BORSO DEL GRAPPA – SANT’EULALIA – LA CHIESA PLEBANIALE DI SANT’EULALIA


CHIESA DI SANT’EULALIA

Chiesa Parrocchiale Plebaniale (consacrata il  l settembre 1816)

Dedicata a S. Eulalia vergine e martire (10 dicembre)

 

di Vasco Bordignon

con la preziosa collaborazione di don Manuel Fabris, pievano della Chiesa

 

 

CENNI STORICI

 

Il «pagus Misquilensis » – nominato nell’iscrizione del sarcofago del veterano Caio Vettonio, trovato a Sant’Eulalia e conservato nella sacristia di questa parrocchiale – da altri reperti archeologici risulta aver conosciuto il cristianesimo già in età tardoromana.

            [“pagus”: il termine latino pagus fa parte del lessico amministrativo romano, e stava ad indicare una circoscrizione territoriale rurale (cioè al di fuori dei confini della città), di origine preromana e poi romana, accentrata su luoghi di culto locale pagano prima e cristiano poi.]

[“misquilensis”: rappresentava l’ampio  territorio di riferimento comprendente la maggior parte della pedemontana del Monte Grappa, estendendosi dal fiume Brenta ad occidente a il fiume Astego ad oriente.]

In questo contesto il Melchiori scrive: “In questa terra illustre per ritrovamenti pre-romani e cristiani, la vita pagana e la vita cristiana si susseguono senza soluzioni di continuità; che al culto degli dei Mani e ai tripudi conviviali sulle tombe dei trapassati, con profusione di vivande e di fiori, succedono i riti funerari cristiani, per i quali i defunti vengono amorosamente e pietosamente composti nei loro sepolcri e fasciati dai simboli della nuova fede”.

Non sappiamo quando prese il nome della vergine martire di Mérida in Spagna, Sant’Eulalia (vedi approfondimenti fine lavoro)

Si ritiene che questo culto sia stato diffuso da soldati romano-cristiani dopo essersi stabiliti in questo territorio dopo le campagne di Spagna.

Incontriamo questo toponimo la prima volta in una carta del 29 maggio 1210, che testifica la consacrazione della “ basilica di San Cassiano … inserita ed edificata nella stessa parrocchia di Sant’Eulalia e nello stesso episcopato di Padova”[“sancti Cassiani basilicam … in sancta Eulalia in paduano episcopatu et sub eius ac in eius parrochia constitutam et edificatam »].

          Riprendo il Melchiori “Curioso notare come la più vecchia chiesa…era dedicata a San Cassiano e sorgeva a nord della chiesa odierna”. Lo stesso Melchiori riporta quanto scrive nel 1718 un testimone oculare, il Furlani, in un suo manoscritto, “questo vecchio San Cassiano era già in piena rovina, poiché ne sopravvivevano che alcune reliquie delle mura perimetrali e il coro, ridotto a chiesetta o, meglio, a modestissimo oratorio”, riportando in nota “… giace questa Chiesa (di San Cassiano) più a monte dell’odierna Parochiale”.

Tuttavia la visita pastorale del 9 ottobre 1587 ignora questa consacrazione, ma dice che quella chiesa “anticamente era parrocchiale [“antiquitus erat parochialis“], probabilmente raccogliendo una tradizione locale favorita dalla devozione che il santo godeva a Sant’Eulalia e dintorni.

In realtà la parrocchiale fu sempre la chiesa di S. Eulalia, che la decima papale del 1297 chiama “Plebes S. Gilarie », rette dal prete Pietro, scusato dal pagamento. Ne dipendevano le chiese di Borso, Crespano, Liedolo, Semonzo e Romano. I rettori di queste chiese come quello di Sant’Eulalia furono tutti scusati dal pagamento, forse per la loro triste situazione economica dopo la caduta dei da Romano. Anche il paese che ad essi aveva dato il nome, Romano d’Ezzelino, pare provvisoriamente tornato sotto la direzione della matrice.

Nell’estimo papale della prima metà del secolo XIV le « Plebes S. Eulalie» sono valutate « lib. XX par.”,[“20 piccoli (da parvus), nome dato alla moneta di minor valore in quel periodo] meno che le chiese soggette.

              [Ricordo come nei secoli il nome di Sant’Eulalia abbia avuto variazioni quali Gilaria, Heularia, Laria, Ilaria]   

Quando visitò Sant’Eulalia il vescovo Barozzi, il 25 settembre 1488, la chiesa aveva tre altari, di cui solo il maggiore consacrato ed era «male cooperta” ed aveva “… pavimentum asperum “. [“malamente ricoperta” e aveva “un pavimento dissestato”]

Circa trent’anni dopo, il 20 ottobre 1520, nuovo era il tetto e 4 gli altari, per tornare a 3 nella visita del 26 settembre 1535, in cui la chiesa è detta «vetus sed bene cooperta et salligata » [ “vecchia ma ben ricoperta e pavimentata”]con campanile e cimitero.

In occasione della quarta visita di S. Gregorio Barbarigo, l’8 ottobre 1694, i massari della chiesa e i maggiorenti del paese ottennero ch’egli approvasse l’iscrizione da sistemare nella chiesa”, in cui si affermavano i suoi diritti di matrice su Crespano, Borso, Liedolo e Semonzo.

Il 25 febbraio 1695 ci fu un disastroso terremoto, il terremoto di Santa Costanza,  e la chiesa di S. Eulalia fu gravemente danneggiata e per questo fu deciso di sostituirla e nel 1773 si iniziava la costruzione del nuovo edificio, l’attuale.                                                                   

Quando il 13 luglio 1776 vi venne in visita pastorale il vescovo Giustiniani, trovò che la chiesa era ” adhuc in fabrica et a fundamentis de nova constructa “[“ancora in lavorazione e costruita ex novo dalle fondamenta”].

