LA CHIESA ARCIPRETALE della PURIFICAZIONE
DELLA SS. VERGINE MARIA
di Vasco Bordignon
CENNI STORICI
Romano, cui solo da un secolo fu aggiunta la specificazione “di Ezzelino”, compare la prima volta in una vendita fatta l’11 dicembre 1076 da Ecelo figlio del defunto Arpone da Onara e Romano [“Ecelo filio quondam Arpo de loco Aunerio et Romano”].
Ricompare il 29 aprile 1085 in un atto in cui Ecelo, Tiso IV e Gerardo, India madre di quest’ultimi ed Ermizza loro zia insieme con molti altri beni donarono all’abbazia di S. Eufemia di Villanova (ora Abbazia Pisani in diocesi di Treviso) in un luogo chiamato Romano anche una cappella costruita in onore di santa e beatissima vergine Maria [“in villa que dicitur Romanum cappellam unam in honore sancte et beatissime virginis Marie constructam”].
Il fatto d’essere diventata possesso di quell’abbazia e situata dentro la cerchia delle mura del castello eceliniano spiegano il tentativo di sottrarla alla giurisdizione della pieve di Sant’Eulalia di cui faceva parte e del vescovo di Padova.
Ma il 1 aprile 1123 il papa Callisto II imponendo il ristabilimento della giurisdizione vescovile sulle chiese della diocesi di Padova acquistate o possedute da laici o da monaci senza il permesso del vescovo, incluse anche la cappella di Romano [“cappelam etiam de Romano”].
Tale imposizione fu rinnovata da Innocenzo II il 29 giugno 1132 e da Adriano IV il 4 giugno 1155.
Di fatto fu il vescovo Giovanni Forzaté de’ Transalgrandi a investire il 14 aprile 1270 i preti Oliviero e Bernardo della giurisdizione delle anime e delle benefici economici della chiesa di santa Maria di Romano [“de fraternitate et beneficio ecclesie sancte Maria de Romano”].
E dieci anni dopo, il 13 luglio 1280, in seguito alla rinuncia di Bernardo, fu ancora lui ad investire di metà del beneficio il chierico Beraldo, figlio di Corradino da Romano.
Il 24 settembre 1488 il vescovo Barozzi in base alla sua titolarietà … visitava secondo consuetudine la pieve o chiesa di santa Maria di Romano [“auctoritate sua ordinaria … visitavit plebem seu ecclesiam sancte Marie de Romano in forma debita”].
Se la visita seguente del 28 settembre 1535 nota che quella pieve dipende dal reverend.mo abate di Sant’Eufemia di Campo San Pietro [“est collationis reverendissimi abbatis sancte Euphemie de Campo sancto Petro”], in seguito però non se ne parla più.
Infatti lo “Stato della diocesi di Padova” nel 1698 del notaio della curia Giovanni Bertazzi afferma che “la chiesa parochiale di Romano … soggiace al Concorso e l’Institutione del Preeletto s’aspetta all’Ordinario” affermando in sostanza che era diventata dipendente del Vescovo Padovano e che quindi non era più legata alla pieve di Sant’Eulalia.
Già il citato documento di Adriano IV del 1155 la dice “pieve” [“plebem”] come Valdobbiadene e Solagna; ma un Mazocco prete di Romano presenzia il 29 maggio 1210 alla consacrazione della chiesa di S. Cassiano in Sant’Eulalia e nella decima papale del 1297 l’”Ecclesia S. Marie de Romano” è elencata tra le chiese della pieve di Sant’Eulalia: era retta dal soprannominato prete Oliviero, coadiuvato dal chierico Giacomo di Vigonza. Questi pagò 8 soldi in ognuna delle due rate , il rettore invece fu scusato. Però nell’estimo papale del secolo seguente la chiesa di Romano è valutata 30 lire di piccoli, il chiericato 12.
Nelle più antiche visite pastorali a cominciare dalla prima, quella del Barozzi del 1488, è chiamata “pieve”; in quella del 1535 viene detto che non ha alcuna cappella [“quae plebs nullam habet capellam“] e nella visita del 12 ottobre 1587 viene definite come “plebs per se sola”.
