorni innalzò una torre poco lungi dalla chiesa di San Giacomo, e la cinse con un bastione munendola come opera avanzata verso Romano…”.
(In altri documenti, in particolare un estimo del 1484, del 1573, del 1600 sono documentate sia la chiesa di San Giacomo sia la contrada di Torre.)
1509 – Sul confine orientale del comune e della parrocchia di Romano d’Ezzelino, dove il 21 novembre 1509 durante la guerra della lega di Cambrai s’azzuffarono truppe tedesche dell’imperatore Massimiliano I e truppe veneziane che ebbero la meglio, esisteva una chiesuola dedicata all’apostolo San Giacomo Minore.
Per celebrare l’avvenimento – dicono gli storici locali – il provveditore veneziano di Bassano Antonio Michiel stabilì che ogni anno, il 1 maggio festa del santo, i maggiorenti di Bassano andassero a commemorare l’avvenimento e a pregare per i caduti.
1666, 1675, 1694 visite pastorali.
Nelle visite pastorali della diocesi di Padova questa chiesuola è ricordata solo a cominciare dalla prima visita che fece a Romano d’Ezzelino San Gregorio Barbarigo il 25 settembre 1666. In occasione di questa visita viene accennato al problema che tale chiesuola fosse giuridicamente terra di nessuno, cioè non era incardinata in nessuna diocesi (“de iure nullius diocesis…”), anche se riconosceva la sua matrice nella chiesa di S. Maria in Colle di Bassano.
Infatti in occasione della seconda visita del 12 maggio 1675 l’arciprete di Romano informava che quella chiesa era sotto il giuspatronato dei nobili veneziani Loredan e Tron e dipendeva dalla parrocchiale di Bassano.
Allora era custodita da un “romito”, che nei giorni festivi vi insegnava la Dottrina Cristiana e recitava il Rosario.
In occasione della quarta visita di San Gregorio Barbarigo, il 12 ottobre 1694, l’arciprete informava che un sacerdote locale vi celebrava nei giorni festivi per comodità di quei fedeli, sicché “ne risulta grande pregiudicio alle anime di questa cura”.
1746 – Nella visita del secondo Barbarigo vescovo di Padova, il cardinale Gian Francesco, l’arciprete faceva sapere che la “chiesa campestre di San Giacomo sotto questa pieve… non si trova sii stata visitata da alcun Superiore Ecclesiastico”, in quanto permaneva senza giurisdizione ecclesiastica. Tuttavia l’arciprete si chiedeva anche perché il vescovo non potesse visitarla. Cosa che fece il cardinale Rezzonico l’11 luglio 1746.
La Dottrina Cristiana continuava ad esservi insegnata nei giorni festivi e di solito vi era anche celebrata la S. Messa, il che spesso avveniva ogni giorno.
1818 – Dal 1 maggio 1818, a seguito della Bolla papale di Pio VII, la Chiesa di Sam Giacomo è sotto la giurisdizione della Diocesi di Padova.
1875 – 1877 : la ricostruzione – La chiesa che in occasione della visita del cardinale Rezzonico nel 1746 era stata solo un po’ restaurata, tra il 1875 e il 1877 fu ricostruita in modo che all’antica struttura diventata coro e presbiterio fu aggiunta una navata.
1903 – Viene eretto il campanile, alto circa 20 metri. Le campane provenivano dalla ditta Colbacchini di Bassano.
1913: curazia sussidicaria. Il vescovo Mons. Pellizzo, quando il 30 giugno 1913 ne fece una curazia sussidiaria di Romano, diede forma giuridica ad un fatto ormai vecchio di due secoli e più.
1930: curazia autonoma. L’8 luglio 1930 fu eretta in curazia autonoma con territorio proveniente unicamente dalla parrocchia di Romano d’Ezzelino.
1931: il primo progetto è datato 16 giugno 1931 a firma dell’ing. Giovanni Testa di Padova e dell’arch. F. Banterle di Verona, su consiglio anche dell’allora vescovo di Padova Mons. Elia Dalla Costa.
