“ROSÀ – STORIA DI ROSÀ”


STORIA DI ROSÀ


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Rosà è un comune della provincia di Vicenza. Dista 6,7 km in auto da Bassano del Grappa.  In questo comune vi vivono 14.387 abitanti (Istat 2014). L’altitudine rilevata dove si trova il Municipio è di 96 mt sul livello del mare. Gli abitanti di Rosà si chiamano rosatesi.


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DALLE ORIGINI ALL’EPOCA ROMANA

L’attuale comune di Rosà estende il suo territorio sulla fertile pianura vicentina, alla sinistra idrografica del fiume Brenta. Data la natura del suolo e il tipo di flora e fauna, è probabile che in quest’area si siano venuti a formare degli insediamenti umani preistorici.

Purtroppo fino ad oggi non ne sono state trovate tracce.

In località San Pietro, ad est della vecchia chiesa, è stato trovato un disco votivo bronzeo di tradizione paleoveneta, che in un certo modo comproverebbe la leggenda della presenza qui di un luogo sacro a divinità femminili legate al mondo dei boschi.

La nostra regione era abitata in epoca preromana dai Veneti, un popolo probabilmente migrato dalla Plafagonia circa 1000 anni a.C. In seguito alla espansione romana queste popolazioni autoctone si allearono con i Romani a difesa delle invasioni dei Galli.  Questa scelta facilità soprattutto i Romani e il loro disegno di espansione verso Est: si formarono così nella regione numerose colonie collegate tra loro da importanti assi viari.

Due di questi interessarono l’area di Bassano e dell’attuale territorio comunale di Rosà: la “via Postumia”, costruita nel 148 a.C. dal console romano Spurio Postumio Albino, la quale collegava  Genova con Aquileia; la “via Aurelia”, costruita nel 175 a.C. dal console romano Caio Aurelio Cotta, che partiva da Patavium (Padova) e raggiungeva Acelum (Asolo) e Feltria (Feltre), incrociando la via Postumia. Entro l’area intersecata da queste grandi vie di comunicazione, veniva poi attuata dai Romani la centuriazione, i cui segni sono ancora evidenti, sia pure modificati ad opera dell’uomo o dalle frequenti inondazioni del Brenta; essa era legata all’agro Baxani con dodici saltus e comprendeva anche l’attuale territorio di Rosà. Da questa centuriazione romana, formata dagli incroci stradali dei “decumani”, orientati da est verso ovest, e dei “cardini”, orientati da nord verso sud, aveva origine quella piccola proprietà terriera che, con l’andare del tempo, venne assorbita da grandi e ricche famiglie che, nella maggioranza dei casi, avevano poi dato il loro nome ai centri abitativi sorti attorno alla casa domenicale.

La modifica di questa organizzazione agraria determinò forse anche la variazione amministrativa del fondo per l’accentrarsi, attorno al centro domenicale, dei terreni messi a coltura e lasciando attorno ad essi quelli adibiti a pascolo e a bosco.

La colonizzazione romana favorì anche il lento e graduale ingresso di nuove tecniche agrarie, l’aumento degli scambi commerciali, la variazione di usi e costui, nonché  l’uso della lingua latina che si stabilizzò e si sovrappose al substrato paleo-veneto.

La presenza di Roma nel territorio rosatese, oltre dai segni della centuriazione, si rileva anche dai ritrovamenti di resti che rimandano ad una antica villa romana, di due grossi massi, forse cippi di confine di epoca romana, l’uno a S. Pietro, dalla gente del luogo detto “el terminon”, e un altro a Ca’ Dolfin, e anche da numerosi utensili, distinti da quelli prodotti nell’agro bassanese da un bollo esclusivo.

LE INVASIONI BARBARICHE

Dei primi secoli della decadenza dell’Impero Romano non abbiamo notizie precise che riguardano l’attuale nostro Comune, neppure di una probabile presenza o transito di popolazioni barbare che minacciosamente premevano alle frontiere orientali.

Infatti nel 168 d.C. calano nel Veneto i Quadi, i Marcomanni e i Sarmati, a cui fano seguito gli Alemanni e Jutingi che si spingono fino a quasi Ravenna. Inizia così l’epoca delle invasioni barbariche, caratterizzata contestualmente da crisi economiche e da pestilenze che riducono sensibilmente, per quel che ci riguarda, la popolazione delle campagne.