La chiesa fu terminata nel 1794.

Il vescovo Dondi dall’Orologio il 31 agosto 1816 trovò la chiesa «recenter aedificatam, ornatam et elegantem“ [“di recente edificata, decorata ed elegante”], e all’indomani, il  1 settembre, la consacrò.

Il 25 aprile 1905 fu benedetta la prima pietra del nuovo campanile di 52 metri d’altezza, inaugurato l’8 dicembre del 1908.

I diritti di matrice che Sant’ Eulalia aveva difeso fieramente per tanti secoli, furono aboliti con decreto vescovile del 31 dicembre 1931.

Lavori di restauro della chiesa, iniziati nel settembre 1971, furono inaugurati nell’ottobre 1972.

Gli ultimi restauri interni sono del 2011 e hanno dato alla chiesa una piacevole soffusa atmosfera spirituale.

 

LA CHIESA

 

001_-_esterno_-_chiesa_e_campanile_-_CIMG5394

Più volte seguendo il percorso stradale da Bassano del Grappa per raggiungere Crespano del Grappa, a metà circa della lenta e progressiva salita di avvicinamento, mi era impossibile non dare uno sguardo ammirato alla chiesa che poco distante si innalzava maestosa e nello stesso tempo elegante che con il suo candore mi pareva una grande gemma incastonata nel verde delle pendici del Monte Grappa.

esterno_-_facciata_-640_x__CIMG6055

la splendida facciata 

ESTERNO_-_TIMPANO_-640x__CAPITELLI_COLARATI_-_CIMG6054

i capitelli colorati e il timpano

ESTERNO_-_LE_DUE_STATUE_internet_ok_-_CIMG6052

le staue di San Bernardo di Alzira e di Santa Rosa da Lima (sopra e sotto)

ESTERNO_-_SAN_BERNARDO_640x853_-CON_ARTO_MOZZATO_-_CIMG6051004_-_esterno_-_statua_-_santa_rosa_da_lima_-_CIMG5398

 

 

La facciata si eleva dopo una breve scalinata scandita all’inizio da due statue, attribuite ad Orazio Marinali (1643-1720), che rappresentano a sx San Bernardo di Alzira (Spagna) privo della mano dx che teneva la palma del martirio,  brutalmente offeso da un colpo di artiglieria [come da manoscritto del pievano Sante Piva nel 1916, e pertanto non Domenico di Guzman come scritto nella mattonella sottostante e a dx Santa Rosa da Lima (vedi approfondimenti alla fine del lavoro). E’ suddivisa da quattro colonne con capitello corinzio colorato che prendono slancio da un alto basamento rettangolare, e raggiungono con l’intermezzo di una fascia rettangolare un grazioso timpano. Gli spazi tra le colonne e all’interno del timpano sono figure tondeggianti inquadrati a loro volta da altri spazi incorniciati. Nella parte centrale si apre la porta principale sovrastata da un candida lunetta.  Ci sono diversi segni del logorio del tempo e delle intemperie. Credo che sia prossimo un restauro conservativo.

 

070_-_interno_chiesa_-_640x901da_nord_verso_sud_-_CIMG5909

069_-__interno_chiesa_640-_visione_del_presbiterio_absidato_-_CIMG5946

a sx interno della navata vista dal presbiterio; a dx il presbiterio

 

L’interno è ad una sola navata con presbiterio. All’inizio della navata, a sx si aprono due locali ad uso sacrestia, in uno dei quali si trova il sarcofago di Caio Vettonio e a dx in una cappellina con la pala del voto. Le pareti e il presbiterio sono in tutta la loro lunghezza coronate da una piacevole cornice mensolata, al di sopra della quale si susseguono agili decorazioni a stucchi colorati. Le due pareti principali sono armoniosamente intervallate da colonne che racchiudono gli altari devozionali e uno spazio centrale da dove si staccano verso il centro due formazioni murarie decorate rappresentanti due vecchi pulpiti, un tempo provvisti da una scala di accesso. La parete sud ha una sua scenografia per la presenza dell’antico organo all’interno di un soppalco ondulato e decorato.  Il soffitto della navata è a volta ribassata da dove entra una buona diffusa luminosità. L’insieme degli altari e delle decorazioni danno all’insieme della struttura una leggerezza ed un candore da creare una vera atmosfera quasi “celestiale”.

La navata ha queste dimensioni: 20,35×10,30 metri; il presbiterio è 6,50×7,45 metri.

L’architetto è Antonio Gaidon (1738-1829) (vedi sezione biografie e personaggi).

 

PRESBITERIO

ALTARE MAGGIORE e IL SUO PALIOTTO MARMOREO

025-__interno_-_presbiterio__CORRETTO-_altare_maggiore_CIMG5978

altare nel suo insieme

026_-_interno_-_presbiterio_-_paliotto_bonazza_visione_dinsieme_-CIMG5950

il paliotto di Francesco Bonazza 

028_-_interno_-_presbiterio_-_paliotto_bonazza__angelo_di_sx_-CIMG5953

029_-_interno_-_presbiterio_-_paliotto_bonazza_angelo_dx__-CIMG5954 gli angioletti ai lati
032_-_interno_-_presbiterio_-_paliotto_bonazza_parte_di_sx_-CIMG5986

il gruppo di sx 

_interno_-_presbiterio_-_paliotto_CENTRALE_OK__bonazza_-CIMG5987

il gruppo centrale 

033_-_interno_-_presbiterio_-_paliotto_bonazza__parte_di_destra_-CIMG5988

il gruppo di dx

031_-_interno_-_presbiterio_-_paliotto_bonazza__firma_-CIMG5983

la firma di Francesco Bonazza 

Altare maggiore con un grandioso ciborio presenta uno stupendo paliotto marmoreo in altorilievo di Francesco Bonazza (1695 circa – 1770)  (datato metà del 1700) (vedi sezione biografie e personaggi). L’autore con grande maestria ci presenta l’Ultima Cena con una sequenza di tre gruppi principali ognuno con una sua peculiarità espressiva riuscendo a far rivivere i contrasti tra i convitati in movimento e il Cristo assorto nella importanza e gravità del momento.  Il paliotto in marmo misura 2,0 x 0,70 metri. L’opera, come si vede, è firmata.