1944: parrocchia. Il 7 novembre 1944, costituito il beneficio ed acquistato il terreno per la nuova chiesa più capiente, fu elevata a parrocchia.
1946: nuova chiesa – Il 29 ottobre 1946 durante la visita pastorale, dal vescovo Mons. Carlo Agostini fu benedetta la prima pietra della nuova parrocchiale, che per la sua costruzione mise in mobilitazione tutta la popolazione resasi disponibile sia per il trasporto delle pietre da Valle S. Felicita o della sabbia dal Brenta con carri trainati da buoi, sia per l’innalzamento della struttura muraria.
1949 – Il 26 giugno 1949 venne inaugurata la nuova chiesa. Non viene realizzato un nuovo campanile per motivi di spesa.
1967 – La chiesa venne consacrata il 14 ottobre 1967 da Mons. Girolamo Bortignon, originario di Fellette di Romano d’Ezzelino.
1958 – Abbellimento sopra il portale dell’entrata principale della chiesa, con affresco della lunetta rappresentante il patrono della Chiesa, San Giacomo il minore, da parte del prof. Bizzotto.
1981 – Nel 25° anniversario della consacrazione sacerdotale avvenuta l’8 luglio del 1956 del parroco don Giampaolo Dalla Rosa, il salesiano nativo di San Giacomo, Luigi Zonta consegnò alla parrocchia l’abside da lui dipinta, raffigurando l’apostolo Titolare in posizione assiale con il tabernacolo e la pietra sacra che raccoglie le reliquie dei SS. Martiri, e intorno sia a dx che a sx la Comunità parrocchiale con religiosi, laici, ragazzi e fanciulli, il martirio di San Giacomo, la chiesa parrocchiale quale centro di animazione spirituale.
1986 – Vengono abbellite sempre da Luigi Zonta le pareti delle due cappelline laterali, quella di Sant’Antonio a dx e quella della Madonna a sx, nonchè lo spazio del battistero.
1995, 21 marzo. Viene inaugurato il nuovo presbiterio con il nuovo altare, il nuovo ambone, il nuovo tabernacolo e il nuovo organo (che oscura, purtroppo, in parte il dipinto absidale) da parte del Vescovo di Padova Mons. Antonio Mattiazzo, e l’11 giugno dello stesso anno inaugurazione del nuovo altare di S. Antonio, costruito con il materiale del vecchio altare maggiore. Il precedente altare in onore di S. Antonio è stato sistemato nella nuova Cappella del Cimitero.
LA CHIESA – L’ESTERNO
la facciata della chiesa
portale con lunetta raffigurante san Giacomo minore
lato est della chiesa con campanile
lato ovest della chiesa
L’INTERNO
l’interno dall’ingresso
l’interno dal presbiterio; da notare il soffitto a cassettoni e il grande dipinto della parete sud di Gesù pastore con il suo gregge
IL PRESBITERIO
Lo spazio absidale, originariamente, completamente abbellito nel 1981 dal dipinto del salesiano Luigi Zonta, dopo le modifiche apportate alla liturgia da parte del Concilio Vaticano II, venne modificato, nel 1995, non senza grandi discussioni all’interno della comunità dei fedeli, con il nuovo organo , il nuovo tabernacolo e il nuovo altare. Da ciò ne conseguì una importante perdita dell’insieme pittorico in special modo della parte inferiore. Cercherò comunque di descrivere tale insieme pittorico.