Calò in Italia Alarico con i suoi Visigoti (402), Radagasio con i Vandali, poi gli Svevi, gli  Alani (404-405) e nuovamente Alarico, che nel 410 conquista Roma e la saccheggia. Nel 452 arriva Attila alla testa degli Unni, che conquista e distrugge Aquileia e depreda Concordia e Altino.  Nel 476, favorito dalla ribellione di milizie barbariche al servizio di Roma, Odoacre sconfigge l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo; è a questa data che gli studiosi fanno convenientemente risalire la fine dell’Impero Romano d’Occidente. Odoacre nel 486 viene poi sconfitto dagli Ostrogoti di Teodorico, che si proclama re e muore a Ravenna nel 526. Sale sul trono dell’Impero Romano d’Oriente Giustiniano, che sconfigge gli ostrogoti e riesce a riconquistare la Penisola.

La presenza o il passaggio di questi popoli, quasi tutti passati dal Friuli, sicuramente interessarono e coinvolsero il Bassanese, quindi anche l’attuale territorio comunale di Rosà.

A completare questo desolante quadro, nel 566 scoppiava anche qui una grossa e improvvisa pestilenza che provocava infatti lutti, desolazioni e rovine, lasciando le campagne deserte.

I LONGOBARDI

Nell’anno 566 moriva a Bisanzio, l’odierna Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, l’imperatore Giustiniano, e il suo generale Narsete, in rotta con il nuovo imperatore Giustino, chiamava in Italia i Longobardi.  Questi guidati dal loro re Alboino, approfittano della difficile situazione in cui versa l’Impero e relegano i Bizantini lungo la fascia dell’alto Adriatico. Conquistano la romana “Forum Iuli”, l’odierna Cividale del Friuli, puntano su Pavia e Milano, mentre Padova e Monselice, sorrette da Ravenna, gli resistono fino al 602, quando vengono conquistate e incendiate dal loro re Agilulfo.

La testimonianza della presenza longobarda nell’agro bassanese, quindi anche nell’attuale territorio comunale di Rosà, è fornita dalla divisione delle proprietà fondiarie, conservatesi per secoli su questo territorio, dalla superficie riservata al pascolo e al bosco, destinata all’uso comunitario, e, dopo i recenti scavi in via Brega, anche da rinvenimenti di strutture architettoniche.

Con la caduta del regno longobardo, ad opera di Carlo Magno nell’anno 777, inizia anche per il territorio dell’attuale comune di Rosà il dominio dei Franchi che sottomettono tutto il Veneto ed il Friuli.

A partire dall’anno 888 e fino al 962, durante il regno Italico, il territorio di bassano è invaso dagli Ungheri, un popolo nomade e feroce, causa di enormi danni e immensi lutti; lo stesso imperatore Berengario subisce una rovinosa sconfitta sul Brenta, tra Nove e Cartigliano, dove a testimonianza di quei fatti rimane oggi un tumulo, detto appunto degli Ungheri.

A difesa del territorio dalle sanguinose scorrerie, vengono eretti diversi castelli, uno dei quali anche a Bassano, costruito probabilmente dalla stessa popolazione, senza intervento di principi o vescovi, sui un’altura già adibita a tale scopo nell’antichità.

IL BASSO MEDIOEVO: DALL’XI AL XIV SECOLO

I recenti scavi archeologici condotti in via Brega hanno portato alla luce uno strato dell’attuale chiesa di San Pietro e utensili risalenti a questi secoli, segni di una possibile presenza insediativa.

In questi secoli Rosà, come si è detto, era territorio di Bassano e zona d’influenza della potente famiglia dei Da Romano, e, come tale, era legato e coinvolto a questo casato fino a quando Ezzelino III da Romano, sconfitto e fatto prigioniero a Cassano d’Adda dai suoi irriducibili avversari,  moriva nel 1259 nel castello di Soncino e Alberico, suo fratello, costretto a fuggire e a rifugiarsi nel castello di San Zenone, nel 1260 veniva barbaramente ucciso con tutta la sua famiglia.