 

 

LA PALA DI SANT’EULALIA

 

030_-_interno_-_presbiterio_-_tela_martirio_santeulalia_-_CIMG5964

Dietro l’altare la grande pala del Martirio di Sant’Eulalia, secondo il racconto di Prudenzio, in parte offuscata dalla cupola del ciborio.

La tela (1,50 x 3 metri) è di  Andrea Zanon o Zannoni pittore e architetto (Padova 1669 – post 1718). 

 

 

I QUADRI DELLE PARETI LATERALI 

 

061_-_interno_-_presbisterio_-_dipinto__a_sx_-_CIMG5962

062_-_interno_-_presbisterio_-_dipinto_cristo_risorto_a_dx_-_-_CIMG5960

Ai lati dell’altare maggiore, sopra gli scranni del coro, a specchio, abbiamo due dipinti, copie di quadri di autori famosi del passato,  a sx la Madonna con SS. Anna e Gioacchino; e a dx Resurrezione dei Cristo. sono del 1997, e l’autore è S. Scarpa, del quale non ho trovato notizie.

SOFFITTO CON LA GLORIA DELLA SS. TRINITA’ 

022a_-_interno_-presbiterio_-_il_soffitto_visione_dinsieme_con_abside_oblunga_-_CIMG5975

il soffitto nel suo insieme: notare come la superficie non sia emisferica ma oblunga, ovoidale

022b-_interno_-_presbiterio_-_soffitto_cupola_-_CIMG5976

Piacevole il dipinto centrale accompagmato da delicate decorazioni a stucco.

Rappresenta la GLORIA della SS.TRINITA’, ed è stata eseguita nel 1797 dal pittore Antonio Zanotti Fabris di Marostica (1757 circa – 1800).

NAVATA : IL SOFFITTO

 

SOFFITTO_-_a_-_INSIEME_NORD-SUD_-_NIKON_-_DSC_0030

visione d’insieme  dal presbiterio, quindi da nord a sud

SOFFITTO_-_c_-_LE_GUARDI_DEL_SEPOLCRO_-_NIKON_-_DSC_0032

primo segmento: lo stupore e la reazione delle guardie poste al sepolcro

SOFFITTO_-_b_-_GESU_RISORTO_-_DETTAGLIO_-_NIKON_-_DSC_0030

segmento di mezzo: la resurrezione di Cristo

SOFFITTO_-_D_-_ANGIOLETTI_-_DETTAGLIO_-_NIKON_-_DSC_0036

segmento finale: gli angioletti 

LA RESURREZIONE DI CRISTO è stata dipinta nel 1797 in onore del pievano Francesco Benozzo. L’autore è Antonio Zanotti Fabris di Marostica(1757 circa – 1800). 

 

PARETE OVEST

(dalla porta d’ingresso al presbiterio)

050_-_parete_ovest_-_altare_dellascensione_di_cristo_con_santi_x_internet-_CIMG5927OVEST_-_ASCENSIONE_CIELO_-_NIKON_DSC_0027Altare e Pala dell’Ascensione di Cristo tra 

Sant’ Eulalia, San Giovanni Evangelista e San Cassiano (di Todi) [non San Prosdocimo]. L’autore è  Jacopo Apollonio 

(1584-1654) (vedi sezione biografie e personaggi). Nella parete est vedremo un altro altare con un dipinto ancora rappresentato da San Cassiano. (vedi approfondimenti in calce

053_-_parete_ovest_-_sopra_porta_-_tela_dei_santi_-_CIMG5932

più avanti, al di sopra del vecchio pulpito, vi è un dipinto del 1803 raffigurante Sant’Antonio, San Carlo Borromeo con giovanetto ed una Santa in gloria. L’autore è Giovanni Martino de’ Boni o de’ Bonis (1753 – attivo fino al 1831) (vedi  sezione biografie e personaggi).

  052-_parete_ovest_-_altare_della_madonna_-_CIMG5933

a seguire, l’altare della Madonna

 

OVEST_-_FUGA_IN_EGITTO_-_ALTO_-_NIKON_-_DSC_0040

OVEST_-_SOSTA_NELLA_FUGA_-_SOTTO_-_NIKON_-_DSC_0041

Proseguendo, troviamo l’ingresso alla Sacrestia. Nella superficie sovrastante abbiamo due quadri:

quello più in alto rappresenta la “Fuga in Egitto” e viene ritenuta opera della Scuola dei da Bassano;

quello più in basso rappresenta “Sosta della Sacra Famiglia nella fuga in Egitto”, di autore ignoto, ritenuto della scuola del Parmigianino. Quest’ultimo dipinto per la composizione, per l’espressione dei personaggi, per la tonalità dei colori è di grande effetto.

 

 

PARETE EST

(dal presbiterio alla porta centrale d’ingresso)

 

EST_-_01_-_NATIVITA_-NIKON-_DSC_0021

EST_-_02_-_PRESENTAZIONE_AL_TEMPIO_-_NIKON_-_DSC_0020

Al di sopra dell’entrata della cappellina,  vi è il dipinto della “Natività di Gesù” e  al di sotto quello della “Presentazione di Gesù al tempio”.