Al centro del grande affresco viene posta la figura di San Giacomo il Minore, vescovo di Gerusalemme, con il pastorale e con i rotoli della parola di Dio. Vicino viene tratteggiato il tempio di Gerusalemme. Secondo una versione il martirio di San Giacomo (vedi alla fine una breve biografia del Santo Apostolo) sarebbe avvenuto perchè fu gettato giù dal pinnacolo di questo tempio. Ai lati tutte le componenti della parrocchia, dal parroco, ai religiosi, ai laici, ai ragazzi e ai bambini, e al di sotto le componenti sociali della società: la famiglia, il lavoro, gli ammalati, i sofferenti e anche, più sotto ancora, la chiesa parrocchiale e l’ambiente naturale (di quest’ultima parte non si vede quasi nulla, a causa del posizionamento dell’organo costruito dalla ditta di Franz Zanin di Camono al Tagliamento, inaugurato il 21 ottobre 1995.) Sopra San Giacomo, nel punto più alto, sono dipinti vari personaggi quasi incolori perché detentori di un potere solo terreno, volto solo alla sua perpetuazione e alla sua manifestazione. Un lungo drappo colorato avvolge sia San Giacomo che gli altri componenti parrocchiali, dando luogo ad una immagine piena di vita, piena di ricchezza contrastando con quella amorfa e insignificante dei potere e dei potenti.
L’autore, Luigi Zonta, salesiano, riesce con i colori e con forme concettuali più che realistiche, a creare una particolare atmosfera di attenzione, di riflessione del messaggio dato, contribuendo così ad un vero arricchimento dello spirito. In sostanza vuole trasmettere non volti, non singoli personaggi, non fini dettagli ma una atmosfera di grande respiro religioso che delicatamente ci avvolge e poi entrando nei nostri sguardi riesce a portare una brezza di pace e certezza al nostro animo. La stessa atmosfera viene ricreata nelle cappelle della Madonna e di Sant’Antonio. [vedi in calce brevi tratti biografici dell’autore]
la parte più elevata del dipinto, identificabile con il pinnacolo del tempio,dove si intravedono in alto delle figure e a dx strutture del tempio
le figure del potere, incolori, in gran parte nascoste, poste in ombra, attente solo ai loro intrighi
parti del Tempio di Gerusalemme
al centro l’immagine di San Giacomo, il Minore
componenti della società religiosa e componenti della società famigliare e lavorativa
IL CROCIFISSO
Il Bernardi nella sua opera postuma “L’Asolano” del 1954 riferisce della presenza di un pregiato “Crocefisso” quattrocentesco, ligneo, di buona scuola tedesca .. che avrebbe potuto mettere l’acquolina in bocca ai non pochi antiquari del bel tempo andato… Forse la valutazione del Bernardi è stata probabilmente eccessiva in quanto tale crocefisso venne casualmente rintracciato nella soffitta della chiesa, restaurato ed esposto in chiesa nel 1977 in occasione della Santa Missione (da A.T.Scremin). A me, personalmente, questo interessante Crocefisso mi ha comunicato una grande serenità nonostante le spine della corona e i chiudi nelle mani …
CAPPELLA DELLA MADONNA
la cappella vista nel suo insieme
LA MADONNA DEI BOSCHI
Nell’anno 1888, nella cronistoria della visita pastorale del vescovo di Padova, Mons. G. Callegari, è scritto che non vi sono documenti che indichino l’epoca della primitiva erezione a chiesa parrocchiale di Romano d’Ezzelino, ma che vi fosse la tradizione a far ritenere come verso l’anno 1200 un Oratorio di San Giacomo che aveva come titolare la Madonna dei Boschi servisse da chiesa parrocchiale. Pare che questo oratorio pubblico o chiesa campestre perse questo titolo per ricevere quello di san Giacomo in seguito alla erezione della Parrocchiale di Romano d’Ezzelino che fu dedicata alla Madonna della Purificazione. Lo stesso oratorio di San Giacomo fu demolito e poi ricostruito nel 1877 con un altare dedicato a San Giacomo Apostolo il Minore.
Nella relazione sullo stato della curazia del 1922 don Gaetano Ziliotto scrive: “ circa la statua della Ss.ma Vergine, viene festeggiato in modo speciale il suo santo Nome da questa popolazione la prima domenica prossima alla Sua Natività. E’ fatta di legno, la sua grandezza è di m 1,50; è posta in nicchia speciale sul Coro dietro l’altare maggiore ed in modo che a tutti è visibile pienamente”.
