ZARPELLON TONI (ANTONIO) – D – AUTORITRATTI 1999-2000

ZARPELLON ANTONIO (TONI) – D – AUTORITRATTI  1999 – 2000

 a cura di Vasco Bordignon

 

APPUNTI PER CENTO AUTORITRATTI

di TONI ZARPELLON

Nei periodi di passaggio da una fase ad un’altra del mio cammino artistico, ho sempre sentito il bisogno di dipingere, di scolpire o di disegnare “autoritratti”. Ouesti periodi coincidono con stati di crisi per l’esaurirsi di un certo modo di essere nel mondo con la conseguente necessità di rifondare una nuova centralità mentale e fisica dalla quale far scaturire, come da una sorta di Big Bang, una rinnovata energia in espansione. È incredibile come l’attività neuronale possa rigenerarsi proprio quando sembra essersi bloccata perdendo la capacità di dare un senso alla realtà. Le neuroscienze mi potranno aiutare a capire perché questo avviene date le basi biologiche del pensiero, della coscienza, della volontà. I miei strumenti di ricerca sono le forme e i colori e la pratica artistica, con il suo linguaggio visivo, è tesa a concretizzare “l’impalpabilità” delle immagini presenti nella mente. In questo senso l’arte dà continue risposte all’inquietante interrogativo sul senso dell’esserci nel mondo rendendo visibili e ponendo in circolazione realtà mentali che altrimenti rimarrebbero sconosciute.

Rivedo, dopo circa sei anni, gli ultimi “cento autoritratti” eseguiti tra la fine del 1999 e l’inizio del 2000. Gli strumenti di lavoro sono stati le matite colorate e le tempere su fogli di carta di cm 70×50 ciascuno. Dopo averli esposti una sola volta presso l’Associazione Culturale “Cornunicarte” di Albissola Marina, nell’ottobre dello stesso anno in cui ho terminato la ricerca, li ho conservati dentro spesse cartelle evitando di disperderli nelle varie collezioni private. Il giorno in cui deciderò di privarmene, chiederò a chi li riceverà, di mantenere completa la raccolta. Essi formano un’unica opera, tale è stata la loro gestazione in successione temporale necessaria per afferrare l’evoluzione delle tensioni dentro il mio cervello.

Ponendomi davanti allo specchio, sono andato oltre il naso, la bocca e gli occhi per addentrarmi nel labirinto dei circuiti cerebrali e cercare di dare risposte alle domande postemi dando loro una “forma”. Infatti è con la forma che si può ricostruire la realtà per uscire dalla crisi profonda che sta investendo la società dello spreco, che ha fatto cadere l’uomo nell’Tnforme” fossa dei serpenti. Cosa significa oggi essere uomini al mondo? È possibile una nuova rinascita per rinnovare il concetto stesso di modernità? Che cos’è la realtà? Cosa sono il tempo e lo spazio? Questi sono alcuni degli interrogativi che hanno accompagnato l’esecuzione dei “cento autoritratti”, autoritratti intesi non come esaltazione di sè in senso narcisistico, ma come presa di coscienza della propria identità in un periodo storico che sembra aver rimosso questo quesito in nome della frammentazione dell’io con il drammatico e conseguente smarrimento esistenziale odierno.

Malgrado ciò l’uomo, per l’energia intrinseca all’evoluzione biologica e culturale, continua a marciare verso un’agognata felicità .. Ogni mattina, di buon’ora, per cento giorni consecutivi, prima di mettermi davanti allo specchio e disegnare la mia testa in ebollizione, ho camminato per circa un’ora su e giù per i sentieri collinari vicini al mio studio. Un esercizio fisico che, a periodi alterni, pratico da molti anni. Lo sforzo del camminare ha fatto emergere le energie nascoste negli abissi della coscienza le quali si sono riversate, visualizzandole, sul foglio bianco di carta. La mano ha tracciato “segni” con le matite, guidata nei suoi movimenti dalle pulsioni che provenivano dal mio cervello.