Queste due tele sono ritenute essere state prodotte dalla prima, iniziale, Scuola dei da Bassano.

048_-_parete_est_-_altare_di_santantonio_ok_x_internet_-_CIMG5919

Segue poi l’Altare di Sant’Antonio

046_-_parete_est_-_sopra_porta_-_quadro_in_due_settori_sacra_famiglia_e_sotto_frate_e_vescovo_-_CIMG5921

Al di sopra del vecchio pulpito vi è una tela opera di di Bartolomeo Dusi  (1833-1904) del 1896. [vedi sezione biografie e personaggi]. Raffigura la Sacra Famiglia con Sant’Antonio e San Gregorio Barbarigo e sullo sfondo la chiesa di Sant’Eulalia, che quindi è sotto la protezione la loro protezione.

 

047_-_parete_est_-_altare_di_san_cassiano_x_internet__-_CIMG5922

EST_-_SAN_CASSIANO_MARTIRIO_-_NIKON__x_internet_-_DSC_0028

Altare e pala di San Cassiano (di Imola) martirizzato dai suoi discepoli. L’autore è Giovanni Martino de’ Boni o de’ Bonis (1753- attivo fino al 1831),  datata 1803.

 

 

PARETE SUD e L’ORGANO

070_bis_-_PARETE_SUD_nterno_chiesa_-_640x901da_nord_verso_sud_-_CIMG5909

070_TRIS_-__parete_sud_-_lorgano_-_CIMG5938

 

La parete sud è dominata dalla configurazione spaziale e dall’organo, costruito da Gaetano Antonio Callido (Este 14 gennaio 1727- Venezia 8 dicembre 1813) [non nel 1873 lapsus presente in alcune pubblicazioni] , dono del fratellastro [fratello uterino] di Antonio Canova, Mons. Sartori Canova, alla Pieve, in seguito all’abbattimento della Parrocchiale di Possagno avvenuto nel1826, dove si trovava fin dal 1797, chiesa  che cedeva il posto all’ attuale Tempio canoviano.

 

 

SACRESTIA  

Nei locali della sacrestia, oltre agli antichi arredi lignei e ad alcune lapidi commemorative, abbiamo di  interesse artistica la tela di San Giovanni, e di interesse storico il sarcofago di Cajo Vettonio, al quale dedicherò uno specifico lavoro.

063_sacrestia_-_ritratto_-_CIMG5981

SAN GIOVANNI EVANGELISTA

tela di autore ignoto, secolo XVIII

066_-_sacrestia_-_caio_vettonio_-totale__DSCN1508

la parte anteriore del sarcofago di Cajo Vettonio

 

CAPPELLINA (di fronte ingresso sacrestia)

_cappellin_adel_voto_-CIMG6094

Oltre ad alcuni labardi religiosi, vi è un dipinto evocante chiaramente il Martirio di Sant’Eulalia, chiamata anche pala del voto, opera di Della Coletta Abele Antionio (1885-1972). E’ stato eseguito nel 1919.

 

ALL’ ESTERNO DELLA CHIESA

Segnalo dietro la chiesa, a nord-est, una lapide presente tra le rovine della vecchia canonica, e sempre dietro la chiesa, a nord-ovest,  una grande scultura in ferro di “Cristo risorto” in parte nascosta dalla vegetazione sottostante.

002_-_esterno_-_don_rodrighes__lapide_del_1600_vecchia_canonica_-_CIMG6003

la lapide del pievano spagnolo don Carlo Rodriguez (pievano 1662-1732)

Scrive il Melchiori: “il 10 giugno 1698 gli abitanti di Sant’Eulalia ricorrono a Venezia contro gli strani e misteriosi “abusi commessi dal parroco D. Carlo Rodriguez”, che il 14 gennaio successivo ebbe l’invito di presentarsi “al collegio” per discolparsi degli addebiti, con quale esito non sapremmo dire: solo sappiamo, dalla lapide murata in suo onore sotto il portico della casa canonica, che l’incriminato era uomo di capacità e sollerzia, tanto da meritarsi da parte dei deputati del comune l’assegnazione di un lascito di quindici messe annuali in suffragio dell’anima sua. 

080_-_statua_di_cristo_crocifisso_INTERA_-_CIMG5902

081_-_zona_superiore_-_statua_di_cristo_crocifisso_-_CIMG5906082_-_esterno_-_statua_di_cristo_crocifisso_-_CIMG5905

Questa opera di Fabbian Michelino, “La crocifissione di Cristo”, commissionata da don Bortolo Spiller, racchiude con grande forza e suggestione attraverso spire, pezzi o strisce di ferro sia la corporeità che l’immaterialità del Figlio di Dio in croce. A mio parere l’autore è riuscito a dare al metallo una grande forza espressiva. 

 

APPRONDIMENTI

 

– SANTA EULALIA DI MERIDA

– SANTA ROSA DA LIMA

– SAN BERNARDO DI ALKIRA 

– SAN CASSIANO 

 

SANTA EULALIA DI MÉRIDA 

Santa Eulalia di Mérida (Mérida, 290Mérida, 304) è stata una giovane cristiana che ha subito il martirio sotto Diocleziano. È venerata dalla Chiesa cattolica il 10 dicembre ed è patrona di Mérida e Oviedo. Possibile duplicazione è Eulalia di Barcellona (290-303), la cui storia è simile.