Il vescovo Dondi dall’Orologio, storico della diocesi di Padova, il 13 novembre 1818 elevò ad arcipretale la chiesa di Romano constatandone l’antichissima istituzione e l’assenza di legame ad altra chiesa matrice [“commendatam vetustissimo iure – nulli ecclesiae matri addictam”], dice l’iscrizione sulla facciata della cappella del cimitero.
Dal vasto territorio della parrocchia di Romano il 16 marzo 1896 fu dismembrato quello della nuova parrocchia di Fellette e l’8 luglio 1930 quello che venne a costituire l’allora curazia autonoma di San Giacomo di Romano.
La cappella del cimitero di Romano è il presbiterio dell’antica parrocchiale in cima al colle d’Ezzelino. Quando nel 1488 la visitò il Barozzi la trovò “semiruinosa” e suggerì i criteri per un restauro grazie al quale avrebbe avuto struttura e decori dignitosi [“ haberet et formam et decorem supra mediocrem”].
Non sappiamo se sia stato effettuato e come.
La visita seguente del 1535 la riscontrò essere in buon stato sia nella copertura che nella pavimentazione che nel resto [“tecto, pavimento ac ceteris bene tentam”] con tre altari e campanile.
Oltre due secoli dopo, il 10-12 luglio 1746, il card. Rezzonico trovò che negli ultimi quattro anni era stata costruita dalle fondamenta ampliandola sia in lunghezza che in larghezza in quanto la vecchia chiesa per il numero dei parrocchiani era diventata angusta, stretta [“quatuor ab hinc annis longitudine et latitudine maior usque a fundamentis constructa fuit cum vetus ecclesia pro parochianorum numero esset angusta”].
Fu consacrata dal vescovo mons. Farina il 27 maggio 1832.
Dopo il restauro del coro nel 1867 si capì che la Chiesa che si trovava sul Colle aveva bisogno di un ampliamento e di una profonda ristrutturazione. Fatte tutte le valutazioni per questo progetto, fu deciso di realizzare un nuovo tempio, non nello stesso luogo, ma in pianura dove la popolazione negli anni continuava ad aumentare.
Il progetto di questa chiesa è dell’ing. Antonio Zardo da Crespano.
Si pose la prima pietra il 4 aprile 1880. I lavori durano oltre vent’anni, con periodi di sospensione e di ripresa dei lavori, seguiti dopo la morte del progettista ing. Zardo dal figlio ing. Augusto Zardo sempre di Crespano. La chiesa venne venne inaugurata l’8 dicembre 1903. La sua consacrazione, datata 9 settembre 1939, è effettuata dal vescovo Mons. Carlo Agostini, nella sua seconda visita pastorale
Nel 1946, dal laboratorio marmi di Pove di Ferruccio Donazzan di Gaspare, venne fornito il nuovo altare maggiore che fu consacrato il 22 aprile 1955 dal vescovo mons. Girolamo Bortignon , nella sua prima visita pastorale, e inaugurato anche il nuovo campanile
Nel 1981 si attua l’ultimo intervento di rinnovamento con lo spostamento dell’altare maggiore verso l’aula, la pavimentazione in marmo e la collocazione di una Via Crucis in 18 formelle, quattro in più rispetto al consueto, in bassorilievo di terracotta semirefrattaria con lastra d’argento, opera dell’artista Lino Agnini di Nove (vedi file della via crucis).
IL CAMPANILE
La decisione porta la firma del 16 marzo 1930 e il progetto è dell’ing. Fausto Scudo di Crespano. I problemi costruttivi iniziaronono subito per la presenza di acqua e la necessità di partire con le fondamenta a ben sei metri sotto terra. Ci vorranno 25 anni perché funzionasse: infatti il 22 aprile 1955 mons. Girolamo Bortignon di Fellette oltre che a consacrare il nuovo altare maggiore inaugurò il nuovo campanile.