I Bassanesi, quando tutti i centri abitati del loro territorio furono liberati dalla soggezione a questo casato, chiesero la protezione di Padova, ma Vicenza, avanzando pretese su quest’area, riuscì a farsela assegnare con la mediazione del suo vescovo Bartolomeo da Breganze.

Più tardi Padova, vantando un credito su Vicenza, rioccupava tutto il Bassanese, e da allora la storia del territorio di Rosà fu una continua lotta ad ottenere la propria autonomia.

Nel 1322, sempre perché legati a Padova, Bassano e il suo territorio vengono coinvolti nella guerra tra la Città del Santo e Cangrande della Scala, il signore di Verona, che mirava alla conquista di quest’area come via d’accesso al Bellunese ed al Feltrino.

Bassano chiese allora protezione dl Conte di Gorizia che, invece , consegnò agli Scaligeri, il cui dominio durò fino al 1337 quando, in seguito ad una nuova guerra, passò sotto Venezia.

La Repubblica di San marco, in accordo con la sua politica territoriale, però non era ancora interessata al diretto governo  e possesso della terraferma e perciò cedeva il Bassanese ai Da Carrara, signori di Padova, a quel tempo suoi alleati.

E’ proprio Francesco I da Carrara, intorno al 1370, a realizzare una roggia, “roxata” che, secondo la tradizione, fu divisa in due parti “roxata superior” e “roxata inferior” ed usata per irrigare le campagne e far muovere le ruote di alcuni mulini presenti nel territorio cittadellese. Il termine “roxata” è considerato da alcuni studiosi l’origine etimologica del toponimo di Rosà.

Da quella carrarese, Bassano e le sue competenze passano poi alla signoria dei Visconti, signori di Milano che avevano cominciato ad estendersi verso Est, annettendo Verona e il territorio. La signoria viscontea durò fino al 1404 quando Bassano, desiderosa di pace e stanca di questo alternarsi di dominatori, nonché di essere coinvolta continuamente in conflitti non suoi, si dichiarò pronta a giurare fedeltà alla Repubblica di San Marco, chiedendo in cambio, oltre alla protezione militare che Venezia si impegnava sempre a dare alle città soggette, anche il rispetto dei suoi antichi statuti del 1260, aggiornati nel 1268 e nel 1295, nonché della sua autonomia amministrativa.

AL TEMPO DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA

Ai primi del Quattrocento, come abbiamo visto, inizia il dominio della Serenissima e Rosà viene incorporata nell’agro bassanese, però senza essere riconosciuta come comunità civica. Questo avverrà solo più tardi con la creazione della cosiddetta “Università della Rosà”, in seguito alla quale Rosà diventa uno dei quartieri di Bassano.

Col passare del tempo, la popolazione di Rosà aumenta considerevolmente e, a poco a poco, si costruiscono nuove case e nelle campagne rese ancora più fertili dalle importanti opere di bonifica e dai miglioramenti attuati sul territorio, aumentano le coltivazioni e le varietà agrarie.

Il dominio di Venezia portò a Rosà anche un periodo di relativo benessere e di pace, interrotta solo dalla guerra che la Serenissima dovette sostenere contro i collegati della Lega di Cambrai, guidati da Massimiliano imperatore d’Austria, ed anche dalle ricorrenti epidemie di peste che falcidiarono la popolazione della campagne.

Nel 1560, nel territorio rosatese iniziava la coltivazione del granoturco, il cui prodotto forniva una maggiore fonte di guadagno e di nutrizione per la popolazione, oltre a permettere la rotazione agraria dei terreni e la conseguente trasformazione dell’agricoltura, una volta basata solo sull’autoconsumo, in economia di mercato.

Rosà per la sua importanza civile raggiunta, fa sentire sempre più la sua voce per mezzo della “vicinia”, cioè di quella assemblea rurale composta da tutti i capi famiglia rosatesi che, per diritto di giuspatronato, scelgono anche il proprio parroco.

La vitalità della comunità rosatese cresce sempre di più alla fine del Seicento e la popolazione, notevolmente aumentata, è ripartita fra le numerose frazioni unite in 12 “quartieri”, ognuno dei quali è rappresentato da 10 capi famiglia.