Sulla santa spagnola, nata a Mérida, la fonte principale è il Peristephanon lib. III di Prudenzio. Le testimonianze successive si trovano in Isidoro, Fortunato, Gregorio di Tours, Aldelmo e nella Passio Eulaliae, la quale probabilmente contiene qualche traccia degli atti del processo che pare fossero già perduti al tempo di Prudenzio. Tutte quante dipendono dal racconto di Prudenzio che, dopo aver favorito la fioritura di leggende intorno alla piccola Eulalia, ha ispirato anche la poesia moderna di Federico García Lorca.

Secondo la tradizione, Eulalia venne nascosta in campagna dai genitori che volevano evitare che ella si autoconsegnasse in tribunale per proclamarsi cristiana. A nulla sarebbe valsa la premura dei suoi, giacché la piccola si sarebbe fatta guidare dalla “luce di Cristo” attraverso le tenebre della notte per sentieri inaccessibili, riuscendo a raggiungere il tribunale senza essere scoperta. Davanti al giudice si sarebbe cimentata in un’animata dissertazione contro il paganesimo e i persecutori dei Cristiani.

Il suo rifiuto di compiere il gesto rituale di culto agli dei e il suo disprezzo contro il giudice e gli dei pagani ne decisero la condanna a morte. Alle torture Eulalia avrebbe resistito con forza sorprendente: nei segni dei colpi ricevuti ella avrebbe visto le testimonianze delle vittorie di Cristo. Quando venne data alle fiamme delle torce, ella si sarebbe lanciata senza esitazione ad inghiottire il fuoco per affrettare il suo trapasso verso la vita eterna. Dalla bocca della martire, secondo il mito, sarebbe fuoriuscita la sua anima in forma di colomba bianca. Il miracolo avrebbe messo in fuga i carnefici attoniti. Il corpo straziato di Eulalia, abbandonato in mezzo a una strada, venne ricoperto da un manto di neve come da un lenzuolo di lino, interpretato come un segno di onore da parte della divinità.

Non abbiamo indicazioni cronologiche certe sul suo martirio. Prudenzio nomina “Maximianus” e la Passio Eulaliae colloca il suo martirio sotto la dominazione di Domiziano, ma la notizia non va accettata senza riserve. Bisogna infatti tenere in considerazione il fatto che quando non si conosceva la cronologia di un martirio la tendenza era quella di collocarlo agli inizi del 300 sotto Diocleziano di cui stretto collaboratore e complice spietato fu Massimiano, perché tale imperatore si macchiò di quella che è passata alla storia come la “grande persecuzione”. (da it.wikipedia.org)

SANTA ROSA DA LIMA 

Lima, Perù, 1586 – 24 agosto 1617

Nacque a Lima, capitale dell’allora ricco Perù, il 20 aprile 1586, decima di tredici figli. Il suo nome di battesimo era Isabella. Era figlia di una nobile famiglia, di origine spagnola. Il padre si chiamava Gaspare Flores, gentiluomo della Compagnia degli Archibugi, la madre donna Maria de Oliva. Per cui, il nome della Santa era Isabella Flores de Oliva. Ma questo sarà dimenticato in favore del nome che le diede, per la prima volta, la serva affezionata, di origine india, Mariana, che le faceva da balia, la quale, colpita dalla bellezza della bambina, secondo il costume indios, le diede il nome di un fiore. “Sei bella – le disse – sei rosa”. 
Fu cresimata per le mani dell’arcivescovo di Lima ed anche lui Santo, Toribio de Mogrovejo, che le confermò, tra l’altro, in onore alle sue straordinarie doti fisiche e morali, quell’appellativo datole dalla serva india. Rosa ad esso aggiunse “di Santa Maria” ad esprimere il tenerissimo amore che sempre la legò alla Vergine Madre del cielo soprattutto sotto il titolo di Regina del Rosario, la quale non mancò di comunicarle il dono dell’infanzia spirituale fino a farle condividere la gioia e l’onore di stringere spesso tra le braccia il Bambino Gesù. 
Visse un’infanzia serena ed economicamente agiata. Ben presto, però, la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa, che aveva studiato con impegno, aveva una discreta cultura ed aveva appreso l’arte del ricamo. Si rimboccò, quindi, le maniche, aiutando la famiglia in ogni genere di attività, dai lavori casalinghi alla coltivazione dell’orto ed al ricamo, onde potersi guadagnare da vivere. 
Sin da piccola aspirò a consacrarsi a Dio nella vita claustrale, ma il Signore le fece conoscere la sua volontà che rimanesse vergine nel mondo. Ebbe modo di leggere qualcosa di S. Caterina da Siena. Subito la elesse a propria madre e sorella, facendola suo modello di vita, apprendendo da lei l’amore per Cristo, per la sua Chiesa e per i fratelli indios. Come la santa senese vestì l’abito del Terz’ordine domenicano. Aveva vent’anni. Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, in special modo a quelli di origine india. Sempre come Caterina, fu resa degna di soffrire la passione del Suo divino Sposo, ma provò pure la sofferenza della “notte oscura”, che durò ben 15 anni. Ebbe anche lo straordinario dono delle nozze mistiche. Fu arricchita dal suo Celeste Sposo altresì di vari carismi come quello di compiere miracoli, della profezia e della bilocazione. 
Dal 1609 si richiuse in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa, dove trascorreva gran parte delle sue giornate in ginocchio, a pregare ed in stretta unione con il Signore e delle sue visioni mistiche, che iniziarono a prodursi con impressionante regolarità, tutte le settimane, dal giovedì al sabato. 
Nel 1614, obbligata a viva forza dai familiari, si trasferì nell’abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo. 
Grande, già in vita, fu la sua fama di santità. L’episodio più eclatante della sua esistenza terrena ce la presenta abbracciata al tabernacolo per difenderlo dai calvinisti olandesi guidati all’assalto della città di Lima dalla flotta dello Spitberg. L’inattesa liberazione della città, dovuta all’improvvisa morte dell’ammiraglio olandese, fu attribuita alla sua intercessione. 
Condivise la sofferenza degli indios, che si sentivano avviliti, emarginati, vilipesi, maltrattati soltanto a motivo della loro diversità di razza e di condizione sociale. 
Sentendosi avvicinare la morte, confidò “Questo è il giorno delle mie nozze eterne”. Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo. Aveva 31 anni. 
Il suo corpo si venera a Lima, nella basilica domenicana del S. Rosario. Fu beatificata nel 1668. Due anni dopo fu insolitamente proclamata patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali: si trattava di un riconoscimento singolare dal momento che un decreto di Papa Barberini (Urbano VIII) del 1630 stabiliva che non potessero darsi quali protettori di regni e città persone che non fossero state canonizzate. Fu comunque canonizzata il 12 aprile 1671 da papa Clemente X.È anche patrona dei giardinieri e dei fioristi. È invocata in caso di ferite, contro le eruzioni vulcaniche ed in caso di litigi in famiglia. (
Autore: Francesco Patruno – da www.santiebeati.it)

