NOVE – CITTA’ DELLA CERAMICA – 01 – LE ANTICHE CERAMICHE

LE ANTICHE CERAMICHE DI NOVE

TESTO DI GIOVANNI PETUCCO

DATATO  GIUGNO 1949

A CURA DI VASCO BORDIGNON

In questo paese adagiato sulle rive del Brenta, poco discosto da Bassano, la maiolica e la porcellana raggiunsero l’apice della floridezza, sì da superare grandemente tutte le altre fabbriche sorte nel territorio veneto.

Possiamo suddividere la produzione artistica novese in tre periodi: Antonibon, Baccin e Baroni.

Fin dal 1600 si lavoravano oggetti di terra rossa senza vernice “le pignatte,, per opera di Pasqualino Antonibon, il capostipite della famiglia cosi benemerita nel campo della ceramica. Ma fu Giovanni Battista Antonibon detto il “pignataro,, figlio di Pasqualino, che iniziò nel 1689 la fabbricazione di comuni stoviglie in terracotta bianca con vernice, ottenendo subito appoggio dalla Repubblica Veneta, e precisamente dai cinque Savi alla Mercanzia, con concessioni e privilegi di eccezione.

Il maggior impulso alla produzione ceramica è dovuto al figlio Pasquale, succedutogli dopo la morte avvenuta nel 1737. Uomo di molta intelligenza nell’ industria e di molta coltura artistica, rinvigorì l’arte paterna lottando prontamente e con audacia contro ogni concorrenza, e iniziando il periodo più splendido della produzione novese. Chiamò alla sua industria valenti artisti, tra i quali il famoso pittore Mariano Cecchetto, per opera del quale nuovamente avanzò di buon passo l’arte.

Con l‘ammontare della floridezza crescono però le molestie e le invidie; ruberie di stampi, abbandono della fabbrica da parte di alcuni operai allettati altrove da maggiori guadagni.   

Pasquale corse allora dai Savi alla Mercanzia, che intervennero in suo aiuto convinti della bontà e del pregio dei prodotti, anche per il vantaggio, che da essi ricavava la Repubblica.

In questo periodo I’ arte dell’Antonibn si affermava vigorosamente riguardo alle invenzioni tecniche e stilistiche.

Al tipo tradizionale della decorazione della maiolica e della porcellana, prevalentemente a gruppi di fiori, aggiunse un più vasto repertorio di nuovi motivi decorativi di ispirazione cinese, dette appunto “cineserie. Le loro caratteristiche essenziali sono : leggeri fiorellini disposti attorno a ponticelli verdi, circondati da foglioline sparse con molto garbo all’intorno e racchiuse in piccole cestine e vasetti. Altri motivi di stilizzazione sono quelli a vigna,, e a “giardinetto,, orientali, con voli di uccellini su palmette e fiori di gusto squisito per quanto ingenuo.

Ma il motivo decorativo predominante, che costituisce la caratteristica più evidente di tutta la produzione, è quello a frutta ; grappoli d’uva, pere, limoni ammassati in cartocci di gusto barocco o in fantastiche conchiglie, a toni rosso terra, viola, giallo e verde oliva, che ci danno un complesso di semplicità tonale e di geniale finezza.

Si aggiunga la grande abbondanza della produzione di svariatissimi oggetti, dai vasi più grandi ai piccoli piatti e servizi d’ ogni genere : vassoi, guantiere, bacili, brocche, cuccume, bricchi da thè, vasi da farmacia e cestine graziosamente intrecciate a guisa di vimini, con mazzetti di fiori; tutte forme che per leggiadria, eleganza e semplicità decorativa, ci confermano la competenza e l’abilità degli artieri novesi e dell’Antonibon stesso che li dirigeva e in certe senso li ispirava.

La merce oltre che affluire nelle boteghe di Venezia e di tutto lo Stato Veneto, si diffondeva a Mantova, Trento, Modena, Ferrara, Bologna e giù nei mercati veneziani del Levante, specie a Costantinopoli.