I nomi di questi quartieri, in un documento del 1622, sono così elencati: quartiere della Villa, probabilmente riferito al centro primitivo di Rosà; della chiesa, che fa pensare al centro abitato di Rosà  diviso in due gruppi di case, uno dei quali sviluppatosi attorno alla Chiesa; di Cusinati, oggi importante paese in comune di Rosà; delle Tezze, della Granera, che diedero poi origine al comune di Tezze sul Brenta; dei Confini, una località che nel 1620 fu presente in una protesta presentata dai suoi rappresentanti e che potrebbe corrispondere all’attuale contrada Laghi; di Ca’ Dolfin, formatasi attorno alla casa domenicale dei patrizi veneti Dolfin; dei Stroppari, il cui nome originario fu però Ca’ Dolze, dal nome della nobile famiglia dei Dolce proprietari della zona; di Travettore, il cui toponimo è quasi sicuramente legato all’esistenza di un traghetto che nel XV secolo collegava le due sponde del vecchio corso del brenta; infine di Bagli o Baggi, di Rovolessa e di Zen.

Ben presto, oltre alla tradizionale pratica dell’agricoltura, nel XVI secolo si aggiunge, sviluppandosi sempre di più, l’artigianato della lana e della seta, con la conseguente cultura dei bachi e la diffusione e commercio delle pelli, ma questo incremento economico è drasticamente interrotto dalle gravissime pestilenze del 1630 e 1631 che causarono la morte di moltissima gente.

La successiva ripresa economica e demografica costringe la comunità rosatese ad ampliare la sua vecchia chiesa parrocchiale, prima, e a costruirne poi una nuova, i cui lavori, iniziati nei primi anni del Settecento, durano per tutto il XVIII secolo.

Verso la fine di questo secolo, Venezia era ormai in piena decadenza, ponendosi ai margini della politica internazionale.  Essa teneva una linea di governo conservatrice, preparando così un fertile e favorevole terreno al diffondersi in città e nelle province di fermenti giacobini provenienti dalla Francia rivoluzionaria.

Napoleone Bonaparte, dopo la sua prima campagna d’Italia, pone fine alla gloriosa Repubblica di San Marco con il Trattato di Campoformio (18 ottobre 1797), a seguito del quale Venezia e tutto il Veneto vengono assegnati all’Austria.

Seguono anni di altalenanti occupazioni asburgiche e francesi ed è proprio in questi anni, precisamente nel 1807, che Napoleone decreta la soppressione della “Università della Rosà” , e l’agro bassanese viene frantumato e diviso fra tre nuovi comuni: Cassola, Tezze e Rosà.

LA CONTEMPORANEITA’

L’alternanza delle occupazioni francesi ed austriache termina con il Congresso di Vienna del 1851, in seguito alla quale tutto il Veneto è posto sotto il dominio dell’Austria e inglobato nell’asburgico regno Lombardo-Veneto.

A partire dal 1848, con la prima guerra di indipendenza italiana, anche nei veneti comincia a nascere una coscienza politica risorgimentale, imperniata sugli ideali di libertà nazionale.

Con il 1866, al termine della terza guerra per l’indipendenza d’Italia, finisce il dominio austriaco e Rosà, come tutti comuni del Veneto, aderisce plebiscitariamente al regno di Vittorio Emanuele II.

Da allora la storia di Rosà è coinvolta con quanto succede su scala nazionale: il prima e il secondo conflitto mondiale, la guerra partigiana.


Dalla pubblicazione  Comune di Rosà – Vivi la città 2003-2004. 

Altre fonti documentali

Brentari Ottone. Guida storico-alpina di Bassano – Sette Comuni. Pozzato, Bassano, 1885.

Brentari Ottone. Storia di Bassano e del suo territorio. Pozzato, Bassano, 1884.

Curci Antonietta. Origine ed evoluzione della Roggia Rosà. Bozzetto studio di fotografia, 2014.

Mantese Giovanni. Rosà. Note per una storia civica e religiosa della comunità nel contesto del territorio bassanese. Opere Assistenziali di Rosà, 1977.


ROSÀ – IL DUOMO DI SANT’ANTONIO ABATE

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