 

Santi Bernardo (Hamed), Maria (Zaida) e Grazia (Zoraide) di Alzira,  Cistercensi, martiri

 

Carlet, Valenza, XII sec. – Alzira, 21 agosto 1180

Musulmano di grande prestigio alla corte di di Valencia, fu convertito dai monaci del monastero cistercense di Poblet in Spagna. Avendo, a sua volta, convertito le due sorelle, fu martirizzato insieme a loro.

Etimologia: Grazia = avvenente, soave, gentile, dal latino

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Ad Alzira nel territorio di Valencia in Spagna, commemorazione dei santi martiri Bernardo, prima chiamato ‘Ahmed, monaco dell’Ordine Cistercense, e le sue sorelle, Maria (Zaida) e Grazia (Zoraida), che dalla religione musulmana egli aveva condotto alla fede in Cristo

La sua vita, come il martirio, è strettamente legata a quella delle sorelle Grazia e Maria, tutti e tre cistercensi di Alzira in Valenza. 
Bernardo il cui nome era Hamed, figlio di Almanzor emiro di Carlet nel regno saraceno di Valenza, aveva un fratello maggiore, erede al trono del padre e due sorelle. Venne educato insieme al fratello alla corte di Valenza, mostrando una spiccata sensibilità per gli affari, che il re suo padre gli affidava; accadde che essendo stato inviato in Catalogna per negoziare la liberazione di un gruppo di schiavi, al ritorno smarrì la strada. 
Dopo aver trascorso la notte in una intricata selva, in cui udì un concerto angelico, si trovò a bussare alla porta del monastero cistercense di Poblet, nella diocesi di Tarragona, uno dei più grandi della Spagna e fondato nel 1151 da Raimondo Berengario IV, principe d’Aragona. 
Colpito dalla buona accoglienza ricevuta dall’abate, dal vivere modesto ed orante di quei monaci vestiti di bianco, rimase nel monastero per qualche tempo, istruendosi nella fede cristiana, non solo convertendosi perché musulmano, ma emise anche i voti monastici, cambiando il nome di Hamed in Bernardo. 
Condusse una vita dedita alle elemosine per conto della comunità, operando alcuni miracoli; desideroso di convertire anche i suoi familiari musulmani, si recò prima da una zia a Lérida, avendo la gioia di vederla convertita, poi si recò a Carlet dalle sorelle Zoraide e Zaida e dal fratello Almanzor, nel frattempo succeduto al padre nell’emirato. 
Le sorelle si convertirono cambiando il nome, Zoraide in Grazia e Zaida in Maria e battezzate. Il fratello Almanzor invece fu preso dal furore e Bernardo fu costretto a fuggire insieme a Grazia e Maria; ma vennero raggiunti ad Alzira e uccisi a colpi di pugnale il 21 agosto 1180, alla presenza del crudele fratello musulmano. 
I loro corpi vennero sepolti in Alzira, in seguito il re di Aragona, Giacomo I (1213-76), una volta liberata la città dai Mori, fece costruire in loro onore una chiesa, affidandola ai Trinitari. 
La loro celebrazione ha avuto varie date, secondo l’Ordine Cistercense di Spagna, il 23 luglio, poi il 19 maggio, poi il 1° giugno. Il recente ‘Martyrologium Romanum’ l’ha fissata nel giorno della loro morte, cioè al 21 agosto. (
Autore: Antonio Borrelli – da www.santiebeati.it)

Il suo culto assieme a una preziosa scultura è stato introdotto dal Pievano Spagnolo Don Carlo Rodrighes.

La nostra pieve ne conserva l’immagine proveniente dall’altare maggiore della demolita S. Cassiano. Viene rappresentato con un chiodo unito alla palma del martirio sulla mano destra, oggi brutalmente offesa da un colpo di artiglieria… E’ collocata nella sinistra fuori della chiesa. (manoscritto di don Sante Piva, già citato) .

Abbiamo visto che nella Chiesa di Sant’Eulalia ci sono due tele, ambedue presente San Cassiano. Ho scelto due scritti da internet: uno che confermerebbe il San Cassiano di Imola nella pala dell’Altare della parete ovest, il primo dalla porta d’ingresso centrale, e l’altro il San Cassiano di Todi nell’altare dell’ascensione al cielo di Gesù in paramenti vescovili e la palma del martirio.

SAN CASSIANO DI IMOLA

Martire, la sua tomba è nella cripta della Cattedrale. Viene festeggiato il 13 Agosto.