Il Bernardi nell’Asolano scrive a riguardo di questa chiesetta: “Nell’abside stessa la statuina della Vergine, lignea, variopinta, richiusa e protetta da un cristallo, non dovrebbe risalire più in là del 1600 e di interessante non porta che il nome di “Madonna dei boschi”, essendo stata, secondo la tradizione, rinvenuta in uno dei vasti boschi, che, temporibus illi, occupavano la zona”. (libro postumo del 1954; la prima parte era stata pubblicata dallo stesso Bernardi nel 1948). La statua della Madonna, a partire dal 11 e 12 settembre del 1932, ogni seconda domenica di settembre viene portata solennemente in processione. Per tradizione erano i giovani della classe di leva a portarla per le vie di San Giacomo.
la statua della Madonna
la Madonna e Gesù bambino
lato sx e lato dx con alcune scene della vita di Maria
L’ANNUNCIAZIONE DELL’ANGELO E LA VISITA DI MARIA AD ELISABETTA
L’ANNUNCIAZIONE – Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (dal Vangelo di Luca).
LA VISITA DI MARIA AD ELISABETTA – In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre». (dal Vangelo di Luca).
IL MIRACOLO DELL’ACQUA TRAMUTATA IN VINO
Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le giare» e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». (Dal Vangelo di Giovanni)
LA CROCIFISSIONE
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: “Gesù il
Nazareno, il re dei Giudei”. Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”. Rispose Pilato: “Quel che ho scritto, ho scritto”. I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. E i soldati fecero così. Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito. (Dal Vangelo di Giovanni)
A NATIVITA’ DI GESU’
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento,ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. (dal Vangelo di Luca)
L’ASCENSIONE DI MARIA VERGINE IN CIELO
Il dogma cattolico è stato proclamato da Pio XII il 1º novembre 1950, Anno Santo, con la Costituzione apostolica Munificentissimus Deus: …. «Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». ….
CAPPELLA DI SANT’ANTONIO
SANT’ANTONIO PREDICATORE
Sant’Antonio è stato un grande scrittore e comunicatore: i suoi commentari biblico-liturgici (i Sermones) sono considerati come l’opera letteraria di carattere religioso più notevole compilata in Padova durante l’epoca medievale. Egli aveva un debole per i centri di alti studi, specie per le università: dire università significava, anche allora, soprattutto sinonimo di concentrazione di elementi giovanili. Antonio era un esperto “pescatore di giovani”. Presentisse o meno che il suo peregrinare sulla terra volgeva al termine, egli aspirava a reclutare nuove leve nell’oneroso entusiasmante incarico di portatori del Vangelo. ant’Antonio, come comunicatore, si distinse nella predicazione. Infatti quando si diffuse la voce che intendeva predicare giornalmente, ben presto non solo l’angusta chiesetta di S. Maria, ma anche le più ampie chiese della città risultarono via via incapaci di contenere la moltitudine crescente. La gente affluiva a grandi schiere, dove accoglierla? La voce non faceva problema, essendo Antonio dotato di un volume vocale d’eccezione. Si riunivano nelle piazze. Ma queste pure si mostrarono anguste. Anche a Padova, com’era già accaduto in Francia, sant’Antonio si vide costretto a parlare fuori città, in mezzo ai prati. Nobili e popolani, donne e uomini, giovani e vecchi, praticanti fervorosi e persone indifferenti o “lontane”, galantuomini e mariuoli, ecclesiastici e laici si disponevano in ordine sparso, aspettando con pazienza l’arrivo dell’uomo di Dio.