LA FACCIATA
la facciata nella sua visione complessiva
la parte superiore
la parte intermedia interrotta da tre nicchie che accolgono tre statue in cemento: a sx Sant’Antonio da Padova, al centro la Madonna e a dx quella del beato Luca Belludi.
la porta d’ingresso della chiesa
ornato dell’area inferiore, e le formazioni fusellate dei pilastri
La facciata è caratterizzata da un alto basamento marmoreo, dal quale si innalzano quattro strutture a pilastro che a varie altezze terminano con formazioni fusellate, delimitando in tal modo, assieme ad un pronunciato cornicione orizzontale, tre distinte aree:
la superiore a forma di ampia lunetta al cui interno due cerchi concentrici racchiudono il simbolo della SS. Trinità;
l’intermedia abbellita centralmente dalle tre nicchie che accolgono tre statue in cemento: a sx Sant’Antonio da Padova, al centro la Madonna e a dx quella del beato Luca Belludi, realizzate dalla ditta Pietro Toniolo nel 1909;
l’inferiore abbellita ai lati con due piacevoli ornati e centralmente dalla porta principale incorniciata da due lesene con capitelli pensili e sopra da una lunetta marmorea
INTERNO CHIESA
La Chiesa è costituita da un presbiterio absidato e da una sola navata con volta a specchio. L’orientamento è est-ovest
interno della chiesa dall’ingresso verso l’altare maggiore
PRESBITERIO
presbiterio nel suo insieme
a dx: la mula si inginocchia davanti al SS. Sacramento
a sx l’incontro di Sant’Antonio con Ezzelino
Il presbiterio che con l’abside misura 14×9 metri, è impreziosito ai suoi lati da un coro ligneo della fine del 1600, sopra il quale si trovano due grandi dipinti “ Il Miracolo della mula” (a dx) che si inginocchia al passaggio del SS. Sacramento in processione e l’”Incontro di S. Antonio da Padova con Ezzelino III il tiranno” (a sx) che raffigura una leggenda ancora viva in paese.
Sul soffitto del presbiterio vi è dipinto “Il trionfo di Cristo”.
Tutte queste opere e le altre che citeremo, sono opere del padovano Giacomo Manzoni (1840-1912), eseguite nei primi anni del Novecento, [vedi sezione Personaggi, Biografie e altro] negli anni della costruzione dell’altare privilegiato di Sant’Antonio.
ALTARE MAGGIORE
Come già detto l’altare maggiore è opera del 1946 della ditta Ferruccio Donazzan di Pove, fu consacrato il 23 aprile 1955 dal vescovo mons. Girolamo Bortignon , nella sua prima visita pastorale, quando, come detto, inaugurò anche il nuovo campanile.
Questo altare rappresenta una piacevole realizzazione dell’arte lapidea povese sia per la composizione sinuosa marmorea cromatica del dossale e del paliotto, sia per la corona di angeli oranti, danzanti e musicanti attorno all’alto ciborio con il suo “resurrexit” sommitale.
LA CAPPELLA INVERNALE
A sx del presbiterio, vi è l’ingresso alla cappella invernale, cui ho dedicato un file specifico (vedi)
LA NAVATA
la navata è lunga 24 metri e larga 14 metri; l’illuminazione naturale è buona solo nelle giornate molto soleggiate; nell’immagine la visione della navata dal presbiterio verso la porta principale.
il Soffitto
visione nel suo insieme (sopra) e alcuni dettagli (sotto)
Il grande affresco di Giacomo Manzoni sulla “Purificazione di Maria Vergine”, titolare della Chiesa, del quale evidenzio alcuni dettagli
Questa festività con la riforma liturgica del 1960 è stata sostituita con “La presentazione di Gesù al Tempio” popolarmente chiamata della “Candelora”, in quanto si benedicono le candele simbolo di Cristo “luce per illuminare le genti”, come venne chiamato il bambino Gesù dal vecchio Simeone alla presentazione al Tempio di Gerusalemme.