Ci sono momenti di felicità quando si riesce a rendere visibile l’invisibile oggettivandolo. E ciò va al di là della sua destinazione perché vive di un suo valore intrinseco. Felicità che magari dura poco perché in ogni lavoro c’è “qualcosa”, ma non c’è mai quella “cosa” che sempre sfugge. Forse è il mistero della vita che da sempre inquieta l’uomo. Il distacco temporale con cui sto riflettendo sui “cento autoritratti” mi permette ora di valutarli sotto una nuova luce perché essendo nel frattempo io cambiato, ho il vantaggio di rivedere come mi sono visto in un dato periodo della mia evoluzione artistica. Partendo da matasse di segni, linee di forza, anelli circolari, strappi laceranti e poi ricomposti, squarci di luce, ombre pesanti, tagli, fenditure sono arrivato alla ricostruzione del volume della testa che abita lo spazio assieme ad altri oggetti della realtà o presenze umane. Tutto questo è lo scandaglio visivo della mia struttura psichica, intesa come emanazione di quella fisica. Inoltre ho cercato di inseguire, a volte con divertita ironia, il caleidoscopico turbinio dei miei pensieri, pensieri che sgorgano· come da una sorgente inesauribile per poi correre senza fine in alto e in basso, a destra e a manca. Essi si muovono ad una velocità inaudita e la ricchezza ed imprevedibilità dei loro movimenti offrono uno spettacolo senza fine. Anche il nostro corpo è pregno di pensieri tanto è vero che cambia di significato in rapporto alla nostra condizione mentale.

Ci vuole molto tempo per svuotare il cervello da tutto quello che ha assorbito passivamente quando credeva alle presunte verità che gli venivano dette e imposte dall’esterno sacrificando la propria. Ci vuole molto tempo per far luce dentro e fuori di sè tagliando i lacci invisibili che rendono dipendenti le nostre azioni e i nostri pensieri. Ci vuole molto tempo affinché si creino le condizioni per liberarsi da tutto ciò che impedisce il cammino verso la consapevolezza di sé. Anche il caso può contribuire ad accelerare questo cammino. Trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne cerca un’altra dà forma ad una parola magica “serendipità”.

Consapevolezza che non si cristallizza una volta per sempre fuori dal tempo e dallo spazio, ma si evolve in rapporto alle relazioni sociali e alle esperienze di vita, siano esse positive che negative. Penso si possa dire che la consapevolezza di sè è un flusso di energia in costante trasformazione per dare un senso alla complessità del reale. L’essenzialità dei “segni” che informa i “cento autoritratti”, è stata una costante di tutto il mio cammino artistico. Sono “segni” che scavano per andare oltre le apparenze nella convinzione di poter svelare verità nascoste.

In tutti questi anni la tensione esplorativa ha avuto il compito di tenere alto il conflitto nei confronti di un mondo che omologa ed appiattisce l’uomo e la natura, un mondo che offre continue scorciatoie per raggiungere facilmente una presunta felicità come se fosse qualcosa che si può acquistare al supermercato.

L’aggressione tecnologica e mass mediale sembra ormai aver vinto la sua battaglia in nome della morte delle coscienze. Ma solo dalla morte può nascere una nuova vita. Il mio percorso artistico, a partire dalle “Crocifissioni dalla macchina” del 1965 e le successive “Larve umane”, passando per il manifesto “La vita” del 1973, lo “Spazio mentale” del 1978, la “Testa esplosa” del 1981, le “Cave di Rubbio” dei primi anni ’90 per arrivare ai “Cento autoritratti” della fine del 1999 e l’inizio del 2000, ne è la testimonianza.

Toni Zarpellon

Bassano Del Grappa, febbraio 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ZARPELLON TONI (ANTONIO) – C – MARGINALIA fogli d’album – 1993

Leggi tutto

ZARPELLON TONI (Antonio) – E – CENTO TESTE DI DONNA – 2001 – 2007

Leggi tutto