Il benemerito Antonibon provato e ormai stanco dal lavoro compiuto per ampliare e perfezionare la sua fabbrica chiese un sussidio alla Repubblica Veneta di cui si era reso così meritevole. Ma ne ebbe un rifiuto. Il fatto lo esasperò talmente che nel 1777 egli si ritirò dal campo del’l’industria, dove aveva cosi audacemente e instancabilmente lottato, e cedette la fabbrica a Giovanni Maria Baccin, già direttore e da lungo tempo collaboratore indefesso.

Il Baccin prese in affitto per 29 anni le fornaci di maiolica, mentre rimase ancora all’Antonibon la produzione della porcellana.

Venne cosi a dirigere l’industria novese della maiolica un operaio lavoratore assiduo e dinamico, che all’industria dette nuovo impulso e nuove iniziative.

In questo paese adagiato sulle rive del Brenta, poco discosto da Bassano, la maiolica e la porcellana raggiunsero l’apice della floridezza, si da superare grandemente tutte le altre fabbriche sorte nel territorio veneto. Possiamo suddividere la produzione artistica novese in tre periodi : Antonibon, Baccin e Baroni.
Fin dal 1600 si lavoravano oggetti di terra rossa senza vernice “le pignatte,, per opera di Pasqualino Antonibon, il capostipite della famiglia cosi benemerita nel campo della ceramica.

Ma fu Giovanni Battista Antonibon detto il “pignataro,, figlio di Pasqualino, che iniziò nel 1689 la fabbricazione di comuni stoviglie in terracotta bianca con vernice, ottenendo subito appoggio dalla Repubblica Veneta, e precisamente dai cinque Savi alla Mercanzia, con concessioni e privilegi di eccezione.

Il maggior impulso alla produzione ceramica è dovuto al figlio Pasquale, succedutogli dopo la morte avvenuta nel 1737.

Uomo di molta intelligenza nell’ industria e di molta coltura artistica, rinvigorì l’arte paterna lottando prontamente e con audacia contro ogni concorrenza, e iniziando il periodo più splendido della produzione novese.

Chiamò alla sua industria valenti artisti, tra i quali il famoso pittore Mariano Cecchetto, per opera del quale nuovamente avanzò di buon passo l’arte.

Con l‘ammontare della floridezza crescono però le molestie e le invidie; ruberie di stampi, abbandono della fabbrica da parte di alcuni operai allettati altrove da maggiori guadagni.

Pasquale corse allora dai Savi alla Mercanzia, che intervennero in suo aiuto convinti della bontà e del pregio dei prodotti, anche per il vantaggio, che da essi ricavava la Repubblica.

In questo periodo I’ arte dell’Antonibon si affermava vigorosamente riguardo alle invenzioni tecniche e stilistiche.

Al tipo tradizionale della decorazione della maiolica e della porcellana, prevalentemente a gruppi di fiori, aggiunse un più vasto repertorio di nuovi motivi decorativi di ispirazione cinese, dette appunto “cineserie. Le loro caratteristiche essenziali sono : leggeri fiorellini disposti attorno a ponticelli verdi, circondati da foglioline sparse con molto garbo all’intorno e racchiuse in piccole cestine e vasetti.

Altri motivi di stilizzazione sono quelli a vigna,, e a “giardinetto,, orientali, con voli di uccellini su palmette e fiori di gusto squisito per quanto ingenuo.

Ma il motivo decorativo predominante, che costituisce la caratteristica più evidente di tutta la produzione, è quello a frutta ; grappoli d’uva, pere, limoni ammassati in cartocci di gusto barocco o in fantastiche conchiglie, a toni rosso terra, viola, giallo e verde oliva, che ci danno un complesso di semplicità tonale e di geniale finezza.

Si aggiunga la grande abbondanza della produzione di svariatissimi oggetti, dai vasi più grandi ai piccoli piatti e servizi d’ ogni genere : vassoi, guantiere, bacili, brocche, cuccume, bricchi da thè, vasi da farmacia e cestine graziosamente intrecciate a guisa
di vimini, con mazzetti di fiori; tutte forme che per leggiadria, eleganza e semplicità decorativa, ci confermano la competenza e l’abilità degli artieri novesi e dell’Antonibon stesso che li dirigeva e in certe senso li ispirava.