L’unico martire vero e proprio della Romagna sicuramente attestato, come scrive lo storico della Chiesa faentino Mons. Francesco Lanzoni, è San Cassiano di Imola. San Cassiano è sicuramente un Santo locale di Imola e non proviene da altre città. Infatti i più antichi documenti che lo riguardano provengono da Imola e attestano a chiare lettere la sua qualità di martire locale. Nessun’altra Diocesi, in epoca antica, ne ha mai rivendicato la paternità. In un secondo tempo furono molte le Chiese nelle quali il culto del martire si diffuse rapidamente, già fin dall’antichità, sia in Italia che all’estero. Anzi le leggende che su di lui fiorirono durante il Medioevo, fuori dalla sua città, ne collegano comunque sempre in qualche modo il martirio proprio ad Imola.

La data del martirio di San Cassiano non coincide necessariamente con l’arrivo del Cristianesimo ad Imola. La fede cristiana potrebbe esservi arrivata per la prima volta alla fine del II o all’inizio del III Secolo. La prima città della Romagna ad essere raggiunta dal Vangelo di Cristo fu Ravenna, il cui porto la metteva a diretto contatto con l’Oriente, cioè con la culla del Cristianesimo. Dopo Ravenna, in Romagna, le Diocesi più antiche, cioè le città dove era già presente un Vescovo, sono quelle di Rimini e Faenza, intorno al 313. Bologna fu costituita in Diocesi dopo l’Editto di Milano dell’Imperatore Costantino (313). Imola presenta invece con certezza un Vescovo solo nel 378. Del resto il tipo di martirio vissuto da San Cassiano a Imola testimonia quanto fosse ancora forte la presenza pagana ostile al Cristianesimo nella nostra città, tanto da provocare il sacrificio di un martire.

La documentazione che ci permette di affermare l’esistenza del martire San Cassiano a Imola è costituita da due fonti principali: una è il Martirologio Geronimiano (composto verso la fine del IV o inizi del V Secolo, ed è un elenco, giorno per giorno, dei martiri venerati nell’area del Mediterraneo) che lo cita due volte, l’11 e il 13 Agosto. Tale testimonianza è però priva di altre informazioni, perché non riporta né la data, né i particolari del martirio. L’altra fonte è costituita da un carme del poeta spagnolo Prudenzio (348-410 circa) che, all’inizio del V Secolo, essendo in viaggio verso Roma, si fermò ad Imola, dove venerò la tomba di San Cassiano. Nel Peristephanon IX Prudenzio racconta che sopra la tomba del martire vide dipinta l’immagine del suo martirio: il suo corpo era tutto piagato, perché i suoi scolari, usando uno stilo, che utilizzavano per scrivere su delle tavolette cerate, l’avrebbero colpito ed ucciso in quanto, a causa della sua fede in Cristo, egli avrebbe rifiutato di sacrificare agli idoli e sarebbe così stato consegnato dalle autorità agli scolari per il martirio. Questo racconto Prudenzio l’avrebbe ascoltato dal sagrestano o custode (aeditus) della chiesa che conservava la tomba del martire.

La data del martirio non è certa, non essendo riportata in alcuna fonte. La tradizione più antica vuole che la morte di San Cassiano sia avvenuta il 13 Agosto 303, durante l’ultima persecuzione dell’Imperatore Diocleziano. La leggenda ha poi trasformato Cassiano in Vescovo di Imola o addirittura in Vescovo dapprima di Bressanone e quindi trasferito a Imola, dove si sarebbe anche dedicato all’insegnamento e dove poi avrebbe subito il martirio. Tutto ciò però è privo di alcun fondamento storico e si tratta appunto solo di una leggenda. Dal poeta Prudenzio sappiamo che Cassiano era insegnante di ars notaria, quella che oggi chiameremmo stenografia. Chi usciva da questi studi diventava un notarius, cioè «colui che scrive con abbreviature, specie gli schiavi» (secondo la definizione dei più importanti dizionari etimologici latini). Infatti questa era una professione prevalentemente praticata dagli schiavi incaricati di scrivere velocemente i testi, dettati loro dai padroni, su tavolette cerate. Da ciò è possibile dedurre che San Cassiano poteva essere uno schiavo e che anche gli scolari, che poi lo uccideranno, fossero a loro volta degli schiavi.

Di poco posteriore è pure la testimonianza attribuita a San Pietro Crisologo (380-459 circa), Padre e Dottore della Chiesa, probabilmente nativo di Imola e grande Arcivescovo di Ravenna. Il termine Crisologo (che vuol dire parola d’oro) gli fu conferito in parallelo a quello di un altro grande Santo orientale, Giovanni Crisostomo, per via della loro efficace predicazione. Sentendo prossima la sua fine, Pietro Crisologo volle venire pellegrino sulla tomba del martire San Cassiano. Dopo aver lungamente pregato, raccomandò l’anima a Dio e a San Cassiano e morì. Così racconta uno storico antico ravennate del IX Secolo, Andrea Agnello. Venne quindi sepolto vicino alla tomba del martire imolese.

Tra la fine del XII e l’inizio del XIII Secolo i resti di entrambi i Santi vengono portati nel luogo in cui sorge l’attuale chiesa cattedrale e oggi riposano nella cripta.

San Cassiano martire, protettore e patrono principale della città e Diocesi di Imola, è stato proclamato dal Papa Pio XII protettore degli stenografi il 23 Dicembre 1952, ed è pure invocato contro il mal di testa e la cervicale.