LA BASILICA DEL SANTO A PADOVA
Nel Medioevo questa era una zona periferica della città di Padova, ove sorgeva la piccola chiesa di Santa Maria Mater Domini, che era stata affidata ai frati minoriti. Qui aveva soggiornato sant’Antonio per poco più di un anno tra il 1229 ed il maggio 1231; accanto era stato fondato il convento dei francescani, forse proprio da sant’Antonio nel 1229. Quando Antonio morì il 13 giugno 1231 presso Arcella, nella parte nord di Padova, la sua salma venne composta in questa piccola chiesa e vi fu sepolto, seguendo il suo desiderio.
Ben presto furono registrati molti fenomeni miracolosi sulla sua tomba ed iniziarono ad arrivare pellegrini prima dalle contrade vicine e poi anche da oltralpe. Le varie componenti della cittadinanza di Padova (comune, vescovo, professori dell’Università, ordini religiosi e popolo) chiesero congiuntamente di innalzare Antonio all’onore degli altari. Il processo canonico si svolse in tempi molto brevi: nella cattedrale di Spoleto il 30 maggio 1232 il papa Gregorio IX lo nominò santo. Quindi, ad un anno dalla morte del santo, si decise di porre mano alla chiesetta di santa Maria e di erigerne una nuova, proporzionata all’esigenza di ricevere ed ospitare i gruppi di pellegrini; l’antica chiesetta formò il nucleo da cui partì la costruzione della basilica e tuttora è inglobata come cappella della Madonna Mora.
La costruzione della basilica si protrasse fino al 1310. Modifiche all’assetto della basilica si prolungarono fino al XV secolo, con un forte impulso dopo l’incendio e conseguente crollo di un campanile nel 1394. Durante la guerra della Lega di Cambrai (1509), Padova fu al centro dei combattimenti e la basilica si trovava a breve distanza dalle fortificazioni e pertanto, trovandosi tra due fuochi, subì da una parte i furori delle truppe venete assediate e dall’altra le rappresaglie dell’esercito imperiale assediante, che a fasi alterne la occupavano. Nel corso del XX secolo vennero affrescate nuovamente le cappelle laterali, molto deteriorate dall’incuria e dal trascorrere dei secoli. Il 29 maggio 2012 la basilica è stata danneggiata da una delle scosse di terremoto che hanno colpito il territorio dell’Emilia-Romagna.
IL MIRACOLO DELLA RAGAZZA ANNEGATA
LA MULA
Mentre si trovava a Rimini, Antonio cercava di convertire un eretico e la disputa si era incentrata intorno al sacramento dell’Eucarestia ossia sulla reale presenza di Gesù. L’eretico, di nome Bonvillo, lanciò la sfida ad Antonio affermando: “Se tu, Antonio, riuscirai a provare con un miracolo che nella Comunione dei credenti c’è, per quanto velato, il vero corpo di Cristo, io sottometterò senza indugio la mia testa alla fede cattolica.” Antonio accettò la sfida. Bonvillo, intanto, invitando con la mano a far silenzio disse:”Io terrò chiuso il mio giumento per tre giorni senza cibo. Passati i tre giorni, lo tirerò fuori alla presenza del popolo, gli mostrerò la biada pronta. Tu intanto gli starai di contro con quello che affermi essere il corpo di Cristo. Se l’animale pur affamato rifiuterà la biada e adorerà il tuo Dio io crederò sinceramente alla fede della Chiesa”. Antonio pregò e digiunò per tutti i tre giorni. Nel giorno stabilito nella piazza ricolma di gente Antonio celebrò la messa e poi con somma riverenza portò il corpo del Signore davanti alla giumenta affamata che era stata portata anch’essa nella piazza, mentre contemporaneamente lo stesso Bonvillo l’attirava con la biada. Antonio impose il silenzio e comandò all’animale: “In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo tra le mani, ti dico, o animale e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e prestargli la dovuta venerazione, affinché i malvagi eretici apprendano chiaramente da tale gesto che ogni creatura è soggetta al suo Creatore”. La giumenta rifiutò il foraggio, chinando e abbassando la testa fino ai garretti, si accostò genuflettendo davanti al sacramento del corpo di Cristo in segno di adorazione. Vedendo l’accaduto, tutti i presenti compresi gli eretici e Bonvillo si inginocchiarono adoranti.