La merce oltre che affluire nelle boteghe di Venezia e di tutto lo Stato Veneto, si diffondeva a Mantova, Trento, Modena, Ferrara, Bologna e giù nei mercati veneziani del Levante, specie a Costantinopoli.

Il benemerito Antonibon provato e ormai stanco dal lavoro compiuto perampliare e perfezionare la sua fabbrica chiese un sussidio alla Repubblica Veneta di cui si era reso così meritevole. Ma ne ebbe un rifiuto.

Il fatto lo esasperò talmente che nel 1777 egli si ritirò dal campo del’l’industria, dove aveva cosi audacemente e instancabilmente lottato, e cedette la fabbrica a Giovanni Maria Baccin, già direttore e da lungo tempo collaboratore indefesso.   Il Baccin prese in affitto per 29 anni le fornaci di maiolica, mentre rimase ancora all’Antonibon la produzione della porcellana.

Venne cosi a dirigere l’industria novese della maiolica un operaio lavoratore assiduo e dinamico, che all’industria dette nuovo impulso e nuove iniziative.  

Non erano anni placidi quelli, chè subito il Baccin ebbe fortemente a  contrastare con la concorrenza accanita delle vicine fabbriche di Bassano ; in pochi anni però, con tenaci sforzi, riuscì a domare  ogni velleità  dei competitoriea comprare la fabbrica Marinoni  e la bottega  dipendente in Bassano.

Il Baccin, pur usufruendo di modelli e stampi dell’Antonibon , aggiunse di suo, altre innovazioni tecniche ed artiasiche. Caratteristica di questo periodo è la produzione modellata con il gusto barocco dell’epoca; consistesva in  salsiere e zuppiere  decorate a piccolo fuoco “uso Marsiglia”, dipinte nello specchietto a mazzetti di ottima fattura. 

Altre forme che caratteriscono e danno una fisionomia propria al peridodo Baccin sono zuppiere e saliere a forma di galline, oche, tacchini, pesci e conigli. Alcuni di questi esemplari sono tuttora conservati.

Si sa che ne furono modellate altre forme più strane, a guisa di erbaggi, cavoli, mazzi di asparagi ecc.

Fra il 1770 e 1775 giungeva dalla Inghilterra la moda di una forma di terraglia bianca e resistente. Una fabbrica di questo genere sorse in quel tempo a Trieste; un operaio di Nove che ivi lavorava ne apprese il metodo di lavorazione.
Desiderando poi questi di ritornare al paese nativo, domandò al Baccin di essere assunto nella sua fabbrica, promettendo di manifestargli in cambio il segreto della nuova lavorazione. Naturalmente fu subito accolto anzi il Baccin dopo vari esperimenti ottimamente riusciva nel nuovo genere, ottenendo nel 1786 concessioni e privilegi dal Governo Veneto per la fabbricazione della terraglia.

Alla pasta per la fabbricazione di tale terraglia veniva aggiunto, oltre ad altro, gesso di Asiago cosi detto dal luogo di provenienza, che dava all’ oggetto la colorazione caratteristica giallo avorio.
La manifattura sorta a Nove raggiunse in breve notevolissimo splendore , la materia stessa si adattava  a nuove decorazioni e motivi di ornamentazione del gosto barocco allora imperante nell’arte.

Il Baccin, nel 1787, coi fratelli Giuseppe e Gio Batta Viero ceramisti di vecchio casato, in unione a Toffanin e Menegazzi costituirono una nuova fornace in Rivarotta
al confine Nord di Nove. Allo scioglimentodi tale società la fornace restò ai Viero che la condussero sapientamente producendo il genere artistico ed il commerciale.

Intanto, scaduto il termine d’affitto col Baccin, I’antica fabbrica Antonibon fu assunta nel 1802 da un oriundo di Rossano, Giovanni Baroni il quale, aiutato dal figlio Paolo, riusci a sostenerla con l’opera di modellatori e pittori tedeschi e francesi.
Riunì sotto di se la produzione della maiolica e della porcellana dando alla prima tale impulso, che di rado fu ugualiato da altre fabbriche. Uomo di grande ingegno, comprese che per pɔter gareggiare con le grandi produzioni , anche foreste, doveva assumere oltre ad ottimi ceramisti  del luogo anche altri stranieri, per dare nuovo incremento e apporto di nuove idee e nuovi stile, e mantenersi al livello della migliore produzione del tempo.