Ritorniamo al dipinto del Manzoni dove illustra il momento in cui, nel Tempio, la Madonna col suo bambino (Gesù) è davanti al vecchio Simeone per adempiere alla legge ebraica che considerava la donna impura del sangue mestruale per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio (quindi il 2 febbraio che cade 40 giorni dopo il 25 dicembre, nascita di Gesù): per questa legge la donna, per essere purificata, doveva offrire in olocausto un agnello e una tortora o una colomba o, se la donna era troppo povera, poteva sostituire l’agnello con un’altra tortora o un’altra colomba. Nel dipinto l’offerta è di due colombe e tortore, in considerazione della povertà della famiglia di Gesù. Povertà terrena che contrasta con la grande festa in cielo, parte superiore, tra angeli gioiosi in preghiera e in adorazione.
PARETE NORD
ALTARE DI SANT’ANTONIO
Questo altare è privilegiato per decreto pontificio 05-01-1911.[Il privilegio sta in questo che il sacerdote, celebrandovi per un defunto, può appicargli un’indulgenza plenaria … Il privilegio si concede ad altare fisso … è perpetuo, o temporaneo, quotidiano o per determinati giorni.”[da Lessico ecclesiastico illustrato]
E’ monumentale. La parte marmorea, in marmo di Carrara, è opera degli scalpellini Donazzan di Pove, mentre la parte a mosaico, con decorazioni in tessere oro zecchino, sono della scuola di Spilimbergo in stile liberty, che richiama quello francese di fine Ottocento.
L’altare è stato consacrato il 15-02-1912.
La grande statua marmorea, opera di Giuseppe Longo (Venezia 1878 -1937), fu benedetta il 23 aprile 1904 da S.E. Giuseppe Callegari, cardinale vescovo di Padova.
PARETE SUD
ALTARE DELLA MADONNA
L’altare della Madonna è stato realizzato dalla ditta Zanchetta di Pove.
La statua marmorea della Madonna Immacolata è dello scultore Francesco Rebesco di San Zenone degli Ezzelini (1897-1985) [vedi sezione Personaggi, Biografie e altro]. La statua è stata benedetta il 2 marzo 1947. La bellezza e la ieracità del volto della Madonna purtroppo vengono – a mio parere – annullate dalla costante presenza di una luce blu.
PARETE OVEST
Sopra la porta principale della chiesa vi è una lunetta dove da Giacomo Manzoni è stata dipinta una movimentata “Cacciata dei profanatori del Tempio.
Tra la suddetta lunetta e la porta d’ingresso è stata posta la pala del vecchio altar maggiore, dipinta da Jacopo (Giacomo) Apollonio [vedi sezione Personaggi, biografie e altro] nel 1640, ricordata dal Verci, con un “Cristo risolto e i Ss. Prosdocimo, Lorenzo, Vito e Zenone. La posizione di questo dipinto non è delle migliori e mi è parso anche che non sia in buone condizioni.
Fonti documentali
AA.VV. Lessico ecclesiastico illustrato, Casa Editrice Vallardi, 1901
Bernardi Carlo. L’Asolano (opera postuma). Tipografia Vicenzi, Bassano, 1954
Farronato Gabriele. Schedario del Novecento. [ringrazio per la sua cortesia]
Grassi Luigi, Pepe Mario. Dizionario di Arte. UTET, Torino, 1995
L’Illustre bassanese – Pietro e Giuseppe Longo, n° 97, settembre 2005
La Diocesi di Padova nel 1972. Tipografia Antoniana, Padova, 1973
Passuello Francesco. Dagli Albori del Cristianesimo ai giorni nostri. Comune di Romano d’Ezzelino, Tipografia Moro, marzo1985
Pesce Davino. Cenni Storici su Romano d’Ezzelino. La Guerra sul Grappa. Introduzione e appendici a cura di Gabriele Farronato, Edizioni Il Nuovo Ezzelino, Asolo, 1988
Tino Scremin Antonio. Guida di Romano d’Ezzelino. Editore Moro, 1991
Verci Giambatista. Notizie intorno alla vita e alle opere de’ pittori scultori e intagliatori della città di Bassano. Giovanni Gatti, Venezia, 1775