GUARIGIONE DI UNA EPILETTICA
In prossimità della sua morte, il Santo compì un miracolo che fu menzionato nel processo di santificazione. Pietro, un uomo di Padova, faceva un giro per la città. Portava in braccio sua figlia di nome Paduana. Paduana non poteva camminare ed era ammalata di epilessia. Incontrarono Antonio che benedisse la bambina. Ritornando a casa il padre si accorse che Paduana poteva stare in piedi ed era in grado di camminare. Anche l’epilessia era guarita.
LA PREDICA AI PESCI
Sant’Antonio si era recato a diffondere la parola di Dio, quando alcuni eretici tentarono di dissuadere i fedeli che erano accorsi per ascoltare il santo. Sant’Antonio allora si portò sulla riva del fiume che scorreva a breve distanza e disse agli eretici in modo tale che la folla presente udisse: “Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere la vostra incredulità”. Ed incominciò a predicare ai pesci della grandezza e magnificenza di Dio. A mano a mano che il Santo parlava, sempre più pesci accorrevano verso la riva per ascoltarlo, elevando sopra la superficie dell’acqua la parte superiore del loro corpo e guardando attentamente, aprendo la bocca e chinando il capo in segno di riverenza. Gli abitanti del villaggio accorsero per vedere il prodigio, e con essi anche gli eretici che si inginocchiarono ascoltando le parole di Antonio. Una volta ottenuta la conversione degli eretici il Santo benedisse i pesci e li lasciò andare.
IL FONTE BATTESIMALE
insieme dello spazio battesimale caratterizzato oltre che dal fonte battesimale dal grandioso affresco di Gesù dalle cui braccia dipartono le grazie salvifiche tra le quali anche quella della purificazione dal peccato originale tramite il segno dell’acqua battesimale. L’opera è di Luigi Zonta, salesiano [vedi note biografiche in calce]. Alla base il fonte battesimale.
la bella chiusura in rame del fonte battesimale
SAN GIACOMO IL MINORE – BIOGRAFIA
Giacomo figlio di Alfeo. E’ detto il Minore per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo (e fratello di Giovanni) detto il Maggiore, e da secoli venerato come Santiago a Compostela.
Da Luca sappiamo che Gesù sceglie tra i suoi seguaci dodici uomini “ai quali diede il nome di apostoli” (6,14), e tra essi c’è appunto Giacomo di Alfeo, il Minore.
Nella Prima lettera ai Corinzi, Paolo dice che Gesù, dopo la risurrezione “apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli”. Lo chiamano “Giusto” per l’integrità severa della sua vita.
Incontra Paolo, già duro persecutore dei cristiani e ora convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e Giovanni. Poi, al “concilio di Gerusalemme”, invita a “non importunare” i convertiti dal paganesimo con l’imposizione di tante regole tradizionali. Si mette, insomma, sulla linea di Paolo.
Dopo il martirio di Giacomo il Maggiore nell’anno 42 e la partenza di Pietro, Giacomo diviene capo della comunità cristiana di Gerusalemme. Ed è l’autore della prima delle “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento. In essa, si rivolge “alle dodici tribù disperse nel mondo”, ossia ai cristiani di origine ebraica viventi fuori della Palestina. E’ come un primo esempio di enciclica: sulla preghiera, sulla speranza, sulla carità e inoltre (con espressioni molto energiche) sul dovere della giustizia.Il martirio di Giacomo, noto dalla notizia di Giuseppe Flavio (Antichità giudaiche, XX, 197. 199-203), della fine del I secolo, ci viene descritto nei dettagli da Eusebio di Cesarea, che riferisce per esteso in particolare la precedente narrazione di Egesippo (Memorie, 5).