Fra i migliori operai del luogo è da ricordare primo di tutti il pittote Giovanni Marcon , che lasciò l’impronta  gentile della sua arte nella ceramica novese. Era nato da umile famiglia a Rosà paese non lontano da Nove , sull’opposta riva delBrenta. Il padre assecondò la passione del figlio mandandolo a Nove dove imparò  i procedimenti tecnici e perfezionò l’arte istintiva . Fù pittore spontaneo e di semplice gusto, miniaturista eccellente , che si distinse per i semplici paesaggi e scene minutissine, tanto si diceva dipingesse con la lente. Famosa la serie di servizi con le battaglie napoleoniche, che poi egli stesso presentò in omaggio al grande imperatore.

Fra gli artisti stranieri che emularono il Marcon, si distinguono l’Hellermann, il La Grange, il Wagner, il Fuchs e il La Croine. Il Baroni stesso offriva loro modo di gareggiare e di fare manifestia la propria arte a vantaggio dell’intera produzione. 

Nella plastica eccelleva Domenico Bosello, scultore di grandi doti  che affrontava con disinvoltura temi neo classici che ci  riportano a certe figure canoviane. Prova dell’altezza della sha arte sono alcune statue di Apollo, Venere uscente dal bagno, ed il gruppo delle tre Virtù. Le forme più ricche e svariate sia della maiolica che della terraglia e della porcellana, che press’a poco avevano le medesime forme, risaltano a questo periodo : consistono in vasi di lusso, coppe, fuoraie a forma di ventaglio, calici su piedistalli marmorizzati, vasi di ispirazione squisitamente classica decorati a festoni ed a mazzi di fiori, con scene e vedute di paesi e figure mitologiche. A tale ornamentazione si aggiungalono eleganti rilievi plastici a meandri, ad erabeschi,   cariatidi e sirene in funzione di manici.

Dopo un periodo florido, nel 1825 la fabbrica Baroni, per lo scadere dell’affitto e la mancanza di valenti collaboratori, cessò da ogni attività.
Più tardi la fabbrica riprese la sua produzione sotto la direzione degli eredi dell’Antonibon, uomini portanti gli stessi nomi degli avi, Giovanni Battista e Pasquale.
Quest’ ultimo, insigne avvocato ed oratore di rara facondia, fu deputato al Parlamento. Furono messe in luce le antiche forme ritornando cosi alla vecchia produzione della maiolica oltre che a quella della terraglia, portando il nome di questa antica benemerita famiglia fino alla fine dell’ 800.
In quest’epoca, nella vicina Rivarotta (frazione di Bassano) la fabbrica di Viero si poteva certo considerare Novese; quasi tutti gli operai ed artisti che vi lavoravano erano di Nove. Don Giovanni Viero, ultimati gli studi ecclesiastici si dedicò tenacemente alla produzione della maiolica dando impulso veramente eccezionale sia dal lato tecnico che da  uello artistico, conservando I’ antico stile di Nove ed emulando la fabbrica degli Antonibon.
Attualmente esistono in Nove fabbriche di rinomata importanza: negli ultimi tempi sono sorti numerosi laboratori a carattere artigiano, dando incremento alla produzione che, varcando i confini della nostra Patria, raggiunge i mercati più lontani del mondo.
La Scuola d’Arte locale guadagna cresente comprensione da tutti gli industriali ed artigiani novesi per la sua utilità nell’impartire nozioni di cultura, di storia e di arte essenziali alla formazione di artigiani raffinati
ed aperti a tutte le innovazioni intelligenti.

Ii nostro pur modesto paese, sostenuto dal tradizionale amore per la sua gloriosa e secolare arte, saprà quindi anche oggi, come per l’avvenire dare ai suoi figli onore e lavoro.

GIOVANNI PETUCCO

PERSONE – BONATO RAFFAELLO “SORIO” – NOVE(VI) 06-09-1940 – L’ARTE CERAMICA – 012 – LA SUA VIA CRUCIS

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