Nel 2003 è stata effettuata la ricognizione delle reliquie di San Cassiano, in occasione dei festeggiamenti per i 1700 anni dal martirio. Dagli esami effettuati sulle ossa del martire presso l’Università di Bologna è risultato che Cassiano era un uomo giovane, con un’età compatibile con i 30 anni. Alcuni segni, in particolare i fori rilevati su alcune ossa del cranio, possono essere interpretati come lesioni inflitte sul corpo del Santo ancora in vita con uno strumento appuntito compatibile con gli stili utilizzati all’epoca per scrivere sulle tavolette cerate. La morte potrebbe essere seguita come conseguenza di questo evento, forse una trentina di giorni dopo, senza comunque escludere anche altre cause di morte (come per esempio una successiva condanna a morte).

San Cassiano è patrono principale anche della Diocesi di Bressanone (oggi Diocesi di Bolzano-Bressanone) e di Comacchio (oggi Diocesi di Ferrara-Comacchio). Sono però stati individuati in tutta Italia ben 229 località che hanno un riferimento diretto al culto di San Cassiano, principalmente distribuiti nell’Italia centro-settentrionale. Il culto è documentato anche all’estero, in particolare in Austria e nella Germania meridionale.

(Da www.santiebeati.it ed altri siti internet)

SAN CASSIANO DI TODI, vescovo e martire

morto a Todi il 13 agosto del 304

Etimologia: Cassiano = armato di elmo, dal latino

Emblema: Palma 

Fu introdotto nel Martirologio Romano al 13 agosto dal Baronio, sull’autorità di una leggendaria passio, proveniente dalla Chiesa tudertina. In questo documento, che non può essere anteriore al secolo VI, si narra che Cassiano, nipote del prefetto di Roma, Cromazio, aveva studiato diritto e medicina; durante la persecuzione di Diocleziano, ebbe in custodia il vescovo di Todi, Ponziano, per la cui influenza si convertì al cristianesimo. Il papa Marcellino lo inviò quale vescovo a Todi; messo in carcere, sebbene il fratello Venustiano ora lusingandolo, ora minacciandolo tentasse di farlo apostatare, Cassiano rimase fermo nella sua fede e lì morì il 13 agosto dell’anno 304.
Gli anacronismi, gli errori e le falsificazioni contenute in questa passio sono così evidenti che fanno ben a ragione dubitare dell’esistenza di un Cassiano, vescovo di Todi, che, d’altronde, è sconosciuto alle più antiche fonti tudertine. Inoltre, la coincidenza del dies natalis con quello di Cassiano di Imola e parecchi particolari della passio, derivati dal racconto di Prudenzio, inducono a pensare che Cassiano sia stato confuso col santo imolese venerato a Todi e in seguito creduto vescovo locale. Tuttavia, si racconta che nel 1301 il vescovo Nicolò Armato avrebbe trasferito il presunto corpo di Cassiano dal luogo del martirio alla chiesa di S. Fortunato, e lo avrebbe posto sotto l’altare maggiore. Ma, in seguito a dei lavori fatti a questo altare, nel 1596 il corpo fu nuovamente trasferito dal vescovo Angelo Cesi e, infine, nel 1923 il vescovo Luigi Zaffarami ne fece la solenne ricognizione. Dopo la prima traslazione, il capo fu conservato in un reliquiario a cassetta, coperto di lamine d’argento e adorno di immagini dorate del Crocifisso, della Vergine e di s. Giovanni Evangelista. Nella grande chiesa eretta alla fine del sec. XIII dai Frati Minori, fu dedicata a Cassiano una cappella fornita di arredi sacri.
Nell’oratorio dedicato a Cassiano, nel quale era stato sepolto anche il vescovo s. Fortunato, il 4 ottobre 1198 il papa Innocenzo III consacrava l’altare di s. Fortunato, mentre il cardinale di Porto dedicava quello di Cassiano. La tradizione indica la prigione del martire nell’interno di una cisterna romana sul colle della Rocca, che ancora oggi è aperta al culto. Ben distinta era la cappella dedicata a Cassiano; in un inventario dei sece. XIII-XV, a proposito della decorazione fatta eseguire con 180 libbre di denari cortonesi dalla famiglia Sardoli che ne aveva il patronato, si dice espressamente: “cappella est in ecclesia s. Fortunati et vocatur cappella s. Cassiani episcopi et martyris”. Il 16 giugno 1242, in quello stesso oratorio, Filippo, vescovo di Camerino, dedicò un altro altare in onore di Maria S.ma, di s. Illuminata e di altri santi con le rispettive reliquie, e il 5 ottobre 1263 il vescovo di Todi, Pietro Caetani, consacrò ancora un altro altare in onore di s. Francesco d’Assisi. Il nome di Cassiano figura nelle litanie approvate nel 1630 dal vescovo Ludovico Cenci. (
Autore: Mario Pericoli da:www.santiebeati.it)

PRINCIPALI FONTI DOCUMENTALI

Bernardi Carlo G. L’Asolano. Opera postuma. Bassano, Tipografia Vicenzi, 1954

Celotto Antonio F. Sapore di terra nostra. Sant’Eulalia del  Grappa (TV) – note storico artistiche. A cura dell’associazione culturale” Sant’Eulalia dei Misquilesi”, 1971

La Diocesi di Padova. Tipografia Antoniana, Padova, 1972.

Melchiori Luigi. L’antica Pieve di Sant’Eulalia e le Chiese padovane del Pedemonte fra Piave e Brenta. Padova, Società Cooperativa Tipografica 1962.

Melchiori Luigi. Testimonianze toponomastiche dell’antico pago dei misquilesi ai piedi del Grappa e il presumibile valore semantico del suo nome. Estratto da “Atti e memorie dell’Ateneo di Treviso” anno accademico 1986/1987, numero 4. 

 

BORSO DEL GRAPPA – LA CHIESA ARCIPRETALE

Leggi tutto

BORSO DEL GRAPPA – SEMONZO – LA CHIESA PARROCCHIALE

Leggi tutto