Morto il prefetto di Giudea Festo, e mentre era ancora in viaggio da Roma il suo successore designato Albino, il sommo sacerdote Ananos il Giovane approfittò del momento per convocare il sinedrio e condannare Giacomo alla lapidazione. Siamo nell’anno 62. Giacomo fu gettato giù dal pinnacolo del Tempio e, poiché non era morto, fu lapidato; e poiché, messosi in ginocchio, pregava per coloro che lo stavano lapidando, «uno di loro, un follatore, preso il legno con cui batteva i panni, colpì sulla testa il Giusto, che morì martire in questo modo. Fu quindi sepolto sul luogo, vicino al Tempio, dove si trova ancora il suo monumento» (Egesippo, in Eusebio, Storia ecclesiastica, II, 23, 18).
Il suo cippo sepolcrale, secondo la testimonianza di Girolamo, rimase al suo posto fino al tempo dell’imperatore Adriano (117-138); poi se ne dovettero perdere le tracce, se si ha la notizia dell’invenzione (cioè del ritrovamento), verso la metà del IV secolo, del corpo di Giacomo, insieme a quelli dei martiri Simeone e Zaccaria, a opera di un eremita, Epifanio.
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LUIGI ZONTA, SALESIANO – note biografiche
Nato a Romano d’Ezzelino (VI) il 25 aprile 1936.
Nel 1947 è entrato come allievo nella scuola grafica del Colle Don Bosco. Nel 1952, divenuto salesiano, rimase in quella scuola, come insegnante di progettazione grafica fino al 1990.
In questo periodo ebbe modo di approfondire e perfezionare la sua passione per il disegno illustrativo e la pittura, conseguendo il diploma presso l’Istituto d’Arte di Lucca nella sezione pittura decorativa. In seguito ebbe modo di esprimersi nel mondo salesiano e non, in diverse opere pittoriche parietali a tempera: Bardolino, parrocchiale a San Giacomo di Romano, Caselette, Torino, Caserta, Foggia, Cerignola, Soverato, cappelle salesiane di Cogne, Borgomanero, Cumiana, Avigliana e Rivoli. Trasferitosi presso l’editrice salesiana ELLEDICI nel ’90 si occupò, sempre nel settore progettazione, di numerose edizioni della medesima e quindi di illustrazione e pubblicità.
La sua forma pittorica preferita è quella decorativa che è anche la più fantasiosa e creativa, nella quale, con libertà compositiva, si possono creare forme e colori con variazioni ritmiche proprie della pittura moderna. Descrizione, e sintesi si possono coniugare e trasmettere messaggi originali di notevole impatto pittorico.
FONTI DOCUMENTALI
Bernardi Carlo I.G. L’ASOLANO (Opera postuma). Tipografia Vicenzi, Bassano, 1954.
Brentari Ottone. STORIA DI BASSANO E DEL SUO TERRITORIO. Sante Pozzato, Bassano, 1884.
Farronato Gabriele. SCHEDARIO DEL NOVECENTO. [ringrazio per la sua cortesia]
LA DIOCESI DI PADOVA NEL 1972. a cura della Curia Vescovile di Padova, 1973.
Pesce Davino. CENNI STORICI SU ROMANO D’EZZELINO – LA GUERRA SUL GRAPPA. Con introduzione e appendici a cura di Gabriele Farronato. Edizioni il Nuovo Ezzelino, Asolo, 1988.
Passuello Francesco. DAGLI ALBORI DEL CRISTIANESIMO AI GIORNI NOSTRI. Edizioni il Nuovo Ezzelino. Tipografia Moro, Cassola, marzo 1985.
Scremin Agostino Tino. SAN GIACOMO DI TORRE. La comunità dalle origini al 1980. Ricerche ed appunti per una storia. Edizione il Nuovo Ezzelino. Tipografia Moro, Cassola, 1981.
Scremin Agostino Tino. GUIDA DI ROMANO D’EZZELINO. Turismo, Storia, Economia, Promozione, Topografia. Editore Moro, 1991.
www.sangiacomoparrocchia.it